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Cementir, manca solo l’ok del Comune di Taranto

TARANTO – La vicenda Ilva ha finito con l’oscurare i progetti industriali delle altre grandi aziende presenti sul nostro territorio e impattanti per salute e ambiente: quelli dell’Eni e della Cementir. Ed è proprio del cementificio della famiglia Caltagirone che torniamo ad occuparci ancora una volta. Il progetto “Nuova Taranto”, destinato all’“ampliamento degli impianti produttivi esistenti ed il recupero di efficienza e competitività dello stabilimento produttivo di Taranto”, manca ancora di un tassello. Il rilascio della concessione edilizia che spetta al Comune di Taranto.

A tal proposito, pochi giorni fa, il presidente di Cementir Italia Mario Ciliberto, ha affermato: “Siamo pronti a far partire il nuovo investimento a Taranto anche entro questo mese. Aspettiamo che il Comune ci dia l’ultimo ok, la concessione edilizia, per la quale non ci dovrebbero essere più problemi”. Come si ricorderà, il progetto prevede un investimento totale di 190 milioni di euro. Che serviranno per rifare l’impianto di macinazione e per costruire un nuovo forno (al posto dei tre esistenti), per la dismissione di parte dell’impiantistica del cementificio esistente ed in esercizio dagli anni ’60, per l’integrazione delle nuove linee con i servizi ausiliari e alcuni impianti oggi in uso, per l’integrale sostituzione della linea clinker (costituita da mulino del crudo, forno, recuperatore termico, precalcinatore, griglia di raffreddamento del clinker, e deposito del clinker) e la sostanziale riqualificazione della linea cemento.

Il tutto consentirà di mantenere invariata la capacità produttiva del sito di Taranto: 1 milione e 200mila tonnellate annue di cemento e 800mila tonnellate di clinker. Ma come abbiamo denunciato più volte negli ultimi anni su queste colonne, quei 190 milioni non usciranno tutti dalle casse dell’azienda. La Cementir usufruirà infatti del finanziamento ottenuto dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI), ammontante a circa 90 milioni di euro. Ma anche del finanziamento pubblico a fondo perduto garantito dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale nell’ambito del programma operativo 2007-2013 (PO FESR 2007-2013), che ammonta a 19.031.512,30 euro e che fu approvato in via definitiva dalla giunta regionale nel novembre dello scorso anno.

Tanto per rinfrescare la memoria ai nostri politici e non solo, ricordiamo che il 13 settembre 2011 il progetto ottenne l’ok per la Valutazione d’Impatto Ambientale con la Determina Dirigenziale n.105 del 13.09.2011 della Provincia di Taranto 9° Settore Ecologia e Ambiente. Nello stesso mese, il 30, si svolse una delle più comiche sedute della Commissione Ambiente del Comune di Taranto con la presenza dei dirigenti della Cementir che illustrarono il progetto. Anche se sono passati quasi due anni, è bene ricordare che come compensazione il Comune riuscì a “strappare” la promessa della piantumazione di 100 alberi nella zona industriale (perché in città ne abbiamo sin troppi!) e il rifacimento della pista di atletica del centro sportivo Campo Scuola nel quartiere Salinella. Nonostante il consenso al progetto però, l’amministrazione comunale può ancora fermarne l’iter: senza concessione edilizia infatti, i lavori non partono.

Certo, qualcuno potrebbe anche pensare, non del tutto a torto, che Caltagirone ha grande interesse nel vedere come si concluderà la vicenda Ilva. La cementeria è infatti legata a doppio filo al siderurgico: sorta contemporaneamente al Centro Siderurgico Italsider di cui utilizza le loppe d’altoforno, è entrata in esercizio nel 1964. L’impianto è inoltre direttamente raccordato mediante un nastro trasportatore di grande capacità, alla banchina, dotata di impianto di caricamento natanti per la spedizione di cemento via mare. Sono infatti in concessione alla Cementir la Calata 4 (300 m di lunghezza con pescaggio di 12,5 m) ed un tratto di 167 metri lineari del IV Sporgente Levante del porto: vi si svolgono operazioni di carico e scarico di cemento per un volume annuo di circa 400.000/500.000 tonnellate. Il collegamento tra l’accosto portuale e l’impianto cementiero è assicurato da un ponte mobile e da un nastro trasportatore.

Molti potrebbero essere dunque indotti a credere che, qualora il siderurgico dovesse cessare le sua attività in un prossimo futuro, per effetto domino dovrebbe chiudere anche la Cementir. Ma così non sarà. Perché il buon Caltagirone nel progetto della “Nuova Taranto” ha previsto anche la costruzione di un co-inceneritore, dove verrà smaltito parte del combustibile da rifiuti (Cdr, meglio conosciuto sotto il nome di “eco balle”) prodotto nel territorio della Regione Puglia (e non solo), che andrà ad incrementare con nuovi inquinanti (come ad es. polveri sottili, CO2, etc.) le emissioni dell’azienda. Sul business dei rifiuti Caltagirone si è buttato già da diversi anni, soprattutto in Campania.

A tal proposito, é entrato in vigore il 29 marzo scorso il Decreto n.22 del 14 febbraio 2013, secondo cui alcune tipologie di combustibile solido secondario (CSS) cessano di essere qualificate come rifiuto. Nel decreto si semplificano le autorizzazioni a bruciare CSS proprio nei cementifici e nelle centrali termoelettriche in regime di AIA. Inutile dire che sindacati e Confindustria (“più posti di lavoro e minor impatto ambientale”) si sono schierati sin da subito a favore della “Nuova Taranto”. E che se tra l’ottobre del 2008 e il settembre del 2009 ha occupato in media a Taranto 122,8 persone, con il nuovo impianto a regime darà lavoro a 128 unità (appena 5 unità lavoratori in più), come comunicato dalla stessa azienda. Per un’azienda che nel 2012 ha messo a bilancio ricavi per 976,2 milioni di euro, ed un utile netto di gruppo di 16,5 milioni di euro. Chapeau.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 15.04.2013)

 

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