“Siamo uomini o caporali?” – Rinascono i giardini Totò De Curtis
TARANTO – Cambiare in meglio la propria città, riuscendo nel “miracolo” di trasformare le idee in realtà concreta. Senza fronzoli, senza polemiche, senza invidie e gelosie. E soprattutto senza favori e soldi. Stabilendo il punto di partenza e l’obiettivo finale, per centrarlo in pieno. Attingendo a piene mani dal proprio cuore un amore puro per un territorio avaro, da sempre, di soddisfazioni e stimoli. Specialmente per i più giovani. Una terra del profondo sud, bellissima, ma avvelenata da decenni di grande industria. Priva di spazi verdi pubblici, perché quei pochi che ci sono, da sempre, sono lasciati nell’incuria di chi dovrebbe amministrare proprio per far sì che ciò non avvenga.
In questa città piena di sapientoni e di intellettuali da quattro soldi, da qualche anno si aggira un gruppo di ragazzi, riuniti da un giovanotto dai modi rudi ma dal grande animo attorno ad un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: recuperare tutti gli spazi pubblici abbandonati per restituirli alla collettività. Nella speranza che i tarantini possano finalmente svegliarsi e riprendersi ciò che per decenni si sono fatti sfilare sotto il naso, complice la loro atavica indifferenza.
E così, dopo cinque mesi di duro lavoro, sabato pomeriggio i ragazzi di ‘Ammazza che Piazza’ hanno restituito alla città i giardini “Totò De Curtis”, meglio conosciuti come la “pineta”. Un’area verde situata tra via Calamandrei, via Fratelli Rosselli e via Ancona, abbandonata da tempo immemore nell’incuria e nel degrado. A cui questi ragazzi hanno ridato vita e dignità. Un polmone verde di cui questa città ha disperato bisogno. Questi i loro attrezzi di lavoro: scope, rastrelli e decespugliatori. Queste le loro creazioni: panche e tavoli in legno realizzati con pedane di trasporto abbandonate presso attività commerciali e destinate alla discarica, dove potersi sedere o dove realizzare pic-nic.
Copertoni di gomma di auto abbandonati nelle zone limitrofe, ridipinti e trasformati in rastrelliere per biciclette, porta aiuole per le numerose specie vegetali piantate (sempre da loro), ed altalene per bambini. Inoltre, grazie all’utilizzo di materiali di recupero come legno e plastica, hanno realizzato un orto urbano destinato alla produzione di fiori, frutta ed ortaggi. Infine, è stata realizzata un’area cani con recinzione metallica, dotata di portarifiuti e distributori di sacchetti, per i bisogni degli amici a quattro zampe, che sino all’altro giorno erano depositati sul terreno incolto della pineta come un campo di mine abbandonato.
L’inaugurazione è riuscita perfettamente. Tantissimi i bambini che hanno riscoperto il valore di tirare quattro calci ad un pallone in una pineta. Altrettanti i cani di tutte le razze, taglie ed età, che hanno potuto scorrazzare liberi dai loro padroni. Tanta musica, diverse iniziative di intrattenimento, così come tanti i banchetti di varie associazioni cittadine. Immancabili gli ambientalisti, presenti in gran numero: se solo avessero fatto negli ultimi cinque anni azioni simili per tutti i comunicati inutili scritti e le riunioni vuote di contenuti, forse questa città l’avrebbero cambiata loro. E invece restano lì a guardare, quasi inebetiti dal vedere come un gruppo di ragazzi dotati di buona volontà e tanto amore per la propria terra, sia riuscito a realizzare un qualcosa che presenta larghi tratti di “ambientalismo pratico”.
Per fortuna, di politici nemmeno l’ombra. Si è visto qualcuno, ma è passato del tutto inosservato perché completamente ignorato dai presenti. Nonostante decenni di inquinamento, di incuria, di veleni, di malattia e morte, di dissesti finanziari e morali, questa città ha ancora tanto da dare. E questi ragazzi hanno tanto da insegnare alla stragrande maggioranza dei loro coetanei e di quella Taranto che, non si sa come, dorme ancora sonni tranquilli. Il famoso filosofo greco Platone, sosteneva che la gestione dello Stato dovesse essere affidata ai filosofi. Taranto, che è una colonia di Sparta ma che del suo florido passato conserva poco e male i resti, sarebbe una città decisamente migliore se amministrata da questi ragazzi. Che non hanno bisogno di applausi, di incoraggiamenti, di pacche sulle spalle o di finti sorrisi.
Semplicemente perché sanno cosa vogliono e se lo andranno a prendere, sempre e comunque. Per una Taranto migliore. Per tutti. Perché come recita un testo scritto dall’autore cileno Luis Sepulveda, “Una perfetta exscusa”, poi trasformato in una canzone, quello che ancora oggi ci serve è avere una “perfetta scusa per sentirci ancora vivi e sapere che il nostro sforzo è necessario; che siamo come il fuoco di una ricca memoria, che siamo come l’acqua di un fiume in piena. Che siamo la promessa di un domani migliore. Una perfetta scusa per vedere come siamo e sapere che è ancora molta la strada da fare, perché i sentieri giusti vanno percorsi insieme. E alla meta arriviamo cantando o non arriva nessuno”. Loro non si fermeranno. Con il loro Claudio sempre nel cuore. Sino all’ultimo respiro.
Gianmario Leone (TarantoOggi. 03.06.2013)