Dicesi bilancio d’esercizio, in economia aziendale, “l’insieme dei documenti contabili che un’impresa deve redigere periodicamente, ai sensi di legge, allo scopo di perseguire il principio di verità ed accertare in modo chiaro, veritiero e corretto la propria situazione patrimoniale e finanziaria, al termine del periodo amministrativo di riferimento, nonché il risultato economico dell’esercizio”. Soltanto una volta approvato il bilancio sarà presentato il piano industriale che si attende da mesi. A dicembre l’azienda annunciò che ci stava lavorando sopra l’ex direttore dello stabilimento Buffo. Difficile immaginare che il compito sia stato assegnato all’attuale direttore Lupoli. Molto più probabile invece, l’ipotesi che porta ad un foglio bianco, che sarà redatto da Enrico Bondi in persona.
Il piano industriale, altresì definito business plan, è infatti il documento che illustra in termini qualitativi e quantitativi le intenzioni del management relative alle strategie competitive dell’azienda, le azioni che saranno realizzate per il raggiungimento degli obiettivi strategici e soprattutto diffonde la stima dei risultati attesi. Viene redatto inquadrando l’azienda all’interno del suo settore di appartenenza e dell’ambiente competitivo, con una descrizione dettagliata del management e della compagine societaria. Il piano industriale ha infatti un ruolo vitale nell’ambito della gestione delle imprese, in quanto risulta utile al management per la rappresentazione della propria visione imprenditoriale ed è fondamentale ai componenti del Consiglio di Amministrazione per svolgere appieno il ruolo di indirizzo e controllo della società. In ottica meramente finanziaria, il principale obiettivo di un piano industriale è quello di consentire al management di definire in che modo l’azienda intende accrescere il valore creato per gli azionisti.
Dopo il piano industriale sarà invece il turno del piano investimenti a garanzia della copertura finanziaria degli investimenti previsti per far fronte agli interventi di risanamento sugli impianti dell’area a caldo previsti dall’AIA. Ma la domanda regina è: da dove prenderà i soldi Enrico Bondi? Specie adesso che l’Ilva Spa si appresta a diventare una società autonoma rispetto al gruppo Riva FIRE. Anche se, a tutt’oggi, i Riva restano i principali azionisti dell’azienda con l’87% delle quote societarie. Come annunciato dallo stesso Ferrante la settimana scorsa, “a breve cambierà il logo dello stabilimento e sparirà la scritta Riva FIRE”. Inoltre, pare che non sia stato ancora messo a calendario un incontro tra Bondi e i sindacati Fim, Fiom e Uilm di Taranto, che attendono di incontrare il nuovo ad per fare il punto della situazione sul versante industriale e occupazionale.
Dai primi di marzo, infatti, l’Ilva di Taranto sta attuando, in alternativa alla cassa integrazione straordinaria che era stata minacciata in un primo momento per oltre 6500 unità, i contratti di solidarietà in tutto lo stabilimento per gestire la crisi di mercato ma soprattutto la fermata degli impianti previsti dal crono programma dell’AIA (al momento si è fermato soltanto l’AFO 1 e le batterie 3-4-5-6). Gli esuberi temporanei coinvolti sono 3.749 ma nella solidarietà, per la particolarità del meccanismo dell’ammortizzatore sociale, stanno ruotando circa 11mila lavoratori: in pratica quasi tutta la forza lavoro dell’Ilva di Taranto. Si è tutti in attesa insomma. Per ora, come sempre, siamo ancora alle parole ed alle buone intenzioni. Come disse Enzo Biagi ad un’infermiera della clinica milanese dove poi sarebbe deceduto, prendendo in prestito la famosa poesia “Soldati” di Ungaretti, “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, aggiungendo: “Ma tira un vento forte”.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 17.04.2013)
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