“Il nostro pensiero per il futuro di Taranto è svincolato dalle logiche economiche della monocultura dettata dalla grande industria inquinante e, in quanto uomini, vogliamo mantenere la dignità di essere tali. Questo gruppo, come circa altri 31.000 tarantini che hanno votato al referendum consultivo dello scorso 14 aprile, non crede ad una fantomatica eco compatibilità dello stabilimento industriale, ovvero alla sua riconversione che passa attraverso le bonifiche, sia perché abbiamo eseguito un attento studio della normativa che, tra le altre cose, impone limiti e distanza incompatibili con il nostro centro abitato, sia per l’esperienza negativa dei vari protocolli d’intesa che si sono succeduti in questi anni tra la grande industria e l’amministrazione locale, tutti (o quasi) disattesi, e infine perché l’attuale situazione economica dell’azienda SEMBRA non poter permettere la garanzia del capitale necessario per le bonifiche, essendo esposta con le banche per cifre che vanno ben oltre tale necessità.
Questo gruppo, come molti altri in realtà, ha maturato la certezza che “NON SI PUÒ E NON SI DEVE LAVORARE PER MORIRE” (dentro e fuori la fabbrica), barattando la propria salute o quella di un proprio caro, per poter “portare il pane a casa”. Questo dovrebbe essere SCONTATO, ma a Taranto non è così, perché quando la popolazione viene messa di fronte alla drammatica scelta se rischiare di morire di fame o di cancro, molte volte viene scelto il RISCHIO della malattia…non considerando però che, molto spesso, il rischio non comprende solo colui che fa la scelta o il suo entourage familiare…ma anche persone che sono lontane anni luce da quella realtà.
Visti gli ultimi sviluppi delle indagini a cura della Procura tarantina, che vedono coinvolti personaggi di spicco della politica locale, e che scoperchiano sempre più il pentolone di un sistema (così come descritto dalle intercettazioni telefoniche) malato e corrotto, riteniamo che la lotta alla “fabbrica di patologie e morte” (cit.) non si possa e non si debba fermare alle critiche, ma debba imporre con forza gli obiettivi principali necessari per la rinascita di Taranto:
RIBADIAMO in questa sede CHE IL PURO PROFITTO NON PUÒ ESSERE MESSO DINANZI ALLA SALUTE soprattutto quando a pagarne le conseguenze peggiori sono i bambini. E non vogliamo neanche che, alla fine della fiera, qualora si arrivasse ad un verdetto di colpevolezza, la stessa industria possa uscire di scena senza versare il DOVUTO risarcimento ai cittadini e agli operai oltre che versare la quota spettante per le necessarie bonifiche del territorio. E DICIAMOLO CON FORZA, ALLORA…tutti insieme…questa fabbrica (che in passato ha dato lavoro anche a 30.000 persone) è già morta e sta trascinando nel baratro anche tutti noi… alcuni esempi?
E allora non sono lavoratori o categorie da preservare anche queste nominate sopra? Non hanno mutui da pagare anche loro? Non hanno famiglie da mantenere? Perché tutelare solo una fascia di lavoratori? Gli altri (che poi sono in maggioranza) sono dunque destinati a soccombere nel nome della grande industria e dei benefici che dovrebbe portare al territorio?
E DI QUALI BENEFICI STIAMO PARLANDO? DOV’È TUTTA QUESTA RICCHEZZA CHE QUESTE FABBRICHE DOVEVANO DISTRIBUIRE? DOVE SONO LE TASSE CHE AVREBBERO DOVUTO LASCIARE SUL TERRITORIO? E’ FACILE VENIRE AD INQUINARE QUI E SPOSTARE GLI UTILI AL NORD…
Ma è pur logico che adesso, sparita la Belleli, chiusi i Cantieri Navali, ridotto l’impegno dell’Arsenale Militare, NON ESSENDO Più OBBLIGATORIA LA Leva in Marina…vedendo il mortorio che c’è in giro, tra disoccupati e cassa integrati, ci si aggrappi CON ESTREMA FEROCIA all’unica mammella che può (ancora per poco) allattare….
