Ilva, i sindacati “lisciano” il Garante

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TARANTO – Amano sentirsi e definirsi importanti: non c’è niente da fare. Cgil, Cisl e Uil di Taranto hanno avuto ieri il loro primo incontro ufficiale con Vitaliano Esposito, il Garante nominato dal Governo per il monitoraggio dell’esecuzione delle prescrizioni contenute nell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per l’ILVA concessa dal ministero dell’Ambiente lo scorso 26 ottobre. L’incontro si è svolto in Prefettura alla presenza dei segretari confederali, di categoria e dei rappresentanti di fabbrica di CGIL, CISL e UIL. Chissà quali favole avranno raccontato al Garante i tre segretari generali.

A venirci incontro è la nota ufficiale diramata dai sindacati, che parla di “incontro interlocutorio”, servito però “a chiarire alcune delle richieste avanzate dal sindacato tarantino rispetto alla difficile fase che sta vivendo l’impianto siderurgico di Taranto”. Richieste come sempre poco chiare, che però vengono anticipate dal ribadito “apprezzamento sulla decisione di nomina di un garante che abbia capacità di rafforzare e rendere immediatamente esigibili tutte le azioni di controllo, verifica ed eventuale sanzione nei confronti della fabbrica che oggi deve garantire la sua ambientalizzazione”.

Del resto, per anni, questa funzione all’interno della fabbrica i sindacati non sono stati in grado di svolgerla. Non per mancanza di personale o perché impediti da qualcuno: semplicemente perché non hanno voluto. O, ancora meglio, “non era compito nostro”. Così si sono difesi Cgil, Cisl e Uil quando gli abbiamo chiesto come mai non avessero controllato l’attuazione di quanto previsto dagli atti d’intesa sottoscritti negli anni scorsi (2003, 2004, 2006). Peccato che quegli accordi furono firmati anche da loro. E prevedevano interventi già all’epoca non più rinviabili e che, “stranamente”, non furono inseriti nemmeno nell’AIA dell’agosto del 2011, che i sindacati all’epoca definirono “un evento storico”.

Vantandosi tra l’altro di essere stati tra i fautori della realizzazione di quel documento. Poi, all’indomani delle perizie chimica ed epidemiologica, dimenticandosi di quanto sopra, si sono accodati alle istituzioni (anch’esse firmatarie degli atti d’intesa e dell’AIA di cui sopra) per chiedere il riesame della stessa perché ritenuta “non idonea”. Tutto questo il Garante lo sa? E’ al corrente della vera storia dei sindacati all’interno dell’Ilva? Di tutto quello che non hanno fatto? Chissà. Certo è che gli stessi anche ieri hanno ribadito la loro fedeltà al processo di eco-compatibilità dell’azienda, “processo che gli stessi sindacati hanno sin dal principio rivendicato con forza”.

Ma come, non ci avevano raccontato che già nel dicembre del 2011 l’Ilva, grazie agli “ingenti” investimenti operati del gruppo Riva dal 1995 (il famoso miliardo di euro), fosse diventata un’azienda “modello europeo” nel campo del rispetto dell’ambiente? Del resto non sono stati proprio loro a presenziare, insieme alle istituzioni, a tutte le inaugurazioni dei “nuovi” impianti, compresa la posa della prima pietra del famoso “barrieramento” che avrebbe salvato i Tamburi dalle polveri dei parchi minerali, salvo poi cambiare idea e affermare senza vergogna che quei parchi vanno “assolutamente” coperti? Ma siccome sono capaci di affermare e negare allo stesso tempo tutto e il contrario di tutto, la loro stella polare resta raggiungere l’obiettivo di far diventare l’Ilva “compatibile con l’ambiente”.

“Proprio per questa ragione vogliono ancora considerare corale questo obiettivo tanto da rimarcare nella riunione di oggi la necessità di procedere di pari passo non solo con i centri di controllo e gli apparati istituzionali (ARPA, ASL, ISPRA, Comuni di Taranto e Statte e Provincia)”. Non solo. Si sono detti entusiasti della prevista “creazione di portali internet che renderanno conto quotidianamente dei lavori eseguiti e delle azioni consequenziali. Ma abbiamo chiesto al Garante di rendere questo processo di comunicazione ancora più trasparente e socializzante, per mettere nelle condizioni tutti i cittadini di Taranto, Statte e zone limitrofe di seguire non solo il cronoprogramma degli interventi ma anche gli esiti che questi avranno sulla qualità dell’aria e sull’andamento dei livelli emissivi della stessa fabbrica”.

Chissà se il Garante avrà chiesto loro come mai sino ad oggi non sia stato fatto nulla di tutto questo. Ma la vera perla ma arriva come sempre alla fine. Perché tutto questo processo potrà avvenire “così come previsto dalla legge, con il sindacato e in particolar modo con i rappresentanti dei lavoratori delegati sia al controllo della sicurezza che a quello dell’ambiente. RLS e RLSA in prima linea come sentinelle e osservatrici privilegiate e sul campo dei processi di ambientalizzazione previsti dall’AIA”. Una dichiarazione che è un clamoroso autogol. Visto che i sindacati, da sempre, hanno i loro rappresentanti in fabbrica per svolgere quei compiti.

Come mai allora, sino ad oggi si sono ben guardati dal farlo? Chissà. Hanno preferito tacere per anni, rendendosi di fatto complici di un’azienda che, come scrisse il gip Todisco nell’ordinanza di sequestro preventivo degli impianti dell’area a caldo, “ha sempre seguito una politica imprenditoriale tesa al raggiungimento del massimo del profitto con la massimizzazione del risparmio sulle spese per le performance ambientali del siderurgico, i cui esiti per la comunità tarantina ed i lavoratori del siderurgico, in termini di disastro penalmente rilevante ex art. 434 e 437 c.p., sono davvero sotto gli occhi di tutti”: tranne i loro. Ad maiora.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 15.02.2013)

 

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