A chiarire i dubbi ci ha pensato una nota della Prefettura, nella quale viene spiegato che per poter avviare il procedimento sanzionatorio, c’è bisogno del rapporto dell’ISPRA (organo di vigilanza). Documento che va redatto nel rispetto della legge 689 del 1981, con “la prova della contestazione e dell’avvenuta notifica all’azienda”. Questo perché se è vero che la 231 affida al Prefetto il compito di applicare la sanzione, è altrettanto vero che prima di arrivare a ciò è necessario espletare a monte tutto un procedimento burocratico. La prima tappa è l’invio del rapporto dell’ISPRA alla Prefettura con l’attestazione che la contestazione formale delle inadempienze è stata fatta anche all’azienda. A seguire, si mette in moto una fase istruttoria, prevista appunto dalla legge 689. Attenzione, però. Perché il richiamo di questa legge non è per nulla casuale, visto che la stessa prevede che vi sia un contraddittorio e quindi la possibilità che “i rappresentanti dell’impresa siano ascoltati e possano fornire materiali e documenti in merito agli aspetti specifici loro contestati”.
Un procedimento che la stessa Prefettura ha definito, usando il solito linguaggio politichese delle nostre istituzioni, “complesso ma ineludibile” in quanto regolato dalla legge. In pratica prima che arrivi l’eventuale sanzioni passeranno mesi, visto che tutti oramai conoscono l’abilità dell’Ilva nel rinviare all’infinto l’entrata nel merito delle questioni attinenti il rispetto dell’ambiente e la reale situazione emissiva degli impianti dell’area a caldo. Non solo.Perché la Prefettura ha reso noto che l’Ispra ha fatto pervenire “a mero scopo informativo” una copia del verbale di accertamento dell’ultima ispezione (nei giorni 28-2930 maggio), che però è “priva di contestazione e notifica”, ovvero ciò che è invece espressamente previsto. Strano. Perché quel verbale sarà di fondamentale importanza nelle prossime ore per le imminenti decisioni del governo sulla vicenda Ilva.
Intanto, nelle stesse ore in cui la Prefettura rendeva noto l’intero iter procedurale sulle sanzioni, sul sito del Garante dell’AIA veniva pubblicata la lettera che Vitaliano Esposito ha inviato, lo scorso 30 maggio, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai ministri interessati (Ambiente, Salute, Sviluppo Economico) in merito all’attuazione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. Ed anche scorrendo il testo della missiva del Garante, si ha la netta sensazione che il problema più sentito dalle istituzioni sia la sopravvivenza della fabbrica, piuttosto che le ricadute sull’ambiente e sulla salute dovute alla sua attività inquinante.
Anche il buon Esposito individua nelle dimissioni del Cda dell’Ilva Spa, l’evento che ha “reso la situazione dello stabilimento siderurgico di una complessità tale da apparire a prima vista inestricabile”. Ciò nonostante per Esposito “la condizione dell’ordine pubblico appare, tranquilla”. Altro che bomba sociale. Questo perché l’ex presidente della Corte Costituzionale non può non sottolineare che l’ultimo provvedimento di sequestro penale non incide sull’esercizio dell’attività produttiva dello stabilimento “e non mette, quindi, a rischio i posti di lavoro”.
Scontato dunque il fatto che soltanto le ipotesi di fermo della produzione o di chiusura, “potrebbero trasformare l’attuale preoccupazione e stato di tensione sulla sorte dello stabilimento in una reazione violenta diretta all’esterno della struttura”. Anche il Garante però, pare essere caduto nella tela tessuta abilmente dal gruppo Riva e dai suoi scudieri all’interno dello stabilimento. Le dimissioni dei 34 tra dirigenti, quadri, capi area e capi reparto dell’area a caldo dello stabilimento per ora soltanto annunciate, per il Garante è “una notizia, che valutata congiuntamente all’attuale carenza dei vertici, può avere effetti sicuramente dirompenti sulla tenuta dell’azienda”, definita da Esposito una “nave senza nocchieri, in gran tempesta”. Tra l’altro, le dimissioni inciderebbero sull’efficienza sullo stabilimento, con “ripercussioni sull’osservanza delle prescrizioni dell’AIA riesaminata e sulle susseguenti sanzioni”.
Peccato che il Garante, da uomo di giustizia qual egli è ed è stato nella sua lunga carriera, dimentica di sottolineare come quei 34 sono gli stessi che hanno vessato per anni gli operai. Oltre ad aver organizzato i tumulti del 30 marzo e della scorsa estate. Ciò detto, al momento per il Garante non ci sono le condizioni per proporre l’amministrazione straordinaria suggerita dal sindaco Stefàno. Perché? Leggiamo insieme: “Manca, invero, allo stato, il presupposto stesso per l’adozione di questa misura (ossia lo stato di insolvenza dell’azienda), mentre le prime risultanze acquisite per le vie brevi – che indicano nel trimestre 27/01/2013-27/04/2013, un trend positivo rispetto all’evoluzione riscontrata nel precedente trimestre – non legittimano in alcun modo una posizione punitiva nei confronti di uno stabilimento, i cui dirigenti e le cui maestranze tutte stanno dimostrando nei fatti il loro valore e la volontà di riscatto dell’immagine”.
Per Esposito quindi, al momento bastano le diffide (con assegnazione di un termine per eliminare le irregolarità), “fermo restando l’obbligo di sanzionare l’omessa osservanza di quelle prescrizioni dell’Aia riesaminata, che gli ispettori dell’Ispra riscontreranno all’esito dell’ispezione (ma di cui, allo stato, non si ha notizia)”. Peccato che il trend a cui fa riferimento il Garante è la seconda relazione trimestrale dell’Ilva e non, ad esempio, il verbale dei tecnici ISPRA. Per il Garante l’aspetto di maggiore criticità è rappresentato, non già dall’attività del siderurgico, ma dalla “constatazione delle gravi conseguenze che la posizione assunta dai dirigenti e dai quadri può comportare sulla produttività dell’azienda e sulla stessa sua potenzialità a commettere reati”.
Per Esposito, dunque, l’ipotesi del commissariamento dei vertici aziendali “appare – a condizione che sia rigorosamente temporaneo e legato all’attuazione dell’Aia riesaminata – la soluzione più idonea a fronteggiare l’attuale situazione, perché responsabilizzerebbe i dirigenti e i preposti alla sorveglianza e darebbe tranquillità alle maestranze sulla sorte dello stabilimento”. E questo sarebbe il “Garante” per l’applicazione dell’AIA. Chapeau.
G. Leone (TarantoOggi, 03.06.2013)
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