Con la famiglia Riva le sorprese non finiscono mai. Non bastava l’opera di sistematica distruzione di un’intera città, Taranto, e del territorio circostante. Il sequestro di capitali per una cifra complessiva di oltre un miliardo di euro disposto dal Tribunale di Milano, ci dice anche altro: che siamo in presenza di una banda di grandi evasori, truffatori della loro stessa azienda e dello Stato. Invece di rendere più pulita la produzione, i Riva “ripulivano” enormi patrimoni: sottraevano illecitamente il denaro dalle casse dell’azienda, lo custodivano in conti che risultavano fittiziamente collocati all’estero (ma erano di fatto in Italia) e, sfruttando il famigerato “scudo fiscale” approvato nel 2009 dal governo Berlusconi, regolarizzavano il tutto fingendo di riportare quei capitali nel paese. Abbiamo in questa vicenda la rappresentazione del sistema di potere che ha dominato il paese negli ultimi anni. Un concentrato di illegalità, collusione fra potere politico e grandi interessi economici, disprezzo della collettività.
Con il denaro che i Riva hanno depredato si sarebbe potuta sostenere l’opera di risanamento della fabbrica più inquinante d’Europa. Ma perché privarsi di somme così ingenti se, nel frattempo, i vari governi garantivano l’impunità? Per quanto distinte sul piano giudiziario, la vicenda legata all’inquinamento e quella relativa ai reati finanziari vanno dunque lette come facce di una stessa medaglia: invece di affrontare l’enorme problema dell’ILVA, i Riva hanno badato esclusivamente al proprio arricchimento personale. C’è da fare dunque una riflessione generale: una delle più potenti famiglie del paese, a cui era stato affidato il destino di un settore strategico per l’economia nazionale, ha fallito su tutta la linea. Ma soprattutto ha fallito la politica di privatizzazioni perseguita negli anni ’90 e, più in generale, l’impostazione liberista assunta dai governi italiani nel corso dell’ultimo ventennio, che ha lasciato le imprese sostanzialmente libere di fare i propri affari – ignorando il prezzo per la comunità. Oggi la parola d’ordine dell’intervento pubblico non è dunque una presa di posizione ideologica, ma la sola via attraverso la quale risollevarci dal degrado che il nostro sistema produttivo attraversa a causa di scelte sbagliate. Per questo chiediamo che il governo intervenga prontamente per espropriare beni e capitali della famiglia Riva, nazionalizzando le attività produttive.
Paolo Ferrero (segretario nazionale PRC)
Circolo PRC “Peppino Impastato” Taranto
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