Pare infatti che non tutte le aziende esterne che lavorano o hanno lavorato col siderurgico, saranno automaticamente coinvolte nei lavori di risanamento, ma solo quelle che supereranno una “durissima” selezione che privilegerà i criteri di affidabilità e sicurezza. Inoltre, è stato precisato che precisando che nei confronti delle imprese che risulteranno non in regola con i versamenti contributivi e previdenziali, scatteranno “provvedimenti severi e l’allontanamento”.
Però, che serietà vero? Le agenzie di stampa hanno battuto anche delle “interessanti” dichiarazioni di Cosimo Panarelli, segretario della Fim Cisl Taranto: “Abbiamo chiesto all’Ilva di rendere più organico e sistematico il confronto col sindacato sulle aziende di appalto perché oggi, a fronte di un problema, spesso è difficile trovare la necessaria interlocuzione. Abbiamo poi fatto presente che l’indotto metalmeccanico ed edile di Taranto viene da un lungo periodo di crisi, per cui l’auspicio è che i lavori dell’AIA possano coinvolgere soprattutto le realtà locali creando nuove opportunità di lavoro”.
Quando si dice un sindacato che lotta per i diritti dei lavoratori, vero? Pare che Martino abbia anche dichiarato che per “recuperare” i ritardi sui lavori dell’AIA, l’Ilva potrebbe aumentare il numero delle ditte a cui rivolgersi. Ora. Al di là delle battute, due sono le ipotesi: o tutto quello che è stato scritto sino ad oggi nelle relazioni trimestrali da parte di Ilva sullo stato di attuazione delle prescrizioni AIA è del tutto falso, oppure azienda e sindacati continuano a recitare il solito vecchio copione del padrone e del questuante. Dunque. Per prima cosa, vogliamo ricordare a “lor signori” che la famiglia Riva nel corso degli anni ha eliminato quasi del tutto le aziende tarantine dall’indotto del siderurgico. E che ancora oggi l’ufficio acquisti dell’Ilva continua ad avere sede a Milano, dal quale vengono affidati lavori sempre a ditte del nord Italia.
Nell’indotto Ilva da anni, non certo da oggi, opera una casta di aziende a cui sono stati affidati i lavori dell’appalto e quelle poche tarantine rimaste sono gestite da fedelissimi che, da sempre, hanno stretto con i Riva e i suoi fiduciari veri e propri patti d’acciaio. E a riprova del fatto che siamo di fronte all’ennesima bufala, ricordiamo l’ultima assegnazione di una commessa da 2 milioni di euro per l’adeguamento di due macchine operanti nel reparto acciaieria previsto dall’AIA, decisa dall’ufficio Ilva di Milano lo scorso 20 giugno, che ha visto premiata la ditta Omev di Vado Ligure. Inoltre, ricordiamo che lo scorso dicembre riportammo su queste colonne la notizia della scelta della Somin di Cologno al Serio per le operazioni di spegnimento dell’altoforno 1. Mentre alla ditta Ksb Service Italia Srl di Venezia fu assegnato il compito di svolgere le attività di “discussione tecnica pompa Ksb impianto di desolforazione per valutazione tecnica non conformità ricambio installato”.
Inoltre, come denunciammo lo scorso 21 giugno, basta scorrere la prima relazione trimestrale dell’Ilva in merito allo stato di attuazione delle prescrizioni previste dall’AIA, per accorgersi che tutte le ditte incaricate dei lavori o interpellate dall’azienda per fornire progetti e preventivi, non sono certamente di Taranto e provincia. C’è la famosa Paul Wurth (Lussemburgo) e la Phoenix Compact (Cusano Milano); la Siemens VAI Metals Technologies (Linz, Austria ed in Italia con sede in provincia di Varese); la Ecoplants srl (Parma); la Danieli & C.Officine Meccaniche SpA (Udine); la Golder Associates S.r.l. (Torino); la svizzera Environ Italy S.r.l con sede a Roma; la Arcadis Italia S.r.l. con sede ad Assago; la Corus Service Centre Milano Spa; la cecoslovacca Drevo; la francese Alstom Power Italia Spa; la General Impianti del Gruppo Loccioni di Ancona; l’altra francese Bureau Veritas (sede centrale Milano); la svizzera ABB; la toscana Terradata; l’abruzzese Laser Lab; la lombarda LabAnalysis srl; la piemontese Neosis S.a.s.; l’altra piemontese Theolab Spa; la VED srl (Priolo Gargallo, Siracusa); la Project Automation S.p.A. di Monza e la romana Prisma srl. Qualcosa ci dice che alle ditte tarantine, se resteranno, saranno affidate soltanto le briciole. Per generosa concessione dell’Ilva e classica genuflessione al padrone dei sindacati.
G. Leone (TarantoOggi, 12.07.2013)
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