Tempi molto lunghi, dunque. Probabilmente per quella data l’Ilva Spa sarà già diventata una società del tutto autonoma rispetto al gruppo Riva FIRE: un pensiero in meno per il rampollo fuggiasco. Sì, perché è bene ricordare ancora una volta che Fabio Riva non fu arrestato subito dopo l’emissione del provvedimento restrittivo dello scorso 26 novembre, in quanto risultò “desaparecido” per più giorni alla Guardia di Finanza, incaricata dell’esecuzione del provvedimento. Poi, dopo nove giorni di latitanza, il figlio del patron del siderurgico Ilva, Fabio Riva, ruppe il silenzio attraverso un telex inviato da Londra dal sapore grottesco, in cui comunicò alla procura di Taranto la volontà di mettersi a disposizione delle autorità inglesi.
“Ho saputo che è stato emesso un provvedimento di custodia cautelare nei miei confronti. Quando questo è accaduto mi trovavo in Inghilterra. Ho deciso di mettermi a disposizione delle autorità inglesi”. Questo il testo stringato della lettera che gli avvocati di Fabio Riva, Nerio Diodà e Stefano Goldstein, inviarono alla procura di Taranto. Il primogenito del patron Emilio, dunque, “seppe” (chissà tramite chi o quale arcaico mezzo di informazione) del provvedimento di custodia cautelare firmato dal gip Patrizia Todisco e notificato allo studio dei legali di fiducia. Evento che accertò, semmai ce ne fosse stato davvero bisogno, che il rampollo di famiglia si era reso volontariamente irraggiungibile: per fare cosa e andare dove, forse non lo sapremo mai.
Una volta “saputo” dal provvedimento, Fabio Riva si rivolse allo studio degli avvocati BCL Burton Copeland “per essere assistito” e seguendo le “loro indicazioni”, “ho deciso di mettermi a disposizione delle autorità inglesi”. Mossa molto astuta visti i tempi lunghi che sta assumendo l’intera vicenda della sua estradizione. E ben sapendo che la permanenza londinese sarebbe durata molto a lungo, lo stesso scrisse che “a tal fine, ho eletto domicilio presso il loro studio, in Londra, 51 Lincoln’s Inn Fields, Holborn, WC2A 3LZ”. Dunque, dopo aver illuso i pm tarantini a cui aveva lasciato intravedere la possibilità di consegnarsi alle autorità all’indomani del 26 novembre, giorno in cui oltre al suo furono emanati altri sei ordini di arresto, Fabio Riva diventò ben presto un ricercato in tutti i Paesi dell’area Schengen, con tanto di mandato di cattura internazionale.
In realtà, Fabio Riva era irrintracciabile già dalla metà di novembre, periodo in cui lasciò improvvisamente l’Italia: evento che insospettì non poco i pm, i quali collegarono la fuga ad un probabile “avviso” degli arresti imminenti da qualche amico in Procura. Fabio Riva, del resto, non è certo un uomo qualunque: diventato tristemente famoso per l’intercettazione in cui definiva una “minchiata” un paio di tumori in più a causa delle emissioni dell’Ilva, è colui il quale conosce tutti i segreti finanziari della holding di famiglia, la Riva FIRE Spa, della quale é vicepresidente oltre che consigliere, che ha per anni detenuto il 100% dell’Ilva Spa, seppur grazie alla partecipazioni delle holding lussemburghesi. Poi, lo scorso 22 gennaio, la “svolta”: per il gruppo Riva quel giorni il buon Fabio si presentò “volontariamente” alle autorità inglesi, negando il proprio consenso all’estradizione e ottenendo un regime di libertà condizionata, tramite pagamento di una cauzione, attualmente in vigore.
In tutti questi mesi non abbiamo ascoltato una sola parola da parte dei vari ministri, delle istituzioni locali, dei sindacati, di Confindustria ed altri, sul comportamento del vicepresidente del gruppo Riva FIRE. Hanno pensato bene di sostenere la concessione di una nuova AIA all’Ilva, di votare e approvare una legge scandalosamente pro-azienda e di boicottare sino all’ultimo un referendum di consultazione popolare. Ma non una parola hanno speso sulla condotta dei vari componenti del gruppo Riva.
Per un paio dei quali, esattamente il patron Emilio e Nicola (fratello di Fabio), nei giorni scorsi la Cassazione ha confermato i domiciliari dichiarando nelle motivazioni che gli stessi, presidenti dell’Ilva in due periodi storici diversi, erano coscienti e consapevoli che le loro “condotte delittuose” recavano alla salute dei cittadini e dei lavoratori di Taranto nonché alle condizioni dell’ambiente. Non sappiamo se il buon Fabio legga i giornali italiani e locali nel rifugio londinese. Nel caso ciò avvenga, gli mandiamo un messaggio non “criptato” in stile “Radio Londra”: “Preoccupati più della tua coscienza che della reputazione. Perché la tua coscienza è quello che tu sei, la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. E quello che gli altri pensano di te è problema loro” (Charlie Chaplin, Londra, 16 aprile 1889 – Corsier-sur-Vevey, 25 dicembre 1977).
Gianmario Leone (TarantoOggi, 16.04.2013)
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