Le dimissioni del presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido, sono arrivate via fax dal carcere nella tarda mattinata di ieri. Un atto dovuto, dopo che il prefetto aveva provveduto a sospenderlo dalla carica già di prima mattina. Florido ha ora venti giorni di tempo per fare eventualmente dietrofront. Scaduto questo termine, il prefetto, d’intesa col ministero dell’Interno, è dovrà nominare il commissario prefettizio che, dopo due mesi, in virtù di un decreto presidenziale assume la denominazione di commissario straordinario. Ma il consiglio provinciale potrebbe essere sciolto molto prima, in seguito alle probabili ed imminenti dimissioni della maggioranza dei consiglieri (minimo 16). Perché dopo quelle annunciate da SEL, ieri pomeriggio sono arrivate anche quelle, sempre annunciate sulla carta, di consiglieri e assessori provinciali del Pd: probabilmente già questa mattina assumeranno i crismi dell’ufficialità. Certo, sarebbe interessante chiedere loro come mai in tutti questi anni hanno preferito il silenzio, attendendo che fosse la magistratura a smascherare eventi di cui tutti conoscevano l’esistenza.
Intanto, si svolgeranno questo pomeriggio nella casa circondariale di Taranto, gli interrogatori di garanzia dei tre indagati a cui ieri è stata notificata un’ordinanza di custodia in carcere nell’ambito dell’inchiesta “Ambiente svenduto”: Florido, l’ex assessore provinciale all’Ambiente Michele Conserva, che già il 26 novembre scorso era andato ai domiciliari per la stessa inchiesta, e l’ex dirigente Ilva Girolamo Archinà (al secondo provvedimento restrittivo). Ai domiciliari invece l’ex direttore generale della Provincia, segretario generale del Comune di Lecce, Vincenzo Specchia, sospeso dall’incarico. Il 23 maggio, infine, è stato fissato il ricorso al Tribunale del riesame per Archinà. Un altro collegio di giudici nei giorni scorsi aveva ritenuto incompatibili le sue condizioni di salute con la detenzione in carcere, prima che scattasse la nuova misura cautelare. Sfogliando le 101 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Todisco, si evince che pur sapendo che autorizzare la discarica di rifiuti pericolosi da 300mila metri cubi all’interno dell’Ilva fosse una pratica “troppo pericolosa”, il presidente della Provincia, l’ex assessore all’ambiente e l’ex direttore generale della Provincia, hanno agito affinché l’operazione andasse in porto perché questo avrebbe consentito all’Ilva di stoccare i rifiuti nello stabilimento (anziché all’esterno) risparmiando milioni di euro.
Gianmario Leone (Il Manifesto)
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