Eni, il “mistero” dell’H2S – Il direttore della Raffineria smentito da Arpa Puglia

1

TARANTO – “Escludo che le emissioni di idrogeno solforato siano da addebitare alla raffineria Eni di Taranto”. E’ quanto dichiarato dal direttore del stabilimento Carlo Guarrata ieri mattina durante l’audizione della Commissione Ambiente del Comune, svoltasi al secondo piano di palazzo Latagliata. Dunque, gli episodi verificatisi in città a partire dallo scorso agosto (nei giorni 7-8, dal 3 al 6 ottobre scorso, nei giorni 6, 12, 13, 19 e 20 maggio ed in ultimo lo scorso 17 giugno), deriverebbero dalle emissioni di altri impianti.

Stante così le cose, dovremmo quindi dedurre che quanto puntualmente certificato da ARPA Puglia, che nelle sue relazioni ha sempre dichiarato che “le molestie olfattive denunciate possano essere originate verosimilmente dalla Raffineria ENI, dalla zona industriale di Taranto verso le aree urbanizzate”, non corrisponde al vero. Eppure, noi quelle relazioni le abbiamo sempre lette e approfondite. Così come i valori dei dati rilevati al minuto registrati dalle centraline all’interno e all’esterno del perimetro della raffineria, denominate ENI 1, ENI 2 e EN1 3, della centralina di via Machiavelli e dell’analizzatore in continuo ad alta risoluzione temporale di H2S (acido solfidrico) in funzione presso la centralina “QA” situato in via Archimede nel rione Tamburi.

E nelle relazioni di ARPA è sempre stato riportato anche che la diffusione nell’aria di tali sostanze, pur avvenendo ogni qual volta il vento inizia a spirare dal quarto settore (Nord-Nord Ovest), ovvero dalla zona industriale verso la città, è da addebitare al fermo e alla ripresa degli impianti della raffineria o alle attività di carico e scarico delle petroliere. Ma il direttore dell’Eni, pur confermando tutti i dati in nostro possesso, ci ha risposto che secondo quanto da loro registrato, le cose non stanno così. Strano davvero. Perché anche la letteratura scientifica ha stabilito che “la liberazione in grandi quantità dell’acido solfidrico avviene principalmente nei cicli produttivi della raffinazione del petrolio”.

Certo, come sottolineato dallo stesso Guarrata, nelle relazioni dell’ARPA è spesso presente l’avverbio “verosimilmente” in merito alla certezza della provenienza di tali emissioni. Un vero “mistero” questo idrogeno solforato. Composto dello zolfo molto odoroso anche a basse concentrazioni, per il quale non esiste un limite di legge per la concentrazione in aria: in letteratura si trovano numerosi valori che spaziano da 0,7 ng/m3 fino a 14 ng/m3 e taluni soggetti sono in grado di percepire l’odore già a 0,2 ng/m3. In corrispondenza dei valore di 7 ng/m3 (valore che si può assumere come soglia odorigena), la quasi totalità dei soggetti esposti ne distingue l’odore caratteristico.

Basti pensare ad esempio che la centralina ENI 3, situata al confine con l’ex ospedale “Testa” e rivolta in direzione della città, alle 14 del 12 maggio ed alle 20 del 13 maggio scorso, ha rilevato livelli di H2S pari a 69 ng/m3: ovvero ben 6 volte il valore limite della soglia olfattiva. Il solfuro di idrogeno è, lo ricordiamo, velenoso e anche mortale per l’uomo. E’ un veleno che agisce inibendo la respirazione mitocondriale, pertanto la sua azione tossica riguarda tutte le cellule del corpo che sfruttano il metabolismo aerobico (praticamente tutte, eccetto i globuli rossi); la caratteristica più pericolosa a medio-alte concentrazioni, è la sua capacità di inattivare la percezione sensoriale olfattiva, quale unico campanello d’allarme per la presenza nell’aria.

A basse concentrazioni invece, produce irritazione delle mucose, iperventilazione ed edemi polmonari, e l’esposizione prolungata comporta affaticamento cronico, inappetenza, cefalea, disturbi cognitivi e della memoria. Inoltre è già percepibile in concentrazioni di 0,0047 parti per milione (dal 50% delle persone), mentre 10ppm rappresenta il limite inferiore di tossicità senza il rischio di danni per la salute in seguito all’esposizione di 8 ore consecutive; con livelli pari a 1000ppm si ha il collasso immediato anche dopo un unico atto respiratorio. Ma il direttore Guarrata ha dichiarato che se l’idrogeno solforato provenisse dall’Eni, i primi a subirne gli effetti sarebbero proprio gli “abitanti” e i lavoratori della raffineria.

Sarà. Intanto però, il direttore di ARPA Puglia, il dott. Giorgio Assennato, da noi contattato in tarda serata, ha dichiarato esattamente il contrario, affermando che la dirigenza dell’Eni “nega da sempre anche davanti all’evidenza dei dati scientifici: evidentemente fa parte della loro politica aziendale”. Non solo. Perché il dott. Assennato ha rincarato la dose, sostenendo che “semplicemente, se ne fregano, perché programmano e svolgono operazioni che comportano i fenomeni emissivi in questione, pur sapendo della presenza di condizioni climatiche sfavorevoli”. Dunque, l’idrogeno solforato proviene dalla raffineria Eni. E da nessun altro impianto industriale presente sul territorio. Ma non chiedeteci il perché anche ieri mattina il direttore della raffineria abbia negato la realtà di fronte a stampa e consiglieri comunali: certi ragionamenti esulano dalle nostre “limitate” facoltà mentali.

