“Noi stiamo valutando questa richiesta, perché pensiamo che ci sono alcuni interventi di grande rilievo nella riorganizzazione della produzione e di tale consistenza tecnologica che dobbiamo fissare i tempi giusti per ottenere questi risultati”. Tutto questo, ha detto ancora De Vincenti, “fa parte della procedura AIA (Autorizzazione ambientale integrata), stiamo vedendo come applicarla, in ogni caso stiamo sollecitando l’Ilva a predisporre gli interventi seguendo il piano di investimenti che si è impegnata ad approvare”.
“La legge è molto chiara – ha concluso il sottosegretario – nel prescrivere anche le eventuali sanzioni”. Quanto dichiarato dal sottosegretario De Vincenti, conferma dunque quanto riportato su queste colonne lo scorso 14 maggio, sull’incontro “segreto” avvenuto nella giornata di venerdì scorso tra il neo ministro dell’Ambiente Andrea Orlando e i vertici dell’Ilva. E conferma anche il contenuto di quella riunione: in quell’occasione scrivemmo come l’azienda abbia avanzato alcune richieste sull’iter di avanzamento dei lavori di attuazione dell’AIA. Senza mettere in discussione né i limiti di emissioni, né le date di scadenza per il raggiungimento degli obiettivi (visto che non è in suo potere né in quello del ministero dell’Ambiente perché dal 1 gennaio entreranno in vigore i nuovi limiti emissivi industriali previsti dalla direttiva europea 2010/75/Ue, ndr), l’Ilva ha chiesto la possibilità di una rimodulazione del crono programma dei lavori per un motivo ben preciso: ottimizzare e minimizzare l’impatto degli interventi sia sugli impianti che sul processo produttivo. Perché è chiaro come, ancora oggi, l’interesse primario dell’azienda sia quello di continuare a produrre acciaio e utili il più possibile, senza che il tutto sia troppo intaccato dal “fastidio” delle prescrizioni AIA.
Del resto, al di là delle parola di De Vincenti, la verità è che la richiesta dell’azienda non é affatto nuova (vedi la copertura dei nastri trasportatori posticipata ad ottobre 2015 quando doveva essere realizzata entro lo scorso gennaio, oltre che essere prevista già nei primi atti d’intesa del lontano 2003, ndr) ed è stata già autorizzata dal ministero dell’Ambiente quando a presiederlo vi era Corrado Clini. Nel merito del rispetto della tempistica delle varie prescrizioni, la normativa in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale, richiamata dalla legge 231 del 2012 “Salva Taranto”, prevede infatti che l’impresa possa richiedere “modifiche non sostanziali alla tempistica degli interventi prescritti sulla base di motivazioni tecniche ed economiche”.
Dunque è lo stesso ministero ad aver autorizzato l’Ilva a chiedere una dilazione “non sostanziale” dei tempi di assorbimento delle disposizioni previste nell’AIA. Il ragionamento del ministero è stato il seguente: “La richiesta di Ilva non modifica i tempi per la conclusione degli interventi (36 mesi) ma ne prevede la rimodulazione. Pertanto sulla base di quanto previsto dall’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata il 26 ottobre 2012 e delle successive integrazioni in applicazione delle norme in vigore, al momento non risultano inadempienze da parte dell’azienda”. Logico: se ad ogni prevista scadenza si concede una proroga, l’Ilva sarà sempre in “regola” con la tempistica prevista. Almeno sino al 31 dicembre 2015. Ma dalle parole di De Vincente si evidenzia anche altro. Ovvero come l’Ilva debba ancora provvedere a predisporre il piano di investimenti come copertura finanziaria per gli interventi previsti dall’AIA, che si è “impegnata” ad approvare. Un qualcosa che sosteniamo da sempre.
De Vincenti si è però dimenticato di dire che l’Ilva non ha ancora approvato il bilancio 2012 né ha presentato alcun piano industriale: tutto questo qualche campanello d’allarme avrebbe dovuto risuonare nelle stanze del ministero dell’Ambiente e non solo. E’ infatti paradossale e al tempo stesso scandaloso come lo Stato italiano si sia tanto prodigato nel consegnare una seconda AIA all’Ilva e nell’approvare una legge che mettesse al riparo l’azienda dall’azione della magistratura (cosa puntualmente avvenuta con l’ok alla legge conferito dalla Corte Costituzionale), ma non si sia preoccupato di fare altrettanta pressione nei confronti dell’azienda, che sino ad oggi ha pensato soltanto a tutelare i suoi interessi economici anteponendoli, come sempre ha fatto del resto, a quelli del rispetto della salute e dell’ambiente.
Ma che qualcosa bolla in pentola lo conferma anche un altro “strano” evento verificatosi ieri: a darne notizia niente meno che l’ufficio stampa del Quirinale, che ha informato di un incontro avvenuto ieri tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il presidente Ilva Bruno Ferrante. Cosa si siano detti, purtroppo, non siamo riusciti a saperlo, in quanto i rispettivi uffici stampa hanno fatto calare sull’incontro un silenzio totale. Ma, siate fiduciosi, presto sapremo anche questo. Anche se il tutto fa parte di un copione che lentamente si avvicina alle sue pagine finali. Dove vi è un finale scritto da tempo dal gruppo Riva come denunciamo invano da mesi, anni. Si vuole soltanto proseguire sino all’ultimo istante utile con questa scenetta da cabaret, per attutire il colpo di grazia finale. L’addio dei Riva con la conseguente chiusura dell’Ilva, o suo drastico ridimensionamento, inizia ad assumere le sembianze di un antipatico segreto di Pulcinella.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 17.05.2013)
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