Ilva, i “liberi e pensanti”: «Nessuno si preoccupa della salute dei tarantini»

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TARANTO – «Se qualcuno pensa di organizzare manifestazioni, qui o a Roma, per salvaguardare l’attività dell’Ilva , sta andando fuori strada. Ci penseremo noi a far scendere in campo la città per chiedere la tutela della salute e dell’ambiente, aspetti di cui nessuno si preoccupa. L’unico interesse dei sindacati e delle istituzioni è quello economico: salvare la produzione di acciaio nel nostro Paese». Ha esordito così Massimo Battista, uno dei portavoce del comitato “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti”, nel corso della conferenza stampa tenuta questa mattina nel Parco Archeologico delle Mura Greche. Stavolta non c’è il sole a fare capolino. Nuvole grigie minacciano pioggia. Ma sono altre le nuvole che mettono a rischio la serenità dei tarantini.

Battista cita le nubi rosse collegate al fenomeno dello slopping. Quelle che troppo spesso si alzano dallo stabilimento Ilva. «Chi si preoccupa dei lavoratori impegnati nelle Acciaierie 1 e 2?»,  ha chiesto l’operaio Battista pensando ai suoi colleghi, oltre mille, prime vittime delle emissioni inquinanti sputate da quegli impianti. Altre nubi si alzano da Roma, dove qualcuno sta decidendo il futuro di Taranto senza tenere in minima considerazione il pensiero di chi ci vive. «Il sindaco non viene  manco invitato ai vertici, per partecipare deve auto-invitarsi. Ora faranno un altro decreto per salvare l’azienda – continua Battista –  sarà l’ennesimo schiaffo alla città». Senza dimenticare gli incontri che vengono organizzati a Bari, a debita distanza dalla città interessata.

Sull’ipotesi commissariamento, il Comitato ha espresso  tutta la sua opposizione ai nomi che circolano: da Corrado Clini, ex ministro all’Ambiente, rimasto saldamente ai vertici del dicastero, fino ad arrivare ad Enrico Bondi, amministratore delegato dell’Ilva, ora dimissionario. Il senso dell’indignazione espressa dai “liberi  e pensanti” è chiaro: come si può affidare lo stabilimento a chi finora si è mosso più nell’interesse della proprietà che a salvaguardia della salute pubblica? La via maestra indicata dal comitato rimane sempre stessa: bisogna gestire la situazione in base al principio “chi inquina paga”. Non c’è alternativa.

Secondo i “liberi e pensanti” sono tante le cose che non tornano. Non scende giù, ad esempio, che a livello mediatico si sparino cifre per niente ancorate alla realtà, al solo scopo di generare un assurdo allarmismo. «Ci sono giornalisti che gonfiano i numeri – sottolinea Battista – si parla di 40 mila posti di lavoro a rischio se dovesse chiudere l’Ilva. Le cifre, però, sono altre: nello stabilimento di Taranto ci sono 11.050 lavoratori. Con l’indotto se ne aggiungono altri 3.200. Arriviamo complessivamente a 14.000 persone. Tutto il resto sono chiacchiere».

Intanto, il comitato respinge al mittente anche l’ennesima minaccia rispetto ad una mancata erogazione dei prossimi stipendi. Sul banco degli imputati ci sono anche i sindacati: «Ieri hanno organizzato una manifestazione in piazza – ha attaccato Battista – erano quattro gatti. C’erano più bandiere che persone». Poi, un cenno all’attività produttiva dello stabilimento ionico, che continua imperterrita, incurante di quanto accade intorno. «In base ai dati dell’ultimo trimestre del 2012 e del primo quadrimestre del 2013 – ha spiegato Battista – siamo ai livelli standard del 2007-2008, quando si producevano 7.500.000 di  tonnellate all’anno. Eppure Palombella  (Uilm) dice che non si va oltre 6 milioni».

Insomma, l’azienda continua a fare il bello e il cattivo tempo, anche per quanto riguarda il rispetto delle prescrizioni previste dall’Autorizzazione Integrata Ambientale al fine di risanare uno stabilimento vetusto. «Non c’è la volontà di fare nulla – hanno ribadito i “liberi e pensanti” –  anche in merito alla copertura dei parchi minerali,  leggiamo che il Comune ha bocciato la pratica. Siamo ancora a  zero. Inoltre, l’azienda non ha ancora presentato il piano industriale. Ormai si tira a campare. A noi interessa solo una cosa: la salvaguardia della salute pubblica. E per questo continueremo a batterci».  Per il Comitato non ci sono dubbi: bonificare senza fermare prima gli impianti inquinanti non avrebbe alcun senso. «Ci devono risarcire per tutti i danni ambientali prodotti e garantire delle alternative alla grande industria inquinante – hanno concluso – bisogna parlare di assemblaggio e retro-portualità. Un appello lo lanciamo anche ai nostri concittadini: è al futuro dei nostri figli, ora, che dobbiamo pensare».

Alessandra Congedo per InchiostroVerde

IL LINK – Qui le impressionanti immagini che attestano quanto accade nelle Acciaierie Ilva dove si sviluppa il fenomeno dello slopping: http://video.repubblica.it/edizione/bari/ilva-quell-inferno-di-fuoco-e-polveri-nella-pancia-del-mostro/130343?video

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