Ma la relazione allegata da Bondi, afferma ben altro. Un qualcosa che va al di là di tutte le evidenze scientifiche sin qui conosciute. Ovvero che non vi sarebbe connessione alcuna tra le emissioni dello stabilimento e l’alta percentuale di tumori riscontrata a Taranto, le cui cause andrebbero invece attribuite all’abuso di tabacco e alcol, all’essere una città portuale, ad una situazione di povertà di massa oltre che a pesanti deficit nella struttura sanitaria priva di strutture adibite per uno serio e continuo screening della popolazione. La teoria dell’abuso di sigarette e alcool, non è nuova. Già a febbraio 2012 i periti nominati dall’Ilva, per contrastare un’ordinanza del sindaco di Taranto, nelle memoria difensiva in un ricorso al TAR Lecce fecero leva sull’esposizione all’amianto delle navi militari e sulla maggiore propensione al fumo della popolazione maschile nelle città portuali.
Continuare ad affermare ciò dopo la perizia epidemiologica dei periti nominati dal tribunale di Taranto e lo studio Sentieri redatto dall’Istituto Superiore della Sanità e dal ministero della Salute dove si afferma l’esatto contrario, è dunque l’ennesimo schiaffo nei confronti dei cittadini e della loro sofferenza. Anche perché se è vero che Bondi si è “limitato” ad inoltrare la relazione agli enti preposti, lo stesso non solo era a conoscenza del suo contenuto ma sapeva perfettamente cosa avrebbe scatenato la sua divulgazione. Un evento che lui stesso avrebbe potuto evitare, o quanto meno ridimensionare già nella sua lettera, datata 27 giugno e precedente di pochi giorni l’ok della Camera al decreto che lo ha nominato commissario straordinario.
Bondi, però, si difende dalle accuse e dagli inviti a dimettersi piovuti da ogni dove. Quella relazione contiene infatti un parare “che la stessa Regione Puglia ha chiesto all’Ilva su un’ipotesi di valutazione del danno sanitario. L’Ilva ha affidato l’elaborazione a quattro docenti universitari. Ho ritenuto doveroso inoltrare tale parere, nel testo che mi era stato trasmesso, come contributo al procedimento avviato dalla Regione Puglia”. Il problema, allora, è sul perché alcuni docenti universitari affermino determinate teorie scientifiche, atte unicamente a difendere l’operato dell’Ilva sotto la gestione del gruppo Riva. Un perché lo si trova, ad esempio, nella presenza tra i relatori del dr. Carlo La Vecchia, per due anni componente del “Comitato Scientifico” del “Centro Studi Ilva”. Un organismo attraverso il quale l’azienda, con l’appoggio di esponenti di fama nazionale ed internazionale, ha tentato di mitigare le sue responsabilità in tema di inquinamento ambientale.
Dunque, Bondi ha sbagliato almeno due volte: prima nel non far firmare anche al sub commissario Edo Ronchi la lettera allegata alla relazione; secondo nell’essersi rivolto a periti che in passato avevano lavorato per il gruppo Riva per difendere l’Ilva dalle relazioni dei periti nominati dal tribunale di Taranto. In ultimo, lo stesso Bondi, anche se in maniera molto velata e piuttosto furba, avalla in un certo senso il contenuto della relazione quanto nella lettera scrive che “dalla memoria emerge come i criteri adottati e la procedura valutativa seguita presentino numerosi profili critici, sia sotto il profilo dell’affidabilità scientifica, sia sotto il profilo delle conclusioni raggiunte”. E’ da escludere però che Bondi, chiamato a riferire di quanto avvenuto dal ministero dell’Ambiente Andrea Orlando, rassegni le dimissioni, come richiesto da istituzioni locali, Verdi, M5S e associazioni ambientaliste. Visto che lo stesso, in serata, è stato difeso dal sub commissario Ronchi: “Bondi non sottovaluta né il rischio ambientale né quello sanitario, anzi”.
Gianmario Leone (Il Manifesto)
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