L’ente regionale per la protezione ambientale ha acquisito i dati al minuto registrati dalle centraline all’interno del perimetro della raffineria, denominate ENI 1, ENI 2 e EN1 3, della centralina di via Machiavelli e dell’analizzatore in continuo ad alta risoluzione temporale di H2S in funzione presso la centralina “QA” situato in via Archimede nel rione Tamburi, relativi ai giorni interessati e all’arco temporale che va dall’1 di notte del 12 alle 24 del 13 maggio.
A registrare una concentrazione in aumento di H2S per l’intero arco temporale, è stata soprattutto la centralina ENI 3, situata al confine con l’ex ospedale “Testa” e rivolta in direzione della città. Che alle 14 del 12 maggio ed alle 20 del 13 maggio, ha rilevato livelli di H2S pari a 69 ng/m3. Inoltre, dai dati estratti dalle centraline è stato possibile constatare che la concentrazione al minuto di H2S, ha superato per ben 6 volte il valore limite della soglia olfattiva, che la letteratura scientifica ha stabilito in 7 ng/m3. Come avvenuto anche in circostanze pregresse, le stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria, non hanno registrato criticità per gli altri inquinanti monitorati: NO2 (diossido di azoto), SO2 (anidride solforosa), CO (monossido di carbonio), Benzen, O3 (ozono) e PM10. Ricordiamo che per il solfuro di idrogeno (H2S), composto dello zolfo molto odoroso anche a basse concentrazioni, non esiste un limite di legge per la concentrazione in aria ambiente: in letteratura si trovano numerosi valori che spaziano da 0,7 ng/m3 fino a 14 ng/m3 e taluni soggetti sono in grado di percepire l’odore già a 0,2 ng/m3.
In corrispondenza dei valore di 7 ng/m3 (valore che si può assumere come soglia odorigena), la quasi totalità dei soggetti esposti ne distingue l’odore caratteristico. Analizzando tutti questi dati, la relazione tecnica dell’ARPA conclude ancora una volta che “le molestie olfattive denunciate possano essere originate verosimilmente dalla Raffineria ENI, dalla zona industriale di Taranto verso le aree urbanizzate”. Un qualcosa che si ripete da tempo immemore. Nell’ultimo anno, almeno stando a quanto relazionato da ARPA Puglia, questo fenomeno si è verificato dal 3 al 6 ottobre scorso, ed ancora prima il 7-8 agosto. Nel solo mese di maggio, è invece avvenuto nei giorni 6, 12, 13, 19 e 20. Continuano dunque ad avvelenarci: che sia di giorno, di sera o di notte, poco importa. L’acido solfidrico è estremamente velenoso.
Una prolungata esposizione ad esso può essere mortale. E’ considerato un veleno ad ampio spettro, ossia può danneggiare diversi sistemi del corpo. Ad alte concentrazioni paralizza il nervo olfattivo rendendo impossibile la percezione del suo sgradevole odore e può causare incoscienza nell’arco di pochi minuti. Un’esposizione a bassi livelli produce irritazione agli occhi e alla gola, tosse, accelerazione del respiro e formazione di fluido nelle vie respiratorie. A lungo termine può comportare affaticamento, perdita dell’appetito, mal di testa, disturbi della memoria e confusione.
Sino ad oggi nessuno ha avuto il coraggio di spiegare ai tarantini il perché debbano subire tutto questo. Semplicemente perché una spiegazione razionale non c’è. E’ così che deve essere. Ci dobbiamo tenere le industrie inquinanti con tutto il carico dei loro veleni. E’ vergognoso che su casi simili sia l’Eni che le istituzioni e i sindacati non abbiano mai proferito parola: anche soltanto per chiedere scusa. “L’onestà è un lusso che i ricchi non possono permettersi” (Pierre De Coubertin, Parigi, 1 gennaio 1863 – Ginevra, 2 settembre 1937).
G. Leone (TarantoOggi, 08.06.2013)
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