“A pochi giorni dalla manifestazione tenutasi nelle vie del centro di Taranto che ha visto la partecipazione della cittadinanza, il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, dopo i ripetuti attacchi ricevuti per l’assenza al corteo, avverte la necessità di dover dare una risposta alla cittadinanza stessa e a chi da settimane ci offende definendoci “comprati”, “assoggettati” e “sindacalizzati” ed anche molto peggio. Non abbiamo un listino prezzi perché non siamo acquistabili da nessuno: durante le ultime elezioni non eravamo tra i candidati o sostenitori di candidati come molti asserivano.
Abbiamo solo delle idee differenti su metodi, contenuti e tempi per richiamare una città intera alla partecipazione come quella riscontrabile durante le assemblee pubbliche su temi che riguardano da vicino la gente dei quartieri, gli operai in presidio alle portinerie Ilva, i mitilicoltori, i dipendenti AMIU e AMAT con cui abbiamo avuto il piacere di confrontarci, i genitori della scuola elementare Deledda al rione Tamburi che abbiamo sostenuto e continuiamo a sostenere. Ci teniamo a ribadire, per chi ha memoria corta, la posizione del Comitato ricordando un passaggio di una nostra recente conferenza stampa: “VOGLIAMO IL FERMO IMMEDIATO DEGLI IMPIANTI RITENUTI INQUINANTI CON IL CONSEGUENTE REIMPIEGO DEGLI OPERAI NELLE OPERE DI BONIFICA”.
Contrariamente a ciò che alcuni credono, è opportuno chiarire che sostenere il Gip Patrizia Todisco non significa volere la chiusura dell’Ilva: le ordinanze della Magistratura non impongono il fermo totale degli impianti dell’area a caldo ma, anzi, permettono a 2 dei 5 altoforni di restare in marcia. La manifestazione del 7 Aprile ha avuto come contorno slogan come “TARANTO SENZA ILVA”. Questo non fa altro che ricreare quel solco tra cittadini e operai che dal 2 Agosto abbiamo cercato in tutti i modi di ridurre. Forse, sarebbe opportuno chiedersi come mai neanche quattro mesi fa, era il 15 Dicembre, la manifestazione contro il decreto Salva-Ilva ha visto una partecipazione maggiore di operai che, con le loro famiglie, condividevano i punti di quella piattaforma e che se ci fossero stati il 7 Aprile accanto a quegli slogan oggi avrebbero difficoltà a presentarsi in fabbrica.
Rimane il fatto che quando la città si muove è sempre un evento da considerare positivamente; a questo movimento però va dato un seguito, più partecipato e più frequente a prescindere dai risultati ottenuti dalla Magistratura e dalla recente e scontata decisione della Consulta. La stessa, lo ricordiamo, è composta da giudici per 1/3 nominati dalle supreme magistrature e per 2/3 da quelli nominati dal Presidente della Repubblica e dal Parlamento, gli stessi che hanno caldeggiato e convertito in legge a tempo di record il decreto Salva-Ilva.
La sfida che il Comitato si è posta è proprio quella di abbattere quel muro creato ad arte per favorire il ricatto occupazionale e l’immobilismo che da decenni separa cittadini e operai, muro che sembrava essere stato abbattuto il 2 Agosto ma che pare si sta rialzando clamorosamente in questi giorni. In un contesto simile, riteniamo riduttivo usare parole d’ordine molo semplici come “Ilva SI” o “Ilva NO”. La questione è complessa e, probabilmente, è opportuno affrontarla tenendo conto di tutte le istanze emerse.
Domenica 14 Aprile la città è chiamata a dare un’altra risposta con il Referendum CONSULTIVO sulla chiusura totale o parziale dello stabilimento: un’altra divisione, insomma. Forse, sarebbe stato più opportuno un terzo quesito: “Volete voi cittadini che l’Ilva venga chiusa con il conseguente reimpiego degli operai nelle opere di bonifica?”. Lo Stato sperpera 400.000 euro per chiederci un’opinione non applicabile poiché questo referendum non obbliga nessuno a fare ciò che il popolo chiede. Trattasi, comunque, di uno strumento di democrazia diretta che consente agli elettori di fornire il proprio parere su un tema specifico così importante.
Troviamo più corretto ribadire a gran voce “CHI INQUINA PAGA!” affinché tutti i responsabili di questo disastro risarciscano i danni inflitti a questa città. Non bisogna permettere a chi ha defraudato il territorio di abbandonare tutto chiudendo la fabbrica e divincolandosi da responsabilità accertate, esattamente come è successo a Brescia, una realtà con la quale il Comitato si è di recente confrontato, avvelenata e abbandonata dalla Caffaro Chimica s.r.l.. Alziamo la testa, ogni giorno. Noi ci saremo ogni qualvolta vi sarà un’occasione di confronto alla pari al fine di costruire insieme sui punti che abbiamo in comune”.
Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti
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