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Ilva, la scarcerazione di Archinà fa discutere

Riceviamo e pubblichiamo una nota stampa sottoscritta da Claudio Monteduro, presidente dell’Associazione malati d’epatite e di danno d’organo “Epaurion”.

La notizia della dott.ssa Todisco che ha deciso di concedere gli arresti domiciliari al sig. Archinà, da tutti i tarantini conosciuto come il factotum delle relazioni pubbliche dell’Ilva, non ci trova senz’altro d’accordo. I motivi di questo nostro dissenso sono molteplici anche se consideriamo che l’aspetto caritatevole di umana pietas dovrebbe prevalere su quello che una legge deve contemplare.

Una seria analisi dei molti aspetti della questione de quo ci inducono a spiegare che un convincimento sulla necessità di rilasciare un “potente” al quale viene riconosciuta  “l’incompatibilità con il regime carcerario”  della inadeguatezza di una cella è perlomeno discutibile sul piano dell’uguaglianza dei diritti sanitari di altri detenuti. Non si può accettare perché non si valuti che la condizione di ottenere altrettanto diritto all’individuazione di una tale “incompatibilità” lo si debba e lo si deve concedere anche ad altri che non hanno lo status di una” presunta dignità” sociale e che non hanno “forse” l’attestato medico che gli permetta di ottenerne il riconoscimento.

Vogliamo con questo porre l’accento che, la detenzione è uno stato afflittivo anche ma forse preminente sul piano del danno psicologico ed emotivo e non possiamo certo adombrare che delle diverse valutazioni siano fatte a seconda delle “persone” detenute, si perché di “persone” trattasi,  ma alcuni dubbi possono essere legittimamente espressi,  se ci si spiega che la legge che delimita la scelta degli arresti domiciliari è una legge mutuata dal codice militare che prevede una disuguale pena tra soldati e ufficiali i quali per “dignità” di grado non sono equiparabili ai primi. Infatti l’ufficiale punito di colpa lieve deve ritirarsi nel suo alloggio e rimanervi per il tempo stabilito ad espiare la pena, a differenza della truppa che deve essere rinchiusa in cella di rigore o semplice.

Tutto questo a maggior chiarezza di quanto vogliamo sostenere, non certo per l’indiscutibile operato della dottoressa Todisco della quale non sono immaginabili  dubbi sulle qualità professionali e sull’indipendenza culturale di cui  ha dato ampia dimostrazione.  Abbiamo voluto esprimere anche noi il pensiero su una decisione che non ci ha convinto e “forse” ha colto di sorpresa anche altri  e non vogliamo essere considerati “giustizialisti” se abbiamo avuto il “coraggioso spirito”  di esprimerlo.  Noi come associazione, che abbiamo a cuore la salute, siamo convinti che questa sia un diritto di tutti ed è per questo che, a tutela dei più deboli, abbiamo un concetto diverso su come applicare certi principi.

 

 

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