Le grane per i mitilicoltori del primo seno di mar Piccolo, i cui fondali sono pesantemente contaminati da diossine e pcb, principalmente sversati in più di un secolo di cantieristica navale, continuano dopo aver già perso due annate consecutive di produzione. Anche il trasferimento dei mitili in Mar Grande, già rischioso per la produzione a causa delle diverse caratteristiche idrologiche del bacino, è messo in dubbio dal provvedimento emesso dai Servizi Veterinari della Asl che “revoca in autotutela della Dia sanitaria rilasciata dallo stesso ufficio per l’attività di molluschicoltura nella Concessione Dem. n. 56 del 27.11.2012 rilasciata dal Comune di Taranto in mar Grande (Lungomare)”.
Nuova Dia che potrà essere rilasciata esclusivamente a seguito della classificazione della suddetta area. Ancor più preoccupante, il 31 marzo 2013 è stato il termine ultimo per lo spostamento del novellame ancora presente nel primo seno di mar Piccolo e dall’1 aprile 2013 è scattata la revoca della Dia Sanitaria del 10 ottobre 2012, riferita alla concessione demaniale n. 79 del 17.11.2004 e n. 15/2012, rinnovata dal Comune di Taranto nel primo seno di mar Piccolo. La revoca della Dia fa calare pesanti ombre sulla possibilità di salvare la mitilicoltura jonica. Il Centro Studi Documentazione e Ricerca Le Sciaje non può che schierarsi in difesa di un’attività tradizionale di infinito valore economico, storico e culturale per la città. In più di due anni di attività, infatti, abbiamo monitorato l’andamento della vertenza attraverso la campagna di informazione e sostegno SAVE MAR PICCOLO.
Soprattutto, rivendichiamo insieme ai mitilicoltori la ferma necessità di difendere la biodiversità locale. Biodiversità professionale, in tempi in cui è pressante la necessità di uscire dalla monocultura della grande industria, nonché biodiversità in senso ecologico. La cozza tarantina, infatti, non è espressione di mero campanilismo ma una varietà della specie Mytilus galloprovincialis, evoluta in virtù delle tipicità uniche dell’habitat Mar Piccolo, culla della mitilicoltura moderna. Impedire nel primo seno la riproduzione dei mitili e la raccolta del “seme”, ovvero delle piccole cozze appena passate dalla fase larvale alla fase sessile, rischia di determinare la perdita definitiva della preziosa varietà locale. E’ il caso di ricordare che l’ecologia non è un’opinione: i ritmi riproduttivi non seguono le procedure burocratiche e una specie, una volta persa, è persa per sempre. Il “seme” del primo seno, per altro, alimenta l’80% della mitilicoltura tarantina.
Riteniamo, però, di vincolare il nostro sostegno non ad una semplice richiesta di rimborso economico priva di strategia di sviluppo. Questo tipo di politiche, infatti, è sempre stato alla base di clientele e di inutili accanimenti terapeutici su attività da riformare drasticamente. E’ questo il caso della mitilicoltura tarantina: decenni di malagestione, di isolamento dei virtuosi e di laissez faire hanno fatto danni comparabili con quelli dell’inquinamento ambientale. E’ oggi il caso, invece, di richiedere fortemente sostegno economico alle istituzioni – e giusti risarcimenti da parte di chi ha inquinato – ma in vista di una radicale svolta nella gestione della molluschicoltura. Un settore che, con una nuova e partecipata progettualità e adeguate bonifiche, coinvolgendo esperti del settore come i ricercatori dell’Istituto Talassografico, un vero e proprio patrimonio di conoscenze, potrebbe diventare un importante volano di sviluppo per la città, indirizzandosi verso una produzione sostenibile, di qualità e caratterizzata localmente, valorizzando le vocazioni marinare di Taranto e garantendo occupazione svincolata da ricatti ambientali.
Nota stampa dell’associazione Le Sciaje
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