Ilva, il Garante arriva sulla luna

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TARANTO – Guardando le foto del sopralluogo del Garante per l’AIA Vitaliano Esposito avvenuto ieri all’interno dell’Ilva, abbiamo avuto un improvviso déjà vu. Accompagnato dai tecnici dell’ISPRA, che in questi giorni sono impegnati nelle attività di verifica dello stato di attuazione da parte dell’azienda delle prescrizioni previste dall’AIA, Esposito è stato accolto dal neo direttore dello stabilimento, Antonio Lupoli, dal responsabile ente Ecologia e dal Referente per l’applicazione AIA, tutti rigorosamente in tuta e caschetto griffati Ilva.

Nella nota aziendale si legge: “Il Garante ha voluto verificare personalmente lo stato di attuazione delle prescrizioni previste dall’Autorizzazione Integrata Ambientale e in particolare l’area parchi minerali, per il controllo del rispetto della fascia di contenimento, la predisposizione delle attività per l’installazione dei Fog Cannon nonché la realizzazione della barriera frangivento. A seguire, Esposito ha esaminato lo stato di avanzamento delle prescrizioni relative alla chiusura degli edifici e dei nastri trasportatori, ed ha voluto incontrare personalmente una rappresentanza delle maestranze presso una delle mense dello stabilimento”.

Ma qui a Taranto e dentro l’Ilva, di queste scenette ne abbiamo viste a bizzeffe negli ultimi anni. Inoltre, leggendo che il Garante ha voluto visitare l’area parchi minerali, abbiamo provato una certa “invidia”. Visto che ha avuto il privilegio di visitare un’area “unica nel mondo”. Sì, perché forse in molti hanno già rimosso dalla loro memoria quanto abbiamo vissuto sino a prima di quel famoso 26 luglio 2012. Era il week end del 26 e 27 maggio dello scorso anno, quando l’Ilva ebbe la “grande idea” di aprire le porte dello stabilimento alla cittadinanza, per poter “ammirare” da vicino e con i propri occhi le tante bellezze di quello che su queste colonne definimmo il “Luna Park Ilva” di Taranto.

Forse il Garante non ne è a conoscenza, ma all’epoca l’area da lui visitata fu così definita dall’azienda: “un sito industriale di cui è impossibile raccontarne la complessità ed il fascino”, dotato di “sterminati paesaggi lunari dei parchi minerari, della maestosità degli altiforni e dell’incedere continuo di lingue incandescenti sui treni nastri”? Peccato che tutte queste magnificenze siano finite persino nel mirino del ministro dell’Ambiente Corrado Clini, che nell’AIA ha ordinato lavori in tutte le aree sopra citate. Chissà se il Garante sia rimasto esterrefatto di fronte a cotanta bellezza. Chissà, magari si sarà sentito nei panni del pilota e astronauta americano Neil Armstrong, che nel 1969 mise piede sulla luna. O magari avrà avuto i brividi di fronte alla maestosità degli altiforni o si sarà emozionato come fosse di fronte l’Etna ammirando le lingue incandescenti dei treni nastri. Chissà se avrà ammirato “le tecnologie per il contenimento delle emissioni”. Chissà. Questo non lo sapremo mai. Ma certamente tutto questo appartiene soltanto al magico mondo dell’Ilva.

Perché la realtà è ben diversa. Il Garante dovrebbe infatti prendere provvedimenti nei confronti di un’azienda che se da un lato lo porta in giro per mostrare i “passi in avanti” nell’ottemperanza delle prescrizioni previste dall’AIA, dall’altro non vede l’ora di mandare in cassa migliaia di lavoratori, in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale. Il Garante dovrebbe pretendere serietà da un’azienda che invece continua a vivere in una sorte di limbo, visto che racconta di lavori e attività in corso, quando deve ancora presentare un piano industriale e soprattutto un piano investimenti che certifichi la copertura finanziaria dei lavori che si presume dovranno essere portati a termine entro il 2015.

