Ilva, ieri un altro incidente
TARANTO – Ancora un incidente all’Ilva. Il sesto dall’inizio dell’anno. In pratica due al mese: un bel record, non c’è che dire. Ma questa volta, a differenza delle ultime due, ci è scappato il ferito. E poteva anche andare peggio. L’operaio coinvolto, il 37enne Mario Gelo di Francavilla Fontana (Brindisi), si è procurato una frattura ad una caviglia: l’incidente è avvenuto nel reparto PLA 2 (Area Produzione Lamiere) dello stabilimento.
Mentre era intento a regolare delle guide che servono a mettere in linea le lamiere, il piede destro gli è rimasto incastrato tra la stessa lamiera e il rullo causandogli la frattura scomposta della caviglia. Gli altri colleghi presenti lo hanno aiutato a liberarsi per poi lanciare subito l’allarme. L’operaio è poi stato ricoverato in ospedale nel reparto di Ortopedia, con una prognosi di 35 giorni. Il reparto produzione lamiere 2 dove si è verificato l’incidente, era ripartito lo scorso 21 marzo dopo un periodo di fermo, per preparare le lamiere che consentiranno, ai primi di aprile, la rimessa in marcia dei Tubifici 1 e 2 del siderurgico.
Appena venuti a conoscenza dell’accaduto, i “solerti” sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm hanno chiesto un incontro immediato alla dirigenza Ilva per chiarire la dinamica dell’incidente. Per poi proclamare uno sciopero immediato, che terminerà alle 7 di stamane, di tutti i dipendenti del Pla2. Secondo quanto sostenuto dai sindacati, sarebbero state ignorate le norme di prevenzione nonostante i solleciti arrivati ultimamente dalla Prefettura sull’adozione di un protocollo di sicurezza. “Il nuovo infortunio, verificatosi all’Ilva, mette in luce il calo di attenzione da parte dell’azienda sui temi della sicurezza. Dopo un triennio fruttuoso senza infortuni gravi, negli ultimi mesi si sta riproponendo un triste e angoscioso scenario, al quale non eravamo più abituati”.
Questo quanto dichiarato dal segretario generale FIM-CISL Ta-Br, Mimmo Panarelli, che si chiede “come mai registriamo questa improvvisa impennata di infortuni? Gli ottimi risultati, ottenuti negli ultimi anni, in termini di indici d’infortunio, avranno un po’ cullato l’azienda? Quesiti che meritano risposte certe. Da parte dell’azienda esigiamo chiarimenti. Non è possibile riproporre alle cronache quotidiane notizie che vanno in controtendenza con l’impegno che noi tutti da sempre profondiamo”. Domande che non è chiaro a chi siano rivolte, visto che i sindacati sono presenti all’interno dell’azienda con le RLS (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza). O almeno dovrebbero. Visto che soltanto dopo il sopralluogo effettuato dalle stesse RLS e dalle RSU, è emerso un quadro molto poco chiaro: “Riteniamo un fatto gravissimo l’aver ignorato le basilari norme di sicurezza, fatto non nuovo nel reparto PLA2, per il quale era già stato chiesto l’intervento della gestione di reparto e del SIL (Sicurezza lavoratori)”. Tesi che confermerebbe quanto da tempo sostengono gli operai: ovvero che dell’Ilva sia saltato il sistema di sicurezza interno. Ancora più dura la presa di posizione del sindacato di base, l’USB.
“Siamo in una situazione paradossale nella quale si accettano supinamente i dettami della proprietà, si consente a quest’ultima il continuo ricorso agli ammortizzatori sociali, ai contratti di solidarietà, alla messa a riposo forzato dei lavoratori, mentre si deve continuare a produrre bypassando le procedure di sicurezza per velocizzare le attività, come siamo convinti sia accaduto anche per l’incidente odierno”. Francesco Rizzo e Lorenzo Semeraro del coordinamento provinciale USB di Taranto, commentando l’incidente si chiedono “a cosa servano i tavoli istituzionali e le kermesse dei sindacati Cgil, Cisl e Uil, Fim, Fiom e Uilm, che in prefettura discutono e siglano protocolli d’intesa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, mentre si dice che centinaia di migliaia di euro vengono spesi per pagare società esterne, straniere, per sviluppare concetti ‘altamente qualificati’ sulla materia”. Non fa una piega, quindi, la conclusione a cui arriva l’USB (che per inciso è la stessa che sosteniamo da mesi su queste colonne): “Si deve avere il coraggio di fermare gli impianti e ripristinare le misure di sicurezza invece di mandare uomini a morire”.
Del tutto diversa, invece, la ricostruzione del direttore dello stabilimento, l’ing. Antonio Lupoli. Il quale addossa in pratica al lavoratore la colpa dell’accaduto. “L’operatore, durante l’esecuzione dell’intervento,inavvertitamente attivava un ‘sensore presenza lamiera’ che provocava l’avanzamento di alcuni centimetri di una lamiera determinando il contrasto del piede destro tra la stessa e il piano della via rulli”. Il direttore Lupoli, dopo essersi “immediatamente informato delle condizioni del lavoratore”, ha poi ammonito gli 11mila lavoratori dell’Ilva ricordando loro come “Non bisogna mai abbassare i livelli di guardia sulla sicurezza”.
Tesi alquanto rischiosa, visto che negli ultimi tempi accadono incidenti che mettono a rischio della stessa vita gli operai, ma non certo per loro mancanze. A tal proposito ricordiamo che l’Ilva nel 2011 ottenne per il secondo anno consecutivo il “Premio Missione Sicurezza”. Ed in un convegno studi dal titolo “Capitale Umano d’Impresa, organizzazione e flessibilità” fu assegnato allo stabilimento di Taranto il Premio “Aldo Fabris” per le politiche aziendali in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. Erano gli anni belli in cui tutto era possibile. Ma al di là di tutto, è intollerabile che gli operai rischino ogni giorno la loro vita entrando in fabbrica. Di morti da piangere ne abbiamo avuti sin troppi. “Non voglio raggiungere l’immortalità con il mio lavoro. Voglio arrivarci non morendo” (Woody Allen).
Gianmario Leone (TarantoOggi, 30.03.2013)