Ilva, dalla Consulta un no tecnico
TARANTO – E’ una decisione tecnica: niente di più, niente di meno. Eppure ieri, appena diffusasi la notizia, si è creato il panico in città. Altri, invece, hanno impropriamente esultato, dimostrando ancora una volta la loro parzialità e i loro interessi nei confronti di una vicenda che è ancora lungi dall’essersi conclusa. Il ragionamento operato dalla Consulta dunque, è stato meramente tecnico: i conflitti erano stati sollevati tempo prima della questione di legittimità, che assorbe e supera il conflitto di attribuzione. Il nucleo del discorso, dunque, resta sulla costituzionalità o meno della legge 231. La quale, è bene ricordarlo, è attualmente in vigore e consente all’Ilva di produrre e commercializzare.
Dunque, nulla è deciso. La Corte ha dunque dichiarato inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione promossi dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, Franco Sebastio, “in relazione al decreto-legge n. 207 del 2012, sia nel testo originario che in quello risultante dalla sua conversione, con modificazioni, nella legge n. 231 del 2012, riguardanti le cosiddette vicende ILVA di Taranto”. La spiegazione, come abbiamo detto, è di natura puramente tecnica.
Ed ecco come spiega la Consulta la decisione di ieri: “le suddette ordinanze della Corte costituzionale sono motivate sul duplice rilievo: a) il conflitto di attribuzione relativo ad una legge o ad un atto avente forza di legge è inammissibile, come affermato da costante giurisprudenza, quando sussista la possibilità di sollevare eccezione di legittimità costituzionale in via incidentale nell’ambito di un giudizio comune; b) siffatta possibilità sussiste nel caso di specie e si è addirittura concretizzata con la rimessione alla Corte costituzionale in via incidentale, da parte sia del GIP presso il Tribunale ordinario di Taranto sia di tale Tribunale (rispettivamente con le ordinanze n.19 e n.20 del 2013), di questioni di legittimità costituzionale relative al citato decreto-legge n. 207 del 2012, quale risultante dalla sua conversione in legge, e concernenti proprio le vicende ILVA di Taranto”. Il tutto è rimandato ad aprile, mese in cui il Presidente della Corte fisserà l’udienza pubblica di discussione “delle sopra indicate questioni incidentali”.
Ciò detto, cogliamo l’occasione per sottolineare un aspetto che in molti stanno sottovalutando. La rinascita di questa città non può e non deve essere assolutamente legata a quello che deciderà la Corte Costituzionale in merito ai ricorsi presentati dal tribunale dell’Appello di Taranto e dal gip Patrizia Todisco. Errore che in molti stanno commettendo da mesi. Perché al di là di tutto, l’inchiesta andrà avanti e il processo si farà. Ed arriveranno anche le condanne. Ma non è questo il punto. Taranto potrà liberarsi dal giogo della grande industria soltanto se sarà capace di creare una coscienza critica collettiva maggioritaria sui tanti problemi che le hanno impedito di voltare pagina nella sua millenaria storia. Bisogna dunque continuare a protestare certo: ma soprattutto bisogna mettere sul tavolo progetti reali e concreti per una città diversa. Lontana dagli interessi e dai veleni della grande industria. Così come bisogna continuare a denunciare, senza paura, le innumerevoli connivenze e omissioni di tutti questi anni. Cosa che, purtroppo, ancora non sta avvenendo come invece dovrebbe.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 14.02.13)