Il Garante dovrebbe prendere provvedimenti nei confronti di un’azienda che continua ancora oggi a chiedere deroghe su provvedimenti che avrebbe dovuto prendere anni addietro. La copertura dei 90 km dei nastri trasportatori, promessi ben 12 anni fa, doveva essere conclusa a fine gennaio. L’Ilva ha chiesto una proroga sino al 2015, perché i nastri alimentano l’attività del siderurgico che “ovviamente” non deve essere fermata. E’ come se l’Ilva dicesse al ministero dell’Ambiente, ai tecnici dell’ISPRA ed al Garante, “tranquilli, li copriremo da tutti e quattro i lati: ma con i nostri tempi e non con i vostri”. E’ un atteggiamento inaccettabile e intollerabile. Perché quei nastri scoperti contribuiscono ad inquinare soprattutto l’interno della fabbrica dove lavorano migliaia di lavoratori.

Per non parlare della situazione dei parchi minerali. Questi “sterminati paesaggi lunari” che per anni hanno inquinato il rione Tamburi, hanno diffuso polveri ovunque, dovrebbero essere coperti entro il 2015. Dovrebbero, appunto: perché sino ad oggi siamo ancora alla fase delle progettazioni (ma qualcuno questi progetti li ha visti?). Non solo.

Perché nelle varie prescrizioni sin qui attuate dall’Ilva nella gestione dei parchi minerari, ce ne sono alcune davvero “rivoluzionarie”: come “l’intensificazione delle attività di filmatura dei cumuli con frequenza settimanale, l’implementazione delle attività di bagnatura delle strade dei parchi, l’intensificazione delle attività di bagnatura delle piste interne dei parchi e la velocità dei mezzi percorrenti le strade e le piste interne dei parchi a passo d’uomo”. Ma il Garante, i tecnici ISPRA e il Garante sono a conoscenza che le stesse identiche iniziative erano presenti anche nei famosi atti d’intesa sottoscritti ben 10 anni fa (nel 2003 e 2004)?

In quei verbali si legge infatti: “fatti salvi gli impegni assunti dall’ILVA con la sottoscrizione dell’Atto di Intesa in data 8.1.2003 concernente lo stabilimento siderurgico di Taranto, in ordine alla prosecuzione dell’applicazione delle pratiche operative di filmatura dei cumuli per ridurre le emissioni di polveri dal “parco minerali e fossili”; “è necessario, comunque, anche alla luce della sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Taranto in data 15.7.2002, dare priorità a un intervento sui cosiddetti “parchi minerali e fossili” dello stabilimento”; “l’ILVA si impegna, comunque, ad assicurare la prosecuzione della puntuale applicazione delle pratiche operative di prevenzione per limitare la diffusione di polveri, mediante la filmatura dei cumuli presenti nei parchi minerali e fossili, nonché mediante ogni opportuna verifica in ordine alle modalità di stoccaggio dei materiali che tenga conto della pezzatura degli stessi”; “le parti, in relazione al carattere prioritario dell’intervento su cosiddetti parchi minerali e fossili dello stabilimento, individuano come sistema realmente efficace, a regime, quello del potenziamento del barrieramento tra lo stabilimento e le aree urbane contigue ad esso, tramite l’ampliamento delle colline artificiali esistenti o diversa tipologia di barrieramento”.

Questa è storia. Che forse oggi in tanti non ricordano o fanno finta di non ricordare. Ma certamente è un qualcosa che non si vuol più rivivere. Basterebbero questi piccoli esempi per intuire come l’aver rilasciato all’Ilva un’AIA che prevede anche interventi che avrebbero già dovuto trovare compimento anni addietro, sia stato un regalo al gruppo Riva. Dimostra come ci hanno preso in giro per anni. Perché il Garante non prova a chiedere al gruppo Riva e ai dirigenti Ilva su cosa abbiano investito il famoso miliardo sull’ambiente, quando ancora oggi non hanno ottemperato a patti siglati 10 anni fa? Non è più tempo di visite di cortesia e di simpatici sopralluoghi. Qui è tempo di portare rispetto per una città e i suoi lavoratori. Per le migliaia di ammalati e di morti. Per un ambiente inquinato senza scrupolo alcuno. Se si vogliono fare le cose in maniera seria siete i benvenuti. Altrimenti è bene che sappiate che di parole e di sceneggiate teatrali ne abbiamo le tasche piene. “L’uomo è l’unico animale che arrossisce, ma è l’unico ad averne bisogno” (Mark Twain, Florida, 30 novembre 1835 – Redding, 21 aprile 1910).

Gianmario Leone (TarantoOggi, 09.03.2013)

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