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Ilva, Slai Cobas: denuncia alla Procura contro cassa integrazione

«Se la verifica che azienda e sindacati confederali stanno facendo all’Ilva, reparto per reparto, sui numeri finali dei lavoratori in cassa integrazione è come quella iniziata all’Acciaieria 1, che ha portato soltanto a una riduzione da 550 chiesti dall’Ilva a 501, è chiaro che questa “verifica” è un bluff». Lo afferma lo Slai Cobas che aggiunge: «Non bisogna cadere nella trappola dei numeri. I sindacalisti di Fim e Uilm che vengono a parlare di “verifica” nei reparti vanno isolati. E’ tutta la cassa integrazione che va respinta». Per lo Slai Cobas “l’Ilva usa la messa a norma per scaricare una parte dei suoi costi sui lavoratori. E nessuna promessa di “Pinocchio” di Ferrante di oggi può garantire che, dopo quasi tre anni, con più della metà dei lavoratori fuori dalla fabbrica e quindi con una forza debole all’interno, tutti i lavoratori rientrerebbero nel proprio posto di lavoro”.

«Lo scorso settembre – riporta lo Slai Cobas – il procuratore Sebastio dichiarò: «Se l’Ilva decidesse di ambientalizzare la fabbrica, non solo dovrebbe tenere al lavoro tutto il personale che ha, ma assumere anche altro personale, con una ricaduta di indotto che i custodi hanno valutato nell’ordine di alcune migliaia di persone”. Questa settimana  –  prosegue il sindacato –  presenteremo  una denuncia penale alla Procura e chiederemo al procuratore Sebastio di essere coerente con quelle dichiarazioni per bloccare una cassa integrazione che è  evidentemente una truffa da parte di Riva/Ferrante (come altre fatte in passato, tipo il cambio-tuta). Ciò per pagare con i soldi risparmiati sui lavoratori in cig e con i soldi dello Stato, e quindi di tutti i cittadini, una parte della messa a norma che dovrebbe pagare invece con i suoi profitti”. Si legge, infine, nella nota stampa del sindacato: “Chiaramente questo esposto acquista più forza se i lavoratori si mobilitano. E ribadiamo che senza il blocco della fabbrica e della città questa situazione non cambierà e gli operai sono le vittime sacrificali. Chi dice il contrario è un imbroglione e inganna i lavoratori”.

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