Poco prima, però, De Gennaro ci aveva spiegato il senso dell’iniziativa da lui curata. “Non esiste strumentazione più raffinata del naso umano, ecco perché abbiamo bisogno di circa trenta-quaranta volontari sparsi sul territorio, che potrebbero essere turnati nel tempo. Costoro, quando avvertiranno il cattivo odore, ci avviseranno con una telefonata e ci indicheranno il grado di percezione (basso, medio, alto). Noi attiveremo il sensore di un campionatore (la cui collocazione non è stata ancora decisa). Il campione prodotto sarà poi analizzato in laboratorio. Il nostro auspicio è di poter aumentare il numero dei campionatori a disposizione. Molto dipenderà dalla risposta che verrà dalla comunità ionica”.
In merito alle armi a disposizione per difendersi dalle molestie olfattive, anche in assenza di limiti di legge per l’idrogeno solforato, si è espresso il prof. Giorgio Assennato, direttore generale di Arpa Puglia. “Se c’è una situazione sanitaria legata a fastidi e ricoveri – ha detto Assennato – la Procura può identificare la sorgente che ha causato questi effetti. Il nostro obiettivo, comunque, è quello di evitare che ci siano ancora episodi di questo genere, anche attraverso azioni deterrenti sulle aziende – soprattutto la Raffineria – in modo che controllino meglio i processi produttivi e non causino più sofferenze alla popolazione”. Il progetto presentato oggi, quindi, vorrebbe far sentire il fiato sul collo alla Raffineria. L’obiettivo di Arpa è quello di individuare la famosa “pistola fumante”, in grado di inchiodare l’Eni alle sue responsabilità e fornire un assist prezioso alla Magistratura. Tra il pubblico, però, ha prevalso lo scetticismo. E mentre il dottor De Gennaro componeva il numero dedicato al monitoraggio dei cattivi odori per dimostrare come funziona, si è scatenata la forte reazione di quanti, a Taranto, pretendono soluzioni concrete e immediate.
Alessandra Congedo
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