Il privilegio di essere intervenuta al 1° Maggio di Taranto (D. Patrucco)
Ha chiuso il concerto una Fiorella Mannoia stratosferica, che i tarantini non dimenticheranno facilmente. Che mi ha fatto venire la pelle d’oca. Per i testi che ha scelto di cantare, per come è stata lì e per il messaggio che ha lanciato ai cittadini di Taranto. “Questa è una canzone di speranza. Che serve in un momento come questo. Tarantini state uniti… non permettete di dividervi. State uniti perché i diritti sono gli stessi. Lavoro e salute sono diritti inalienabili. Non dividetevi, non permetteteglielo“.
“Ribaltare le sorti di un sistema che continua a stuprare il territorio, disseminando veleni che provocano danni irreversibili alla salute e all’ambiente, facendo leva sul ricatto occupazionale” è l’appello degli amici tarantini, Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, che sottoscrivo e che sono andata a testimoniare al 1 Maggio di Taranto. Perché disoccupazione, precarietà diffusa, devastazione sociale, colonizzazione industriale e militare – in spregio di leggi e regole – non sono problemi che riguardano solo Taranto.
COLONIZZAZIONE e CONTROLLO – A SUD DI NESSUN NORD
E voglio parlare proprio di colonizzazione industriale e ricatto occupazionale: l’Eternit a Casale Monferrato – e l’amianto dentro e fuori l’ambiente di lavoro; l’Ilva a Taranto – i parchi minerali e l’area a caldo, emissioni dentro e fuori l’ambiente di lavoro; le acciaierie e le zincherie di Cremona, di Brescia, di Valsugana; i cementifici; gli inceneritori – 13 solo in Lombardia, molti più di quanti sarebbero necessari per smaltire il pattume residuo di tutta la Lombardia – con emissioni dentro e fuori l’ambiente di lavoro; l’Enel alla Spezia, Brindisi, Civitavecchia, la Tirreno Power a Savona – la movimentazione del carbone e delle ceneri; le emissioni in atmosfera, nel suolo e in mare. Dentro e fuori l’ambiente di lavoro.
E ancora l’Enel in Sud America, a produrre la cd energia rinnovabile con la costruzioni di immense dighe che sfregiano l’Amazzonia, la Patagonia e il Guatemala – con lo scopo di compensare le emissioni di CO2 europee e senza che le comunità locali ne abbiano alcun beneficio. Se non, appunto, la devastazione del loro territorio e delle economie rurali locali. E poi l’Eni, in Nigeria, dove estrae petrolio in cambio di niente, seminando devastazione malattia e morte.
E ancora, le multinazionali che alimentano le guerre civili, come in Congo, per continuare a estrarre coltan (da cui si ricava il tantalio che ci permette di usare telefonini, radio, computer e quant’altro) e che ha già causato la morte di oltre 6 milioni di congolesi http://www.tribudelmondo.it/
Siamo colonizzatori e colonizzati allo stesso tempo, perché le multinazionali hanno sostituito gli stati nazione anche nell’azione colonizzatrice. I casi, la minuscola punta dell’iceberg, sarebbero più numerosi ma sono sufficienti per concludere che non ci sono più un Sud o un Nord. Non c’è più il Sud o il Nord Italia, non c’è più il Sud o il Nord del mondo.
Ci sono dinamiche che si ripetono con insistenza, nello spazio e nel tempo, ovunque sia presente una grande “industria inquinante” (così si chiamano tecnicamente) in grado di influenzare i soggetti economici e istituzionali del territorio che la ospita.
Dove serve, si condizionano i cittadini con il ricatto occupazionale. Con tecniche più sofisticate – attraverso le istituzioni, i partiti, la chiesa, direttamente o indirettamente – è in atto un controllo istituzionale e clericale sui cittadini che non hanno un contatto diretto con la grande industria inquinante; soprattutto nei centri più piccoli, le istituzioni e la “chiesa” sono schierate in difesa dell’occupazione senza se e senza ma – in realtà dalla parte del soggetto economico più forte. Sempre o molto spesso.
