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Ilva, ecco il piano Ue per l’acciaio

TARANTO – E’ stato varato ieri dalla Commissione Ue a Strasburgo il nuovo piano europeo dell’acciaio, che ha un obiettivo non di poco conto: fronteggiare la crisi simultanea di domanda, sovraccapacità ed alti prezzi dell’energia, per far sì che il settore siderurgico europeo conservi l’attuale posizione nel ranking del settore: la Ue è infatti il secondo produttore mondiale e resta “importante per la base industriale europea”. I dati della crisi dell’acciaio europeo sono questi: domanda -27% dai livelli pre-crisi, 40mila posti di lavoro persi, sovraccapacità produttiva 80 milioni di tonnellate (dato globale 572 mln di cui 200 mln in Cina). Con un aumento della domanda ai tassi di crescita attuali, la Commissione europea ha calcolato che sarebbero necessari 5-7 ani per raggiungere l’equilibrio tra domanda e capacità. Inoltre, aspetto non certamente secondario, provare ad arginare l’invasione dei produttori mondiali: da quelli vicini come Russia, Ucraina e Turchia, a quelli lontani come India, Cina e Usa. A completare il quadro degli obiettivi, altri due elementi fondamentali: i costi dell’energia e le politiche ambientali con le relative scelte energetiche e produttive.

Le regole del piano

Nonostante la grande crisi, le chiusure di diversi impianti e i gravi effetti sociali, “l’industria dell’acciaio ha un futuro promettente in Europa: per noi è un settore strategicamente importante e un potenziale motore della crescita”, ha dichiarato ieri il responsabile dell’industria Antonio Tajani.

Per quanto riguarda le regole del piano, entro fine anno la Commissione concluderà la valutazione dei costi cumulativi per il settore della regolazione attuale individuando oneri eccessivi, incoerenze, lacune o misure inefficaci. Gli effetti cumulativi di diverse politiche e della legislazione possono incidere sulla capacità delle imprese di innovare e di prendere decisioni di investimento, mentre “i concorrenti beneficiano di un contesto generale più favorevole, che può anche determinare una riduzione degli investimenti e una perdita di quote di mercato, con conseguente chiusura di impianti o delocalizzazione”.

A giocare un ruolo fondamentale è anche l’evasione dell’Iva: in alcuni Stati membri proprio a causa di questa particolare evasione fiscale la produzione e la vendita di acciaio da costruzione è diminuita del 15% nel 2012 e del 30% nei primi mesi di quest’anno. Il mercato Ue è aperto, ma a Strasburgo lamentano come “troppo spesso i paesi terzi produttori di acciaio applicano restrizioni commerciali oppure operano distorsioni per creare vantaggi artificiali a favore della loro industria siderurgica”. Le misure restrittive comprendono barriere tariffarie e non, incentivi e sovvenzioni all’esportazione, restrizioni su vari tipi di materie prime. Restrizioni all’esportazione e dazi all’esportazione sulle materie prime in paesi come India, Cina, Federazione russa ed Egitto contribuiscono a un indebito aumento dei costi di produzione nella Ue.

Inoltre, la Commissione Ue sottolinea come sui mercati dei paesi terzi ci siano le procedure o i requisiti di licenza sproporzionati che ostacolano le esportazioni europee (India e Indonesia). E i limiti agli appalti pubblici con la preferenza per i produttori nazionali (Cina e Usa). Di qui la scelta di usare tutti gli strumenti possibili “di difesa commerciale”: nel 2012 sono state aperte 11 nuove inchieste relative ai prodotti siderurgici a seguito di denunce di pratiche commerciali sleali presentate dall’industria interessata. Per questo si penserà ad aggiornare i regolamenti anti-dumping e antisovvenzioni di base per consentire dazi più alti (scostamento dalla “regola del dazio inferiore”) sulle importazioni da paesi che utilizzano sovvenzioni sleali e creano distorsioni strutturali sui loro mercati delle materie prime e fornire strumenti più efficaci per le inchieste d’ufficio qualora sussista il rischio di ritorsione nei confronti dell’industria Ue. E “sarà attentamente monitorato il mercato dei rottami per migliorare la sicurezza di approvvigionamento dei produttori siderurgici dell’Ue che usano rottami come materia prima”.

I costi dell’energia

I costi energetici rappresentano fino al 40% del totale dei costi operativi di un’azienda siderurgica. Tra il 2005 e il 2012 l’industria europea ha subito aumenti medi del 38% del prezzo dell’energia elettrica in termini reali, mentre per Usa e Giappone i dati corrispondenti sono stati rispettivamente: – 4% e +16%. Chiara, dunque, l’importanza dei costi dell’energia nelle scelte di localizzazione degli impianti. Secondo la Commissione è possibile un contenimento dei costi dell’energia elettrica legati al sistema di scambio di quote di emissione di CO2 (Ets): a certe condizioni, gli orientamenti Ue per l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato ne consentono la compensazione per impedire la rilocalizzazione delle emissioni di CO2. Per Bruxelles “è importante individuare le modalità di finanziamento degli obiettivi climatici”, tra queste l’uso di una parte dei proventi derivanti dall’asta delle quote di emissioni nell’ambito del sistema Ets. “Il completamento del mercato interno dell’energia, la diversificazione dell’approvvigionamento e una migliore efficienza energetica, aiuteranno a ridurre i costi”.

I finanziamenti

360mila occupati, un fatturato di 170 miliardi e la presenza nella catena del valore di molti settori a valle: per l’Ue salvare l’industria siderurgica vuol dire mantenere in vita molti altri settori industriali a valle (veicoli, costruzioni, elettronica, meccanica ed elettromeccanica). Nell’Ue si contano 500 siti di produzione circa distribuiti in 23 stati membri. E’ molto interessante, inoltre, la possibilità di ricorrere ai fondi comunitari per aiutare i lavoratori a trovare un’occupazione alternativa in caso di chiusura di siti di produzione. “Il Fondo sociale europeo e il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione – si legge in una nota della Commissione europea -continueranno a contribuire a questi sforzi”. Inoltre, per il periodo 2014-2020, il finanziamento della ricerca e dell’innovazione proverrà principalmente dal programma “Orizzonte 2020” che pone un forte accento sulla leadership industriale nell’innovazione. La siderurgia beneficia anche del Partenariato europeo per l’innovazione concernente le materie prime e, per lo stesso periodo di programmazione, di 280 milioni di euro provenienti dal Fondo di ricerca carbone e acciaio.

Lo Stato, la BEI e l’Ilva

L’Ilva di Taranto “è uno dei principali siti europei e non deve essere abbandonato”: lo ha ribadito ancora una volta, durante la conferenza stampa a Strasburgo in cui ha presentato il piano Ue per l’acciaio, il vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani. Lo Stato potrebbe ad esempio intervenire “con l’utilizzo dei fondi BEI per la tutela della salute dei lavoratori o attraverso aiuti finalizzati alla riqualificazione ambientale e all’innovazione”. In questi giorni approfondiremo la questione. Ma torniamo ancora una volta a ricordare che il 16 dicembre del 2010 la Riva Fire S.p.A ottenne dalla Banca europea per gli investimenti un prestito di ben 400 milioni di euro a favore della società: 200 milioni subito ed ulteriori 200 concessi il 3 febbraio 2012. Tra l’altro si trattava di finanziamenti ben scorporati: 140 alla Ilva S.p.A. e 60 alla Rive Fire S.p.A. Qualcosa, ancora una volta, non torna.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 12.06.2013)

 

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