A Taranto “l’aria è più buona…” – Stefàno e Clini da censura

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Foto di Peppe Carucci

TARANTO – Lo avevamo previsto già ieri. Ma non è che servisse chissà quale intelligenza o abilità nella preveggenza. Ieri mattina a Bari, presso la sede dell’assessorato regionale all’ambiente, è andato in scena l’ennesimo teatrino delle nostre istituzioni in merito all’inquinamento dell’aria della nostra città. Come avevamo previsto, motivo di vanto da mettere bene in vetrina come risultato ottenuto grazie alla politica “imposta” dalla Regione Puglia, i risultati dei dati sulla qualità dell’aria del rione Tamburi degli ultimi quattro mesi del 2012. E’ stato sottolineato l’azzeramento dei superamenti del valore limite giornaliero di 50ng/m3 previsto per il PM10 dal mese di settembre registrati, a differenza di quanto accaduto fino ad agosto dello scorso anno anche con il sequestro in atto, dalle centraline di Via Machiavelli e di Via Archimede. Così come il valore medio di benzo(a)pirene del 2012 di 0,86 ng/m3, il più basso dal 2008.

Nella relazione pubblicata la scorsa settimana, l’ARPA Puglia sosteneva come “tale decremento non può non mettersi in connessione con le significative variazioni nelle modalità di esercizio degli impianti che, a Taranto – sulla base di tutti gli studi e delle evidenze sperimentali disponibili – risultano essere in modo predominante all’origine delle concentrazioni di tali inquinanti rilevate nel quartiere Tamburi, ovvero quelli ascrivibili all’area a caldo dello stabilimento siderurgico ILVA. Si può desumere quindi che le variazioni di gestione, introdotte in seguito alle attività della magistratura e, anche, per l’attivazione del Piano per il risanamento dell’aria promulgato dalla Regione Puglia”.

Per fortuna l’assessore Nicastro ha quanto meno sottolineato come non sia “il momento, per evidenti ragioni, di cantare vittoria né di abbandonarsi a facili entusiasmi” e come ci sia “ancora tanto lavoro da fare”. Ma l’occasione è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Ed allora, dopo aver ironicamente sottolineato come negli ultimi mesi ci sia stata “una campagna mediatica su Taranto che ha tratteggiato un quadro desolante in termini ambientali”, arriva l’illuminazione: “se piccoli interventi hanno prodotto risultati così significativi la completa applicazione delle prescrizioni, su cui siamo tutti impegnati a richiamare i soggetti responsabili, potrebbe davvero restituire una maggiore serenità ai tarantini rispetto alle problematiche ambientali”.

Peccato che quelle prescrizioni, piccole o grandi che siano, sarebbero dovute essere applicate già da anni, come ad esempio la copertura dei nastri trasportatori (atti d’intesa 2003, ndr). E, soprattutto, che le istituzioni avrebbero dovuto vigilare sul rispetto di quelle prescrizioni e dei tanti accordi capestro firmati negli anni. Siamo dovuti arrivare al sequestro dell’area a caldo da parte della magistratura e consegnare la gestione della stessa ai custodi giudiziari per iniziare a vedere qualche risultato e soprattutto una gestione umana di un’azienda che ha causato all’ambiente ed alla salute dei cittadini, costi disumani e mai più risarcibili. Perché al di là di quello che si sostiene oggi, è evidente che senza sequestro da parte della magistratura, la storia non sarebbe cambiata di una virgola. Per carità, lungi da noi plaudere a questi risultati “ambientali”.

Avremmo infatti apprezzato che l’assessore Nicastro, così come il sindaco Stefàno presente ieri, invece di dichiarare come “in relazione alle prescrizioni Aia, Ilva debba percorrere molta strada”, avrebbero denunciato pubblicamente quanto sostenuto dall’ARPA e da ISPRA. In un rapporto (pubblicato su queste colonne lo scorso 15 marzo) che l’ente regionale per la protezione ambientale ha consegnato alla Procura di Taranto, depositato in sede di discussione al Riesame sull’ultima istanza presentata dall’Ilva in merito all’acciaio sequestrato, l’ARPA ha messo nero su bianco quanto segue: “la situazione ambientale dello stabilimento non registra segni di miglioramento e la direzione non rispetta le prescrizioni AIA” e che “a parere dell’Agenzia, i differimenti temporali dell’attuazione delle prescrizioni non fanno altro che incrementare il danno ambientale”.

Per quanto riguarda l’ISPRA, abbiamo visto ieri come i tecnici, durante la loro ispezione dei primi di marzo, abbiano evidenziato il non rispetto di alcune prescrizioni, alcune delle quali presenti nel Piano di risanamento dell’aria varato dalla Regione, come ad esempio gli accorgimenti che l’Ilva deve attuare in presenza dei famosi “wind days”. Inoltre, sempre ieri mattina, il direttore dell’ARPA Giorgio Assennato ha tenuto a precisare che “per quanto riguarda le diossine continua ad esserci una qualche deposizione: l’unico problema è legato al fatto che non ci devono essere pecore al pascolo nell’aria circostante l’impianto, come è vietato dall’azienda sanitaria locale”.

Il divieto arrivò tramite un’ordinanza della Regione Puglia datata febbraio 2010: siamo a marzo 2013, oltre tre anni dopo. E nel dicembre del 2011 la stessa ARPA sostenne come il problema diossina a Taranto fosse stato oramai risolto. Oggi, invece, si sostiene che quello della diossina sia ancora un problema. Ma la “palma” d’oro va assegnata in ex equo al sindaco di Taranto Ippazio Stefàno ed al ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Il primo, presente ieri a Bari, ha sostenuto come “sarebbe meglio tranquillizzare ancora di più i cittadini, facendo una verifica sanitaria sulle patologie correlate a questi inquinanti: per questo lancio un appello alla ASL per un monitoraggio sulle patologie correlate, ad esempio sui tumori e sulle affezioni respiratorie”. Una verifica sanitaria? Un monitoraggio? Un appello? Ma il Sindaco è a conoscenza del fatto che a breve sapremo i risultati definitivi del registro tumori di Taranto per gli anni 2006-07-08? Si ricorda di essere la massima autorità sanitaria in città? Perché non lo impone lui questo benedetto monitoraggio? Mistero.

Clini invece, ha preferito recitare il ruolo di avvoltoio. “Mi sembra che l’AIA sia servita, e i risultati si vedono. La qualità dell’aria è migliorata. Nell’autorizzazione abbiamo messo un crono programma di interventi per il miglioramento della qualità dell’aria. Hanno fatto un sacco di cose: hanno spento l’altoforno, chiuso 5 batterie, spostato il limite e la distanza dei parchi minerali. i risultati si vedono”. In pratica, l’esatto contrario di quanto sostenuto ieri. Ennesima dimostrazione di come il ministro non si prenda nemmeno la briga di leggere con attenzione le relazioni dei tecnici di ARPA e ISPRA. Altro che ministro “tecnico”.

G. Leone (TarantoOggi, 27/03/2013)

 

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