Inoltre, quando necessario, si condizionano i mezzi di informazione con gli investimenti pubblicitari. Le compensazioni economiche – incommensurabili con il danno provocato, in termini di inquinamento, malattia e morte – danno lustro ai politici che organizzano eventi di carattere culturale (teatro, cinema, mostre, …), sportivo o sociale (feste a tema, incontri, …): grazie al sostegno economico, lo sponsor inquinante ottiene il duplice merito di dare lavoro e contribuire al benessere della città; gratifica l’ego degli amministratori locali, garantendo la loro visibilità e in alcuni casi aumentandone le ricchezze personali. E poi le consulenze alle università e agli enti di controllo, il finanziamento alla ricerca scientifica privata – finanziamento apparentemente indipendente, in realtà molto dipendente e finalizzato a ottenere dati che “dimostrino” che l’inquinatore non inquina – e il condizionamento di quella pubblica, perché si occupi d’altro. Le attività di beneficenza.
DINAMICHE CHE SI RIPETONO
Sono dinamiche che si ripetono con insistenza nello spazio e nel tempo.
Ilva a Taranto staccava assegni per la facoltà di ingegneria? A Genova Enel ha iscritto all’università 300 manager per fare formazione. Illegale? No, non a Genova. E quanto riceve il Politecnico di Milano per ricerche che riguardano le aree delle acciaierie cremonesi e bresciane? E quanto ricevono alcuni ricercatori altri ricercatori per le ricerche sugli effetti degli inceneritori?
A Taranto il campetto di calcio dei Tamburi dell’Ilva non è utilizzabile perché inquinato? Alla Spezia il Comune “grazie al progetto Enel” ha messo i filtri per l’aria e insonorizzato la scuola dell’infanzia che si trova a 50 metri dal pontile di scarico del carbone. Ma non ha spostato la scuola, né le case, né la chiesa. Ammesso che quei filtri funzionino, a che servono? Se la centrale a carbone è in città? Dove 90.000 persone vivono e lavorano anche fuori dall’Enel, che ne impiega 220.
E ancora i finanziamenti alle società sportive, alle squadre di calcio, basket e quant’altro… e così si comperano anche le nuove generazioni.
Naturalmente ci sono livelli diversi di azione, e allora salta fuori la legge Salva-Ilva, con buona pace dell’attività della giustizia; la legge per bruciare i rifiuti nei cementifici, con buona pace della normativa europea in materia di trattamento e recupero dei rifiuti; l’articolo 35 del decreto sviluppo che consente la trivellazione dei mari d’Italia, per la quale i petrolieri si stanno ancora sperticando in ringraziamenti al Ministro Clini. Avete visto mai industrie inquinanti, cementifici e petrolieri che ringraziano un Ministro dell’Ambiente? Succede anche questo in Italia.
Il punto, come tutti i lavoratori sanno, è che la produzione non è un male in sé e il lavoro è uno dei fondamenti della nostra Repubblica. Il problema dunque non è tanto, comunque non solo, la produzione. Il problema è la sistematica violazione delle regole e il non rispetto dei ruoli.
Come sostiene il dott. Guariniello, sostituto Procuratore della Repubblica diTorino – che si è occupato del caso dell’Eternit – a che proposito della non applicazione delle leggi ha detto:
“Tanto inquinamento, tanti infortuni, tante malattie professionali. Insufficiente prevenzione in ambiente di vita e di lavoro. Non è un problema di leggi. Noi abbiamo le leggi migliori al mondo, di facciata, ma che non sono applicate. Quando l’atrazina aveva valori superiori a quelli stabiliti, il ministro Donat Cattin alzò i valori limiti e tornò tutto in regola. Quando le industrie ad alto rischio dovevano fare il piano della sicurezza entro una certa data, 50 processi in corso furono annullati grazie ad un decreto di proroga del termine. Quando la procura è intervenuta sull’Ilva, è nata la legge Salva Ilva. Le leggi sembrano andare bene fino al momento in cui sono applicate”.
Lo stesso Procuratore della Repubblica, quanto ai ruoli aggiunge che
“Gli organi di vigilanza – ASL, ARPA, Ispettorati lavoro – operano in condizioni di forte scoordinamento, anche in ragione di carenze di organico e scarsa professionalità di chi va a fare i sopralluoghi e le ispezioni. Gli ispettori che fanno attività di vigilanza vanno promossi, non puniti, e le ispezioni non devono essere preannunciate. E’ necessario un codice etico dell’attività di vigilanza, Occorre inoltre evitare confusione tra attività di vigilanza e consulenza a favore delle aziende: le stesse persone non possono interpretare entrambi i ruoli”.
E’ necessario sganciare gli organi di controllo da chi concede i permessi – ARPA dalle Regioni, ASL dalle Province – ad evitare che dove c’è corruzione fra amministrazioni e inquinatori la corruzione si propaghi anche agli enti di controllo, i cui responsabili sono “scelti” dagli amministratori.
