In quella giornata calda ed entusiasmante, che vide l’apecar dei “liberi e pensanti” mettere in fuga i massimi esponenti di Cgil, Cisl e Uil, Pisanelli ha scoperto di essere tra i germogli di una svolta: una parte degli operai prendeva le distanze dai sindacati tradizionali ed esprimeva la sua ribellione nei confronti della gestione aziendale. Piazza della Vittoria prendeva un altro colore rispetto a quello previsto. Per una volta, si tingeva di speranza.
Paolo, quando e in quale contesto pensi di presentare il film?
Servono ancora due settimane per il montaggio delle scene, poi passeremo al montaggio del suono. Il lavoro sarà concluso entro metà agosto. Si tratta di un film autoprodotto che non può contare sulla grande distribuzione. Produrre un documentario dal basso è sempre molto faticoso. Per questo bisogna ottenere una buona uscita in un Festival. Dev’essere una scelta mirata. Ci stiamo lavorando.
Ti piace sottolineare che “Buongiorno Taranto” non è soltanto un film. Cos’altro è?
E’ un progetto di comunicazione di più largo respiro: documentario, blog, radio. Ecco perché è importante avere un supporto adeguato in termini di finanziamento. Vorrei che “Buongiorno Taranto” diventasse un luogo di narrazione e confronto, una comunità aperta al contributo di tutti.
Quanto è stato difficile raccontare Taranto?
E’ da quindici anni che mi dedico al cinema del reale. Ho sempre raccontato città che vivono situazioni particolarmente critiche: Genova durante il G8, L’Aquila dopo il terremoto. Solo per citarne alcune. Era inevitabile occuparsi anche di Taranto, una città piena di contrasti, alle prese con un dramma shakespeariano: salute o lavoro, immersa nel degrado. Ma è proprio questo degrado che mi ha spinto a raccontarla. Se Taranto si è ridotta in queste condizioni non è solo per le responsabilità delle istituzioni e del siderurgico. Anche la cittadinanza è venuta meno. Ora, però, avverto una forte energia, una riscossa che viene dal basso. Penso al 1° maggio promosso dai “liberi e pensanti”, o al lavoro compiuto dai ragazzi di “Ammazza che piazza” per recuperare un parco abbandonato. Sono segnali incoraggianti.
Intravidi un orizzonte più roseo quindi?
Sì, ma è necessario trovare validi ed onesti interlocutori a livello istituzionale. Queste persone non possono continuare a fare solo volontariato, hanno bisogno di un sostegno concreto. Non devono sentirsi abbandonati. Ecco perché sarebbe bello far rientrare le loro attività in un progetto di pianificazione urbana. Per me fare cinema è un percorso creativo e politico, ma mi sono stufato di raccontare fallimenti. L’Aquila, ad esempio, è stata vittima di due devastazioni: una naturale (il terremoto), l’altra politica (l’incapacità di ricostruirla). Ora voglio testimoniare una trasformazione. Spero che sia il caso di Taranto. Sono convinto che i cittadini abbiano un enorme potere da esercitare. Confido, quindi, nella loro capacità di reazione dopo decenni di disastro ambientale e sanitario. Ma dovranno farlo uniti, senza sterili frammentazioni.
Proprio Taranto sarà protagonista della Festa del Cinema del reale, in programma dal 24 al 27 luglio a Specchia (Lecce). Cosa ci puoi anticipare?
Si, oltre ai film che proietteremo nella sezione Sguardi e visioni, quest’anno avremo le Taranto Rooms, stanze che raccontano la città attraverso video, foto e installazioni di artisti tarantini. Di Taranto parleremo insieme a Michele Riondino (noto attore tarantino, in prima linea contro l’inquinamento e il ricatto occupazionale). Con noi ci sarà anche Cecilia Mangini, una delle più importanti esponenti del cinema documentario italiano, anche lei autrice di un lavoro che tocca da vicino la realtà ionica. La Festa, quest’anno, punta su tre parole-chiave: sogni, musiche, città. Era inevitabile che tra le città protagoniste ci fosse anche Taranto: un territorio ricco di bellezze, ancora lacerato e in attesa di riscatto.
Alessandra Congedo per InchiostroVerde
Come sostenere il progetto “Buongiorno Taranto”: http://www.buongiornotaranto.it/web/sostieni.php
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