“Veleno, la battaglia di una giovane donna nella città ostaggio dell’Ilva” racconta delle vittime del cancro, degli operai che scendono in piazza, di un’Italia che- improvvisamente- sembra scoprire un angolo di Sud in cui si muore facilmente. È una presentazione tutta al femminile quella che ospita la libreria Mandese di viale Liguria, in un pomeriggio che ancora non profuma d’estate. Con Daniela e Cristina c’è anche Alessandra Congedo, giornalista chiamata a moderare l’incontro, direttore di “Inchiostro Verde”, che ha scelto di stare dalla parte dell’ambiente e della salute. E non è un caso che, a lei, anche il libro dedichi qualche riga.
Perché sono questi i volti di chi ha scelto di dire la verità. E non sono certo gli unici. Un po’ alla volta questa battaglia contro l’inquinamento raccoglie nuove energie. È un esercito che non ha armi ma striscioni, non vuole vendetta ma solo giustizia: ci sono bambini, studenti, famiglie, operai, associazioni, medici. Tanti medici. Lavorano nei reparti, conoscono la condanna della malattia, toccano con mano la dignità del dolore.
“Quando si ammalano i bambini- ha detto la Spera – non è più una situazione di rischio, ma di emergenza. Dico una brutta parola, ma a Taranto c’è una strage silenziosa. Non possiamo più scendere a compromessi”. Qualcuno le ha dato della pazza, altri l’hanno accusata di una rigida posizione ideologica. Ma per lei, chiamata anche in qualità di perito nell’inchiesta contro il siderurgico, questa è solo la realtà.
“Non raccontiamoci favole, questa azienda non sarà mai compatibile con la città. Del resto il risultato delle perizie dice proprio questo: fermiamo gli impianti perché provocano malattia e morte”. Ed ecco allora la voce di chi non si arrende. Come lei, altri gridano al cambiamento. E Cristina Zagaria lo racconta in poco più di 300 pagine.
“C’era Taranto quel giorno in piazza- dice ricordando l’irruzione dell’Apecar, diventata il simbolo di chi rivendica un futuro differente – chi lavorava si è preso un giorno di ferie, altri hanno lasciato i bambini dalla nonna, altri ancora li hanno portati in centro. Ma in tanti volevano esserci. Per questa ragione ho scelto di concludere il libro in quella fase, quando Taranto ha alzato la testa”.
Valeria D’Autilia per InchiostroVerde
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