Ilva, arriva l’Ispra

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TARANTO – Arriveranno quest’oggi all’Ilva i tecnici dell’ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, cui il ministero dell’Ambiente ha affidato il compito di controllare ogni tre mesi lo stato di attuazione delle prescrizioni presenti nell’Autorizzazione integrata ambientale. L’AIA, ovvero il riesame dell’autorizzazione rilasciata in prima istanza il 4 agosto del 2001, è stata varata il 26 ottobre scorso e prevede il risanamento, il rifacimento e l’ammodernamento di diversi impianti dell’area a caldo (parchi minerali, agglomerato, cokerie, altiforni, acciaierie e gestione rottami ferrosi) con l’obiettivo di ridurne le emissioni diffuse e fuggitive rilasciate nell’aria.

L’AIA concessa all’Ilva, che riguarda soltanto la parte relativa alle emissioni nell’aria, prevede un crono programma da sviluppare nell’arco di tre anni (entro il 31 dicembre del 2015) ed impianto per impianto stabilisce anche la data di inizio di ogni singolo intervento. Per blindare l’Autorizzazione integrata ambientale, il ministero dell’Ambiente la inserì nel decreto legge 207 del 3 dicembre scorso poi tramutato nella legge 231 del 24 dicembre scorso, che di fatto autorizza l’Ilva a produrre rientrando così in possesso degli impianti dell’area a caldo (che restano comunque sotto il sequestro virtuale della Procura visto che l’Ilva non ha ricorso in Cassazione e i termine sono scaduti) e trasformando l’autorizzazione rilasciata al siderurgico da atto amministrativo ad atto di legge. Quest’ultima ha anche previsto la figura del Garante dell’AIA, ruolo che il Governo ha affidato lo scorso 11 gennaio all’ex procuratore generale della Cassazione, Vitaliano Esposito, che sino ad oggi è sembrato ai più un pesce fuor d’acqua.

Come abbiamo più volte sottolineato su queste colonne, rilasciare una nuova AIA all’Ilva è stato un atto scriteriato da parte del ministero dell’Ambiente. Il quale, invece di revocare la prima autorizzazione ad un’azienda che ha dimostrato di non possedere i requisiti minimi per garantire la tutela della salute e dell’ambiente circostante (atto previsto dall’articolo 29-decies della normativa AIA, inserito nel decreto ‘Salva-Ilva’, che al punto 9 prevede che in caso di inosservanza delle prescrizioni e di reiterate violazioni che determinano situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente, sussistono le condizioni per revocare l’autorizzazione all’esercizio dell’attività produttiva), ha concesso all’Ilva licenza di produrre restituendole impianti che erano stati posti sotto sequestro dalla Procura, a fronte di una perizia chimica ed una epidemiologica peraltro non contestate dalla stessa azienda in sede di incidente probatorio.

Non solo. Perché consentendo all’Ilva di affidarsi alle migliori tecnologie (BAT) e non alle migliori tecnologie in assoluto, ha permesso all’azienda di “scegliersi” gli strumenti a lei più congeniali. Creando di fatto un balletto di numeri sull’effettivo costo dell’intera autorizzazione di cui nessuno oggi conosce la reale entità. L’Ilva ha infatti predisposto un piano nel quale indica i lavori da fare, stimando i costi in 2 miliardi e 250 milioni di euro (per il ministero si parlava di 3,5-4 miliardi di euro, per i custodi giudiziari i miliardi erano 10), allegando al suddetto piano anche un ricorso massiccio alla cassa integrazione straordinaria sino al 2015 per un massimo di 6.417 dipendenti dello stabilimento di Taranto. Un’azione che di fatto fa ricadere sui lavoratori una situazione creata dall’azienda e che permetterà alla stessa di risparmiare centinaia di milioni di euro in stipendi.

Alla verifica dell’ISPRA, l’Ilva si presenterà con una relazione nella quale viene indicato tutto quello che é stato fatto da fine ottobre ad oggi, a partire dalla fermata dell’altoforno 1 (previsto dall’azienda ben prima del sequestro della magistratura), avvenuta lo scorso 8 dicembre, e di alcune batterie delle cokerie. Una relazione in cui l’Ilva si è alquanto sbilanciata, sostenendo la tesi secondo cui sono stati già completati il 65% degli interventi previsti. Cosa alquanto strana per un’azienda che dichiara, da mesi, di essere in grandissima difficoltà finanziaria. Ciò nonostante, a fine gennaio, l’azienda ha richiesto i permessi a costruire al Comune di Taranto e di Statte per la copertura dei parchi minerali, la cui progettazione sembrerebbe completata: l’incarico è stato affidato alla società Paul Wurth. Probabilmente i tecnici dell’ISPRA troveranno che i cumuli di materie prime nei parchi, sono passati dai 2 milioni di tonnellate del gennaio 2012 alle 600mila di gennaio scorso: ma qui è stata decisiva l’azione dei custodi giudiziari prima e del tornado poi, non certo la volontà dell’azienda.

Che un’azione in questo senso l’ha fatta: ha distanziato di 80 metri dal muro di confine del siderurgico limitrofo al quartiere Tamburi i cumuli di materie prime. Non il massimo della vita, quindi. Tra l’altro, l’Ilva non ha rispettato nemmeno la prima vera scadenza prevista nell’AIA: il completamento della copertura dei nastri trasportatori doveva infatti essere completata in tre mesi dal 26 ottobre scorso, ovvero a fine gennaio. L’Ilva, che ha completato la copertura di appena il 10%, ha chiesto una proroga sino all’ottobre 2015, sostenendo che si tratta di un intervento che é necessario sincronizzare con lo stop agli impianti alimentati dagli stessi nastri. Quasi certamente poi, oltre a verificare il rispetto della tempistica dell’AIA, i tecnici ISPRA chiederanno un rendiconto di come l’azienda abbia organizzato le misure di sicurezza sul lavoro nei diversi cantieri previsti. E qui si che ci sarà da ridere (lacrime amare), visto quando accaduto giovedì scorso con l’infortunio mortale nel quale un operaio Ilva, Ciro Moccia, ha perso la vita e un altro, Antonio Liddi, dipendente di un’impresa appaltatrice, é invece rimasto gravemente ferito. La batteria nove delle cokerie, dove i due operai erano al lavoro, é infatti uno degli impianti dell’area a caldo soggetto all’AIA. I tecnici, al termine della loro ispezione, redigeranno poi una relazione per il ministero. Saremo curiosi di conoscerne il contenuto.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 04.03.2013)

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