Le emissioni delle
ciminiere della Tirreno Power di Vado Ligure sarebbero alla base di molti casi di cancro nella popolazione di Vado e delle zone limitrofe della centrale. Ci sarebbe cioè
un nesso di causalità tra l’inquinamento e i decessi per malattie cancerogene da inquinamento. Ancora una volta è la magistratura che si fa carico della responsabilità di tutelare la salute dei cittadini, eventualmente a discapito delle ragioni dell’economia. Non più tardi dello scorso dicembre, il Sindaco di Vado Ligure in un’incredibile dichiarazione pubblica ammetteva di aver sacrificato la salute dei cittadini savonesi per salvaguardare le sorti di Tirreno Power e dei posti di lavoro.“Non abbiamo chiesto la riduzione delle emissioni di Tirreno Power perchè ne avremmo decretato la chiusura” aveva detto, aggiungendo che in campagna elettorale non ne avevano promesso la chiusura. Intanto la Corte ha sancito la costituzionalità della legge salva-Ilva. Come scrive oggi Adriano Sofri “una legge controfirmata dal presidente della Repubblica, caldeggiata vastamente in nome delle ragioni superiori dell’economia. Fra una netta gerarchia di valori e un bilanciamento degli interessi concorrenti, gli interpreti conservatori della Costituzione italiana prediligono il secondo. Procura e gip tarantini avevano scelto la prima: in soldoni, la salute viene prima”. Una notizia Ansa di oggi, riportata dal sito di Peacelink, informa che “la mancata copertura dei nastri trasportatori, l’area di carico-scarico dei materiali, i parchi di deposito dei materiali, il mancato contenimento delle emissioni in vari reparti, sono le criticita’ rilevate dal 5 al 7 marzo dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) all’Ilva di Taranto sul rispetto delle prescrizioni Aia e fatte proprie dal Garante per l’attuazione dell’Aia, Vitaliano Esposito, che le ha segnalate ai ministri all’ambiente e alla sanità e al prefetto”. Ora che la legge c’è, come pure le prescrizioni e finanche i controlli, l’attività prosegue e le violazioni restano confinate nell’area delle “criticità”. Le stesse “criticità” che raccontano di eccedenze di malattie ambiente-correlate, non necessariamente tumori, ovunque si trovino impianti inquinanti – acciaierie, inceneritori, centrali a carbone – nei pressi dei centri abitati. Al netto delle violazioni – in qualche modo tollerate – seguitiamo a privilegiare la soglia di inquinamento socialmente accettabile in luogo di quella biologicamente accettabile.
Come ha sostenuto il dottor Giovanni Ghirga nel recente convegno di Savona su Inquinamento e reati ambientali, “la salute è minacciata anche quando l’inquinamento rientra nei limiti di legge, perché la legalità ambientale può solo ridurre, ma assolutamente non evita, i danni alla salute e all’ambiente (anche nei luoghi di lavoro). Cosa significa che un inquinante è nei limiti della norma? Occorre distinguere fra la soglia socialmente accettabile, e la soglia biologica. Mentre la soglia socialmente accettabile è quantificata sulla base di logiche che sono in parte scientifiche, in parte economiche e politiche, la soglia biologica si basa solo sui dati sperimentali. E per i dati sperimentali, come sa ogni cancerologo che abbia studiato questi problemi, non esiste una soglia limite. Inoltre, i limiti sono “tarati” su individui adulti, mentre andrebbero posti a difesa dei più deboli: i bambini.” Per tutelare la salute dei bambini allora qualcuno si inventa improbabili “progetti”
,come quello realizzato per la scuola del
quartiere Fossamastra della Spezia, partecipato da Enel e dal Comune della Spezia. La scuola è stata dotata di
speciali filtri di depurazione dell’aria e di apposite barriere verdi. Evidentemente si deve trattare di
un caso speciale. Infatti così è, considerato che la scuola affaccia su una delle strade più inquinate della città. E che solo la strada la “separa” dalla movimentazione dei
container, dai
cantieri navali, dal pontile di
carico e scarico del carbone di Enel. E intanto si accumulano le “criticità”, come quelle riscontrate da Arpal nel corso di un intervento a seguito della dispersione “accidentale” delle ceneri della combustione del carbone.
Durante l’intervento – si legge dal
rapporto Arpal –
“sono emerse talune criticità in merito alla movimentazione delle scorie derivanti dalle centrifughe gessi le quali scendono, attraverso una tubazione, all’interno di un cassone scarrabile … risultava carico oltre l’altezza delle sponde e parte del materiale risultava depositato al suolo… Rimane la necessità di imporre all’azienda di predisporre idonee barriere atte al contenimento della polvere derivante dalla precipitazione nel cassone delle scorie gessi, una maggior manutenzione alle aree ove possano depositarsi sostanze polverose che con il passaggio dei mezzi potrebbero sollevarsi ed una migliore gestione delle porte di accesso ai capannoni (risultavano aperte sia quella del capannone deposito gessi che del capannone silos ceneri) tutto ciò al fine di contenere eventuali emissioni diffuse”.
Se la legge e le amministrazioni salvaguardano l’economia, occorre accettare che siano le procure a tutelare la salute dei cittadini. Il Procuratore Guariniello ha recentemente rilanciato la sua proposta per l’istituzione di una Procura nazionale contro i reati ambientali, senza nascondere le difficoltà: “La sfida è che questa procura nazionale poi funzioni realmente perché le situazioni vanno affrontate e non nascoste”. Come prevede la nostra Costituzione (Art. 32), per tutelare la salute come diritto dell’individuo e interesse della collettività affinché l’iniziativa economica non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, la libertà e la dignità umana (Art. 41).