I fanghi della ex Belleli a Brindisi – 15mila tonnellate di rifiuti speciali stoccati illecitamente

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TARANTO – A sentire certe cose vien da pensare che al peggio non ci sia mai fine. Nella giornata di ieri a Brindisi, lungo la strada statale 16 Brindisi-San Vito dei Normanni, in località “Contrada Chiusura Grande” e località “Mascava”, nell’ambito di specifici servizi di controllo ambientale, i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico (NOE) di Lecce, al comando del maggiore Nicola Candido, hanno sottoposto a sequestro preventivo d’urgenza una cava dismessa ed un’area agricola, estese complessivamente per circa 30mila metri quadrati, all’interno delle quali erano stati illecitamente stoccate e tombate 15mila tonnellate di rifiuti speciali, costituiti da fanghi di dragaggio provenienti dal porto di Taranto relativi all’area “ex Yard Belleli”, inerti da demolizioni edili, conglomerato bituminoso, plastiche e rifiuti ferrosi.

I primi accertamenti hanno escluso “la possibilità che i fanghi di dragaggio possano essere utilizzati per ripristini ambientali in terreni agricoli, essendo gli stessi impiegabili solo per ricolmamenti in aree ad uso industriale con falda acquifera naturalmente salinizzata”, come si legge nel decreto della Procura. Al momento sono quattro le persone la cui posizione è al vaglio della Procura della Repubblica di Brindisi: si tratta dei proprietari della ex-cava e del terreno agricolo, nonché del titolare della società di autotrasporti e di un autista che è stato sorpreso all’atto del controllo mentre era intento a scaricare i rifiuti in uno dei due siti. Per tutti l’ipotesi di reato contestata è quella della gestione illecita di rifiuti speciali  ed esercizio di discarica abusiva. Mentre le indagini proseguono per approfondire ulteriori aspetti della vicenda, il pubblico ministero, Giuseppe De Nozza, ha già provveduto a convalidare il sequestro d’iniziativa operato dal NOE.

L’area ex Belleli di Taranto, sito industriale interessato dalla bonifiche e in cui, a partire dal 1981, sono stati prodotti elementi di piattaforme petrolifere, la conosciamo fin troppo bene dalle nostre parti. Così come lo stato del suo inquinamento. Un documento curato dalla dott.ssa Mina Lacarbonara di ARPA Puglia datato 2009 e pubblicato su queste colonne nel 2011 (consultabile anche sul sito www.inchiostroverde.it al link (https://www.inchiostroverde.it/news/sito-contaminato-di-taranto-ecco-cosa-diceva-arpa-puglia-nel-2009.html) che si soffermava sui dati relativi ai siti contaminati della Regione Puglia, prendeva in considerazione anche e soprattutto l’area del SIN di Taranto. Nella sezione riguardante il suolo, si leggeva che “i campioni su cui è stata riscontrata contaminazione dovuta ad una o più sostanze sono circa il 3% del totale, con un massimo del 50% nell’area ex Yard Belleli. Gli inquinanti maggiormente presenti sono gli IPA (circa 60% dei superamenti delle concentrazioni definite dalla legge vigente) e metalli pesanti, prevalentemente concentrati nell’area ex Yard Belleli”.

Per quanto riguardava la situazione della falda, si leggeva invece che “nell’area ex Yard Belleli le acque di falda sono risultate contaminate in maniera diffusa da arsenico, nichel, selenio, idrocarburi totali, fluoruri, solfati ed in forma puntuale da IPA”. Sempre nel 2009, a proposito della bonifica dell’ area ex Yard Belleli, scoppiò una polemica tra ministero dell’Ambiente e Regione Puglia. Dagli uffici di via Cristoforo Colombo, rispondendo ad una richiesta dell’Autorità Portuale di Taranto per l’uso dell’area ex Yard Belleli dopo avvenuta caratterizzazione e possibile bonifica secondo il progetto predisposto da Sviluppo Italia per conto del Commissario all’Emergenza Ambientale, si lamentava di come l’intervento di messa in sicurezza “non risulta ad oggi attivato”: dimenticando però di aggiungere che il costo dello stesso, ammontante a 12 milioni di euro, rientrava nei fondi FAS previsti dall’Accordo di Programma Quadro del SIN di Taranto che fu congelato dallo stesso Ministero dopo che si dichiarò disponibile (dicembre 2008) ad un’erogazione di appena 8 milioni a fronte degli oltre 102 necessari per la prima fase.

L’anno dopo, siamo nel dicembre del 2010, l’assessore regionale all’ambiente Lorenzo Nicastro, facendo il rendiconto delle azioni del suo assessorato, ricordò gli “Accordi di programma quadro tutela e risanamento ambientale (fondi CIPE)” per un impegno totale di 24 milioni di euro (liquidati 4.605.500 milioni), tra cui figurava anche “Intervento di messa in sicurezza in emergenza della falda Sito ex Yard Belleli nel SIN di Taranto”, per un finanziamento di poco più di 10 milioni di euro. In ultimo, nel piano di interventi previsti nell’accordo dello scorso 20 giugno per “lo sviluppo dei traffici containerizzati nel porto di Taranto e per il superamento dello stato d’emergenza socio economico ambientale”, alla voce interventi al punto “a”, troviamo ancora una volta “intervento di messa in sicurezza e bonifica della falda in area ex Yard Belleli , funzionali alla realizzazione della cassa di colmata per l’ampliamento del V sporgente”. Soldi mai utilizzati. Messa in sicurezza mai realizzata. Finanziamenti pubblici persi nel nulla. Insomma, sempre la solita storia. Certo è che qualcuno, qui a Taranto, dei fanghi stoccati a Brindisi dovrà pur sapere qualcosa. Staremo a vedere.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 26.03.2013)

 

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