Tempa Rossa, progetto “logistico”

Ma l’audizione di ieri è servita anche per fare il punto sul progetto “Tempa Rossa”. Per quanto concerne l’iter burocratico, l’ultimo tassello mancante per dare il via esecutivo ai lavori, è l’approvazione della VAS (Valutazione Ambientale Strategica) da parte della Regione Puglia del Piano regolatore del porto di Taranto. Il cui studio, con relativi elaborati svolto in conseguenza alle numerose prescrizioni sul nuovo Piano Regolatore stabilite dalla Regione, è stato consegnato lo scorso 9 aprile dal presidente dell’Autorità Portuale di Taranto. Quando arriverà l’ok al piano, il Comune dovrebbe dare il via libera ai lavori.

Come si ricorderà, l’Eni ha stanziato ben 300 milioni di euro per il progetto, che serviranno per la costruzione di due enormi serbatoi (oltre ai tanti già presenti che si affacciano su Mar Grande) per stoccare i 180mila metri cubi di greggio che arriveranno dalla Basilicata tramite l’oleodotto Val d’Agri e l’ampliamento del pontile della raffineria per ospitare dalle 45 alle 140 petroliere in più al’anno. Proprio l’ampliamento del pontile petroli in concessione alla raffineria, rientra nel nuovo piano regolatore del porto. Secondo il direttore dell’Eni, l’aumento delle navi non sarà un problema. Peccato che, come sottolineato più volte, nello Studio d’Impatto Ambientale (SIA) del progetto manca l’analisi di rischio di incidente rilevante, prioritaria in questi casi.

Inoltre, abbiamo ricordato al direttore che l’intero progetto una volta attuato, produrrà un 12% in più di emissioni diffuse, che si distinguono dalle altre per il fatto che si disperdono in atmosfera senza l’ausilio di un sistema di convogliamento delle stesse dall’interno verso l’esterno. Nel SIA (Studio d’Impatto Ambientale) presentato dall’Eni, il dato confermato anche da ARPA Puglia, scende all’8%: dato confermato da un silenzio assenso preoccupante. Inoltre, a fronte delle nostre domande sul che cosa guadagnerebbe la città di Taranto per un progetto che vede la raffineria come semplice deposito di petrolio grezzo che sarà raffinato altrove, la risposta del direttore dell’Eni è stata questa: sul territorio sarà comunque presente un impianto di logistica di ultima generazione. E il progetto in questione darà lavoro per i prossimi tre anni. A chi, non è dato sapere, visto che il bando di gara dell’intero progetto se l’è aggiudicato la società svizzera ABB, presente con una sua filiale in Italia, che ha già stabilito che porterà macchinari e tecnici dal nord Italia.

La rediviva centrale Enipower

Inoltre, è stato rispolverato anche il famoso progetto della centrale Enipower a turbogas, che andrà a sostituire l’attuale centrale ad olio combustile. Progetto sul quale anni addietro ci furono tantissime polemiche con la “ridicola” retromarcia di Comune e Provincia di Taranto. Il nuovo progetto, che prevede la costruzione di una centrale di taglia 80 MW (a fronte della precedente di 240MW che prevedeva un aumento pauroso di emissioni di CO2 di oltre il 600%), è soggetta alla procedura di VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) presso il ministero dell’Ambiente. Attendiamo fiduciosi.

Ricerche in mare “socratiche”

Infine, a fronte della crisi della raffinazione mondiale di petrolio (stante anche il fatto che prima o poi questa materia prima scomparirà del tutto), abbiamo chiesto lumi al direttore Guarrata sulla richiesta di ricerca di idrocarburi in mare prevista dall’istanza “d 67” (codice che raffigura la zona marina che va da Leporano a Campomarino), di cui ci siamo occupati mesi addietro e che attualmente prevede soltanto uno studio di “carte geografiche e marine”. Guarrata ci ha risposto: “Si tratta soltanto di studi. E poi è sempre meglio sapere cosa c’è sul territorio che non sapere”. Sarà. Del resto, anche lo stesso Socrate lo diceva quasi tre millenni addietro: “So di non sapere”. Ma oggi, anno domini 2013, è sempre meglio sapere. “Sembra dunque che per questo particolare io sia più saggio di quest’uomo, poiché non m’illudo di sapere ciò che non so”. (Platone, Apologia di Socrate).

Gianmario Leone (TarantoOggi, 05.07.2013)

Il solito drammatico rituale

Consiglieri che arrivano in ritardo o soltanto per mettere la firma sul foglio delle presenze. Altri che attendono di essere ripresi dalla telecamere per poi dileguarsi in un istante. Altri che fanno una domanda mostrando un finto interesse per l’ambiente e la salute dei cittadini e poi, ascoltata la risposta, lasciano l’audizione che termina due ore dopo la loro fuga. Altri ascoltano e prendono appunti in religioso silenzio. Due-tre, quelli che mostrano più interesse. Ma l’ignoranza sui progetti è pressoché totale. Ennesima conferma di una classe politica completamente inadeguata. E ancora una volta registriamo l’assenza totale di associazioni ambientaliste e comitati cittadini. Una scelta che continuiamo a non comprendere. Per niente. Ad maiora.

G. Leone


 

1 thought on “Eni, il “mistero” dell’H2S – Il direttore della Raffineria smentito da Arpa Puglia

  1. Sulle emissioni di H2S a Taranto Guarrata mente sapendo di mentire cosi come emerso nella sentenza del processo Truck Center di Molfetta (226/2009)
    lo fa perche’ si ha smaltimento di rifiuti pericolosi in modo illegale.
    ricordo che l’idrogeno solforato , o acido solfidrico o sulfuro d’idrogeno o H2S ha peso specifico piu’ alto dell’aria (1,19) per cui permane sul territorio interessando e avvelenando in primis chi vive piu’ a contatto con il suolo (bambini…)

Lascia un commento