Nel dettaglio, nel gennaio 2010 il ministero dello Sviluppo economico aveva scritto all’Eni, e per conoscenza al ministero dell’Ambiente, una nota in cui si invitava la compagnia a presentare una richiesta di Via su un suo progetto nel golfo di Taranto. Dopo quasi tre anni di silenzio, non avendo ricevuto alcun progetto dell’Eni da valutare, nel dicembre scorso il ministero dell’Ambiente ha scritto al ministero dello Sviluppo economico e all’Eni spiegando che il progetto sarà valutato quando sarà presentato”. Questo il contenuto di una nota ufficiale che il ministero dell’Ambiente ha diramato nella giornata di ieri in riferimento alla notizia pubblicata su queste colonne in questi giorni. Dunque, dopo la durissima nota in cui veniva criticato e messo alla berlina il nostro lavoro, il giorno dopo il ministero nega di aver concesso un’esclusione alla VIA ad un progetto dell’Eni nel golfo di Taranto ed afferma inoltre che sono tre anni che non ha notizie del progetto.
Bene. Ma le cose non stanno affatto così. Proprio ieri abbiamo avuto uno scambio di mail con un rappresentante del MISE (Ministero dello Sviluppo Economico), che a nostra specifica richiesta di chiarimenti sulla vicenda ci ha così risposto: “Gentile Dr. Leone, benché non sia in ufficio perché in ferie, le rispondo basandomi su ciò che so e che ricordo. Ciò che lei dice nella mail è esatto: il ministero dell’Ambiente ha rilasciato un’esclusione da VIA (non mi risulta che la notizia fosse pubblicata sul loro sito fino a due giorni fa) sulla prima fase della ricerca – si tratta di studi a tavolino, per quello che ricordo, non impattanti sul territorio – ma la valutazione non riguardava perforazioni, che sono soggette ad un altro iter autonomo, successivo al conferimento del permesso. È tutto quello che sono in grado di dire. Spero di aver risposto alla sua domanda”.
Quanto sopra dimostra diverse importantissime cose: primo, che l’esclusione di VIA dalla prima fase è stata concessa dal ministero dell’Ambiente come da noi denunciato. Secondo, che non è assolutamente vero che il progetto dell’Eni non esiste e che non sia a conoscenza dello stesso ministero. Terzo, che il nostro lavoro è assolutamente e come sempre genuino, lontano anni luce da una presunta disinformazione o falsità.
La verità è, magari, un’altra. E cioè che al ministero ha dato alquanto fastidio il nostro titolo “Eni, VIA libera alle trivelle”, di cui però a Roma non hanno affatto colto l’ironia di fondo. La parola “via” era in maiuscolo proprio in riferimento alla Valutazione d’Impatto Ambientale e non era affatto da intendersi come azione che dava il via alla perforazione dei fondali della zone di mare in questione. Anche perché già nell’occhiello specificavamo come l’esclusione della VIA era appunto per la “prima fase”. In operazioni del genere infatti, ciò significa che vi sarà un “approfondimento di studi geologici, acquisizione di linee sismiche” e che “verranno realizzati studi geologici e sismici approfonditi mediante l’impiego di differenti tecniche di analisi, incluse tecniche di fotogeologia, cartografia geologica superficiale, studio delle relazioni strutturali, analisi dei pozzi precedentemente scavati, analisi paleontologiche e micro-paleontologiche”.
Soltanto qualora la prima fase dei lavori confermi l’esistenza, entro l’area del permesso, di una o più situazioni geominerarie meritevoli di accertamento, si procederà alla perforazione di uno o più pozzi esplorativi: questa viene definita “seconda fase”. Per questo, sostenere che il ministero non abbia dato alcuna autorizzazione alle perforazioni in mare è vero: ma lo è altrettanto il fatto che non abbiamo mai sostenuto tale assunto, se non nel titolo volutamente sarcastico.
Anche perché, come già riportato, con questa operazione il ministero ha concesso all’Eni un privilegio a differenza di quanto invece accaduto con le altre dieci istanze di ricerca di idrocarburi nel Golfo di Taranto presentate dalle società Appenine Energy Srl e Shell. Non solo. Perché come riportato nell’articolo “incriminato”, il comitato “No Triv” in questi giorni ha ricordato che “l’esclusione della VIA preclude ai comitati di cittadini di poter partecipare attivamente ad una fase amministrativa importantissima escludendo, di fatto, la possibilità di presentare osservazioni ed esprime parere negativo alla ricerca di idrocarburi in mare a causa del grave pericolo di danno ambientale che tale attività industriale comporta”.
Operando in questo modo, il ministero dell’Ambiente ha infatti contravvenuto alla direttiva della Corte di Giustizia della Comunità Europea che nel 2009 ha indicato l’obbligo delle autorità amministrative competenti di comunicare ai cittadini che ne hanno fatto richiesta, dei motivi per i quali la decisione di esclusione della valutazione degli impatti ambientali è stata assunta.
Inoltre, anche soltanto concedendo l’esclusione dalla VIA per quanto riguarda la prima fase, il ministero dell’Ambiente ha dimostrato di non aver affatto recepito l’indirizzo assunto dall’Ue in merito alla tutela ambientale. Durante il Consiglio del 17 dicembre 2012 con decisione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea del 9 gennaio scorso, l’Ue ha infatti aderito al protocollo relativo alla protezione del Mare Mediterraneo dall’inquinamento derivante dall’esplorazione e dallo sfruttamento della piattaforma continentale, del fondo del mare e del sottosuolo dall’attività petrolifere offshore.
Ciò detto, al di là della mera soddisfazione di aver ottenuto un importante riscontro al nostro lavoro, restano in sospeso diverse domande. Perché il ministero dell’Ambiente in una nota ufficiosa accusa un giornale di affermare il falso e in una nota ufficiale afferma il contrario di quanto deciso lo scorso dicembre? Perché si afferma di non conoscere un progetto dell’Eni, quando in realtà “qualcuno” all’interno del ministero quel progetto lo conosce talmente bene dal dargli l’ok per procedere ad una prima fase di esplorazione? E poi. Dove sono i nostri politici locali? Dov’è il Sindaco? Dov’è il presidente della Provincia? Dove i consiglieri regionali? Dove i sindacati? Dove Confindustria?
Possibile che nessuno di loro sappia nulla e non abbia alcuna voglia di approfondire una questione così delicata che riguarda il nostro territorio e, dopo l’aria, il bene più prezioso e che più ci rappresenta, come il mare? E dov’è la società civile? Possibile che abbiamo occhi e orecchie soltanto per le vicende dell’Ilva, soprattutto per eventuali gossip ed intercettazioni? Dov’è Taranto? Dove sono i tarantini?
Chissà. Magari alla fine quello dell’Eni è un progetto che non vedrà mai la luce. O magari ci siamo talmente abituati e rassegnati all’esistente, che nulla più ci scandalizza e indigna. Tanto al mare, d’estate, ci andremo comunque. Anche un domani qualora in lontananza, all’orizzonte, invece del sole e dei delfini scorgeremo una bella piattaforma petrolifera. “Uomo libero sempre avrai caro il mare” (Charles Pierre Baudelaire, Parigi, 9 aprile 1821 – Parigi, 31 agosto 1867).
Gianmario Leone (TarantoOggi, 23.02.2013)
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caro autore, quella ricevuta non mi sembra una conferma . aspetterei il suo ritorno dalle ferie e alcune verifiche più stringenti, la questione è troppo importante per accontentarsi di una traccia labile come la memoria! buon lavoro