L’Ilva tra Roma e Londra
TARANTO – Ridurre al massimo il ricorso alla cassa integrazione straordinaria cercando soluzioni alternative. E’ questa la richiesta che questo pomeriggio i sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm presenteranno al tavolo del ministero del Lavoro dove si avvierà il confronto con l’Ilva che ha chiesto dal 3 marzo e sino a tutto il 2015 la cassa integrazione straordinaria per un massimo di 6.417 unità dello stabilimento di Taranto in conseguenza della fermata degli impianti per i lavori di rifacimento previsti dall’Autorizzazione integrata ambientale. E’ molto probabile che si cercherà una specie di negoziato che potrebbe proseguire nella giornata di domani. Tra le alternative previste, il ricorso ai contratti di solidarietà, soluzione proposta sin da subito dalla Fiom alla quale anche la Fim Cisl pare essersi avvicinata nelle ultime ore.
Su una forza lavoro che a gennaio 2013 era pari a 11.457 addetti, all’Ilva rischia di andare in cassa più della metà della forza lavoro. La cassa chiesta dall’Ilva é infatti così distribuita: 957 nell’area ghisa, 940 nell’acciaieria, 1574 nell’area di laminazione (quella più colpita), 607 per i tubifici, 1249 per i servizi e 1090 per la manutenzioni. Gli operai coinvolti saranno 5335, gli impiegati 675, gli intermedi 380 e i quadri 27. In tutto il 2013 e nel primo semestre del 2014, la cassa dovrebbe attestarsi su un massimo di 4354 unità secondo la richiesta aziendale per salire poi a 6417 nel secondo semestre del 20014. Un netto ridimensionamento lo si avrà soltanto nel secondo semestre del 2015 con 616 lavoratori in cassa. Al tavolo presenzieranno anche il governatore della Regione Puglia Nichi Vendola, l’assessore al Lavoro Elena Gentile, i rappresentanti sindacali nazionali della Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, e Assindustria Taranto.
Intanto sempre oggi a Londra, presso la Westminster Magistrates Court, si svolgerà la seconda udienza relativa alla richiesta di estradizione in Italia di Fabio Riva. Secondo gli avvocati inglesi, Ian Burton e Claire Montgomery QC, la Corte di Giustizia britannica dovrebbe dare indicazioni sul calendario futuro delle udienze e sui tempi del procedimento, senza però entrare nel merito delle accuse, sulle quali la difesa si riserverà di presentare proprie memorie, per dimostrare l’infondatezza della richiesta di estradizione. “Nell’udienza di domani – precisa in una nota Ian Burton, senior partner dello Studio Legale BCL Burton Copeland – non si entrerà nel merito delle accuse e saranno definiti i termini entro i quali difesa e accusa dovranno presentare le proprie memorie. Avremo dunque modo nelle prossime settimane di spiegare le ragioni del nostro cliente”. E’ evidente dunque come Fabio Riva si sia scelto con dovizia gli avvocati da cui farsi difendere.
Ricordiamo che con una lettera in stile “Totò e Peppino” che recava la data del 27 novembre 2012 e che fu consegnata dai suoi legali italiani alla Procura e al Tribunale di Taranto il 6 dicembre scorso, il vice presidente del gruppo “Riva Fire” informò di trovarsi a Londra e di aver “essere venuto a conoscenza” che la Procura di Taranto aveva emesso un ordine di arresto nei suoi confronti, dichiarando inoltre di essere fin da subito a disposizione delle autorità inglesi. Il 22 gennaio Fabio Riva si presentò all’udienza in cui si discuteva sul mandato di arresto internazionale nei suoi confronti, negando il proprio consenso all’estradizione e ottenendo un regime di libertà condizionata, dopo aver pagato una cauzione, così come previsto dalla legge inglese. A Fabio Riva, è bene ricordarlo, si contestano i reati di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, emissione di sostanze nocive e avvelenamento da diossina di sostanze alimentari.
G. Leone (TarantoOggi, 05.03.2013)