MA PER QUANTO TEMPO ANCORA??? A QUALE PREZZO??? E A SPESE DELLA VITA DI CHI??? QUELLA NOSTRA O QUELLA DEI NOSTRI FIGLI, visto che neanche le istituzioni “protettrici” della grande industria farebbero vivere i loro figli e nipoti nella nostra città??? e allora che si fa? si aspetta la inesorabile morte o si tentano cure alternative per la rinascita a nuova vita? Purtroppo è inutile – secondo noi – continuare a curare un malato senza eliminare la causa della malattia stessa…e la CAUSA della malattia di Taranto è chiara, ma non si chiama solo ILVA; si chiama più in generale SPREGIO del territorio e della cittadinanza ospitante…e passa anche dagli altri insediamenti industriali presenti sul territorio (ENI e CEMENTIR), ma più in generale passa da tutti quegli stabilimenti industriali che si sono succeduti nel tempo sulla nostra sventurata terra lasciando una traccia indelebile, purtroppo negativa.
Ma soprattutto (come sembra evidenziato dai giudici) passa anche dalla CATTIVA POLITICA, dalla CATTIVA GESTIONE del bene comune…e dagli INTERESSI NAZIONALI…quegli stessi interessi che dicono che Taranto sia strategica a livello europeo, ma che permettono che veniamo decimati come topi da laboratorio (dati SENTIERI 2 e Indagine Epidemiologica) e che ci riserva contemporaneamente il 40% di disoccupazione diffusa sul territorio. BENE…ogni associazione, in quanto tale esprime la propria forza…e questa è la nostra…L’UNITA’…e questa nostra unità consentirà a Taranto di avere finalmente, dopo tanti anni di oblio, una amministrazione comunale degna di tale nome, che finalmente attuerà quei sani propositi europei, con i quali tutti oggi si riempiono la bocca, ma che noi professiamo da tempo e che sono:
Quello che vorrei ricordare ai più scettici e a quelli che si affacciano adesso al problema inquinamento, è che noi non siamo arrivati in ritardo alla definizione del problema e a questo procedimento giudiziario. La prima sentenza del tribunale di Taranto con la quale l’allora l’Italsider venne condannata per la diffusione delle polveri dei parchi minerari sul quartiere Tamburi risale al luglio del 1982. Da quella data in poi ci sono stati diversi altri procedimenti penali dei quali la procura si è sempre interessata e «che si sono tutti conclusi con sentenza di condanna definitiva».(cit. Sebastio).
«Il problema è che qui parliamo di una fabbrica che occupa circa 15 mila persone, ma è scorretto scaricare questi problemi sulla magistratura». In effetti i diretti sono meno di 12 mila di cui circa 3500 tarantini (cit. Sebastio)
E per quelli che la vogliono STATALIZZATA, sia chiaro un concetto assoluto…non è che se si statalizza una azienda, la stessa come per magia, smette di colpo di inquinare e diventa ecocompatibile. Quindi, se ILVA chiude, non lo fa per colpa dei cosiddetti ambientalisti integralisti o per colpa della magistratura…qui ci troviamo di fronte ad un BIVIO: ILVA deve rimanere aperta violando la Legge (come sembrerebbe dagli ultimi interventi del garante dell’AIA e dell’Ispra) pur di continuare a dare lavoro a migliaia di persone che altrimenti morirebbero di fame, oppure ci si deve battere per far rispettare la legalità anche in questo Paese che, dopo le Leggi ad personam ha introdotto anche le Leggi ad aziendam???
Perché se il principio affinché sia mantenuta aperta una qualunque attività produttiva o commerciale che sia, è il numero di addetti a cui DÀ LAVORO, incurante del numero di persone a cui LO TOGLIE, perché non si LEGALIZZA o si STATALIZZA anche la MAFIA che dà lavoro a milioni di persone in Italia e nel mondo??? Ah, già, a questa soluzione, forse, qualcuno ci è già arrivato… e noi non ce ne siamo neanche accorti… “E’ veramente singolare l’egoismo degli ancora sani” (si legge sulla pagina fb di un amico), è vero, questa strana e singolare caratteristica di chi non si è ancora ammalato e che, alquanto egoisticamente, si vuole vedere ancora sano tra 30 anni, e non a curarsi nel miglior ospedale del mondo, benché sia a meno di 5 minuti di strada dal cimitero dove verrebbe poi seppellito!!!”.
“TARANTO SENZA ILVA”
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