Ilva, chi è il Garante dell’AIA?
TARANTO – Questo pomeriggio le commissioni Ambiente Lavori pubblici e Attività produttive della Camera, concluderanno l’esame del decreto legge sull’Ilva. Nel frattempo però, l’incertezza regna sovrana all’interno del siderurgico. E non soltanto per quanto riguarda il reperimento e la quantificazione delle risorse finanziarie necessarie ad ottemperare alle prescrizioni previste dall’AIA, ma soprattutto per i diversi ruoli che si sono sovrapposti dopo il nuovo decreto del 4 giugno. Ad esempio, lo stesso Garante dell’AIA il cui ruolo è stato istituito dalla legge 231 del 24 dicembre scorso, al momento non ha chiare quali siano i suoi compiti e le sue effettive responsabilità. Dopo essere stato ascoltato dalle commissioni della Camera, Vitaliano Esposito ha infatti dichiarato che “la modifica che oggi può chiedere il gestore non incide sul sistema del percorso sanzionatorio”.
Questo perché al momento “non è chiaro chi è chiamato a valutare”: e come esempio, ancora una volta, viene citato quello relativo alla prescrizione n.6 sulla copertura dei 90km dei nastri trasportatori (che rientravano negli atti d’intesa del 2003 e che l’Ilva dichiarò di aver coperto anni addietro in uno dei suoi tanti report patinati su ambiente & sicurezza), scaduta il 27 gennaio e su cui l’azienda ha chiesto una proroga all’ottobre 2015, che è stata giudicata dall’ex ministro all’Ambiente Corrado Clini una “modifica non sostanziale”. A tutt’oggi però, non è chiaro chi ha il potere per giudicare e dire una parola definitiva sul caso.
Del resto, il nuovo decreto non solo prevede la figura di un “sub commissario” (individuato nella figura di Edoardo Ronchi) che vada ad affiancare il commissario straordinario Enrico Bondi, ma prevede anche la nomina di un comitato di “tre esperti” che insieme a Ronchi dovrà redigere un non meglio precisato “piano di lavoro”, che come denunciato sin dal primo momento su queste colonne, avrà anche il potere di arrivare a modificare la stessa AIA. E’ infatti il comma 5 dell’articolo 1 del decreto a rendere possibile un nuovo piano dell’AIA; con il comma 7 che, richiamandosi a questo nuovo piano, afferma che “l’approvazione del Piano di cui al comma 5 equivale a modifica dell’AIA”.
E siccome il Garante Vitaliano Esposito era stato chiamato proprio per valutare, attraverso le ispezioni dei tecnici dell’ISPRA, l’effettiva applicazione dell’AIA e in caso contrario intervenire attraverso una serie di diffide all’azienda sino ad arrivare ad una possibile sanzione pecuniaria pari al 10% del fatturato, oggi non è più chiaro quale sia il suo ruolo. Problemi di cui non pare curarsi più di tanto il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, il quale ieri ha fornito una relazione ampia e articolata sull’Ilva nella quale il futuro dell’impianto non viene messo in discussione ed anzi si sostiene che la stessa può continuare a produrre “ricchezza per la Puglia e per l’Italia, salvaguardando però il recupero ambientale nell’interesse dei lavoratori e dei cittadini”. Ricchezza per la Puglia e per l’Italia: non per Taranto, dunque. E del resto sempre così è stato.
Nello stesso tempo però, pare che la relazione fornita dal ministro alla commissione ambiente del Senato sulle linee programmatiche del suo dicastero, sia stata giudicata alquanto deficitaria in materia di parchi e aree protette ed in particolare su un aspetto fondamentale per il nostro Paese come la tutela del Mediterraneo (assalito dalle richieste di trivellazioni e di ricerche di idrocarburi da varie multinazionali, tra cui anche l’Eni come abbiamo avuto modo di denunciare mesi addietro). Può apparire paradossale, e sicuramente lo è, ma per il ministero dell’Ambiente è decisamente più importante garantire la continuità produttiva del più grande siderurgico d’Europa (che relazioni di esperti chimici ed epidemiologi di fama mondiale hanno accertato inquini il territorio circostante generando fenomeni di malattie e morte nei lavoratori e nella popolazione locale), piuttosto che difendere il territorio e l’ambiente dalle continue aggressioni a cui è sottoposto ogni giorno, anche e soprattutto per colpa della presenza di diversi impianti inquinanti disseminati sull’intera penisola.
Non solo. Perché secondo uno strano ragionamento, il ministro Orlando nella sua relazione ha anche sostenuto la peregrina tesi secondo cui, citiamo testualmente, “assicurare il futuro dell’acciaieria costituisce sì il tentativo di rispondere ad una manifesta emergenza sociale, ma anche l’unico modo per assicurare un percorso di risanamento e bonifica che in un contesto di fermo della produzione o di chiusura dell’azienda sarebbe unicamente rimessa al pubblico. In sintesi anche le bonifiche sono legate alla prosecuzione della produzione”.
A parte il fatto che le bonifiche sono state finanziate, seppur con pochi spiccioli (393 milioni di euro), dallo Stato con il protocollo d’intesa firmato a Roma lo scorso 26 luglio (guarda caso proprio lo stesso giorno in cui divenne esecutivo il sequestro dell’area a caldo dell’Ilva), è senza dubbio inaccettabile il ricatto secondo cui soltanto a fronte della continuità produttiva lo Stato garantisca il suo impegno, evitando di fatto al gruppo Riva ogni tipo di intervento economico, per il risanamento di un’area dichiarata Sito di Interesse Nazionale già nel lontano 1990. In ultimo, continuiamo a sottolineare l’assoluta incongruenza secondo cui il risanamento di un’industria che copre 2,5 milioni di m2, possa avvenire soltanto con gli impianti inquinanti in funzione.
Eppure, da che mondo e mondo, si bonifica un’area inquinata soltanto dopo lo spegnimento o la dismissione di quegli impianti che quell’inquinamento hanno prodotto. In tutto questo caos, infine, sconvolge il silenzio assordante dell’attuale ministro della Salute Beatrice Lorenzin (che nello scorso autunno si espresse a favore dell’Ilva e contro l’operato della magistratura tarantina durante una puntata della trasmissione di Rai Tre, “Ballarò”), attualmente impegnata nella battaglia degli Ogm (organismi geneticamente modificati). Queste sono le mani in cui stiamo. Auguri.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 26.06.2013)