Ilva, strappo nei sindacati
TARANTO – E’ stato siglato ieri a Roma l’accordo tra l’Ilva, il ministero del Lavoro e i sindacati metalmeccanici Fim-Csil e Uil Uilm, ad esclusione della Fiom-Cgil, per quanto riguarda la copertura della cassa in deroga per il periodo che va dal 1 gennaio scorso al prossimo 2 marzo. Nell’accordo, che costerà allo Stato 8 milioni di euro, rientreranno 600 lavoratori: l’azienda in un primo momento aveva chiesto di avviare la procedura per 1.393 dipendenti, ma alla fine sono stati meno della metà quelli effettivamente inutilizzati dopo il sequestro dei prodotti finiti e semilavorati e le prime fermate degli impianti.
L’intervento del ministero del Lavoro si è reso necessario perché la Regione Puglia aveva ricevuto con grande ritardo la richiesta da parte dell’azienda e comunque non possedeva le risorse necessarie per la copertura della cassa. Inoltre, attraverso una nota ufficiale, l’ente regionale ha chiarito la sua assenza al tavolo di ieri in quanto non aveva ricevuto alcuna comunicazione sull’incontro. L’ammortizzatore sociale sarà utilizzato in media al 50% dell’orario lavorativo con punte del 100%.
Per quanto riguarda invece la richiesta avanzata dall’Ilva di cassa integrazione straordinaria per 24 mesi (compreso fra i 4400 circa e 6400 lavoratori), sempre ieri è stato siglato un verbale di intesa, con il quale l’azienda ha assicurato la sua attenzione a “tutte le condizioni gestionali relative al personale, onde alleviare l`onere per i lavoratori coinvolti”. Sindacati ed operai attendono che sia fissata la data per la discussione della cassa integrazione straordinaria. Intanto ieri si è registrata l’ennesima spaccatura tra i sindacati metalmeccanici. Per la Uilm infati, firmare l’accordo è stato “un atto dovuto e di responsabilità” come sottolinea il segretario Antonio Talò.
Di avviso decisamente contrario la Fiom, che ha chiesto al Governo di convocare un tavolo unico con i ministeri del Lavoro, dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente perché il problema “non sono solo gli ammortizzatori sociali, ma lo sviluppo dell’azienda e la tutela dell’ambiente e della salute delle persone”. La Fiom ha peraltro sottolineato come la soluzione migliore sia quella dei contratti di solidarietà piuttosto che l’introduzione della cigs: “non abbiamo firmato la procedura di cassa in deroga perché non si firma quando ormai è quasi scaduta”, denuncia il segretario Donato Stefanelli.
Non solo: “molti lavoratori sono stati danneggiati dall’unilateralità dell’azienda circa la rotazione e abbiamo chiesto un minimo di risarcimento per i lavoratori in cassa da tre mesi che ci è stato negato. Volevamo una discussione sulla Cassa integrazione in deroga e straordinaria che non é stata possibile fare”. Del resto, “non c’é ancora piano industriale, non ci sono investimenti e l’unica certezza che c’é é che i lavoratori andranno in cassa integrazione straordinaria senza avere in cambio alcuna certezza sul fatto che l’Ilva faccia o meno la bonifica ambientale”.
La Fiom, invece, “é favorevole ad un contratto di solidarietà perché l’Ilva non é un’azienda che chiude, non manda a casa le persone e il lavoro di risanamento richiedono il reimpiego dei lavoratori. Il contratto di solidarietà, poi, prevede l’utilizzo di tutti i lavoratori a rotazione con un impatto più limitato sulla busta paga rispetto alla cigs”. Il viceministro Michel Martone, che ha presieduto la riunione di ieri, ha dichiarato che “l’azienda ha ribadito che, all’esito di questo periodo di cig in deroga, non darà luogo a licenziamenti (mobilità) ma procederà agli investimenti necessari a sostenere il piano di ristrutturazione delineato nella richiesta di cig straordinaria presentata al Ministero del Lavoro il 19 febbraio”. Staremo a vedere.
G. Leone (TarantoOggi, 22.02.2013)