E’ la confusione dei ruoli, che in molti casi diventa collusione quando non complicità, che rende problematico tenere insieme ambiente salute e lavoro
RUOLO E RESPONSABILITA’ DEI CITTADINI
C’è tuttavia un aspetto che ci riguarda come cittadini. Si tratta della nostra capacità di capire che cosa succede. Di vedere oltre ciò che ci dicono e oltre ciò che vogliono farci credere. Non è una capacità acquisita per nascita, richiede impegno, informazione, studio, partecipazione… Perché non è un passaggio scontato “Capire che ciò che normalmente consideriamo un incidente, una disgrazia o una fatalità è stato in realtà l’esito di un comportamento criminoso agito da qualcun altro. E che ha pregiudicato la salute o la vita di un territorio e di una comunità -”
Si tratta di un aspetto che dev’essere conosciuto, bisogna raccontare le esperienze vissute perché servono ad aprire gli occhi ai cittadini ignari. Che non sospettano che la morte di un loro congiunto possa essere stata causata dall’esposizione a inquinanti e, di conseguenza, non si pongono domande. Si chiudono nel dolore e diventano insensibili al dolore dei loro simili. La socializzazione del dolore, al contrario, può far scattare presa di coscienza e ribellione.
Non è un passaggio scontato. Lo dice la dott. Rosalba Altopiedi che dopo essere stata per anni assistente del Procuratore Guariniello nel caso dell’Eternit, si occupa dei comportamenti criminosi delle imprese. E mette in guardia rispetto alla tendenza a preoccuparci “dei crimini più visibili, i furti, le rapine, gli omicidi o di quelli messi in atto da precise categorie di persone, gli immigrati e i poveri cristi.
Non siamo invece sensibili ai crimini dei potenti, tendiamo al più a considerarli atti disonesti, ma certamente non crimini. Questo perché i responsabili di questi crimini sono molto bravi a gestire la loro reputazione sociale, e spesso a mistificare la realtà attraverso precise tecniche di neutralizzazione. Promuovendo norme a proprio favore, ostacolando quelle che potrebbero regolamentarne l’attività, esercitando la loro influenza anche una volta chiamati a risponderne davanti ai tribunali. Allora noi non ci rivolgiamo normalmente a questi soggetti come ci rivolgiamo ai criminali convenzionali. Li chiamiamo disonesti o truffatori, ma non usiamo la parola “criminale”.
Invece l’uso delle parole e delle metafore sono elementi importanti nella costruzione della realtà, soprattutto nel fare cultura rispetto ad alcuni temi. Ecco perché chiamiamo “bombardamenti chirurgici” le guerre; “disgrazie” e“tragedie” le morti sul lavoro. Invece no, i primi sono bombardamenti e i secondi sono crimini. Smettiamola di chiamarle “morti bianche” perché di bianco non c’è proprio nulla.”
E soprattutto, facciamo lobby. Mettiamoci insieme, uniamo le forze, studiamo strategie comuni. A Taranto siete stati straordinari. Ma l’obiettivo da raggiungere è ancora lontano, per Taranto come per tutti gli altri: per questo dobbiamo prendere coscienza che la capacità di operare il cambiamento può venirci soltanto dall’unione delle forze di tutti. Insieme.
Quando i lavoratori liberi e pensanti si sono schierati dalla stessa parte delle donne di Taranto hanno fatto un passo avanti verso l’obiettivo comune. Quando siete riusciti a parlare con i lavoratori e le donne di Cornigliano, dove la chiusura dell’area a caldo ha prodotto benefici irrinunciabili per la salute della comunità, è stato fatto un altro passo avanti.
Tutti i Cittadini liberi e pensanti devono fare lobby e lottare insieme per l’ambiente, la salute, i diritti. A Taranto come alla Spezia, come a Civitavecchia, Gela, Priolo, Monferrato, Cremona, Brescia, Mantova, Valsugana... Non c’è un luogo che ha meno diritto di rinascita di un altro. E solo tutti insieme possiamo pensare di combattere una battaglia difficilissima. A cui tuttavia non possiamo sottrarci perché lo dobbiamo a chi ha lottato prima di noi e lo dobbiamo ai nostri figli.
“Mai dubitare che un piccolo gruppo di cittadini consapevoli e attenti possa cambiare il mondo: è sempre stato l’unico modo per farlo”.
Grazie ai cittadini liberi e pensanti di tutto il mondo, perché sapranno cambiarlo.
Daniela Patrucco – http://speziapolis.blogspot.it/