Il tavolo tecnico regionale aveva dato come tempo massimo il 28 febbraio di quest’anno per completare il trasferimento del novellame. Da quella data in poi il primo seno di mar Piccolo sarà definitivamente off limits, in attesa delle annunciate attività di bonifica. Ora Carriero può finalmente tirare un sospiro di sollievo: lui riuscirà nell’impresa di spostare tutto il prodotto, circa 7mila quintali, nei termini prefissati. Ma cosa accadrà per gli operatori del mare ancora in attesa di regolarizzare le concessioni? «Io sono fiducioso anche per loro – dice Carriero – secondo me ce la faranno tutti coloro che hanno gli allevamenti solo nel primo seno. Diverso è il discorso per chi aveva altre aree nel secondo seno perché ha avuto modo di portare avanti l’attività».
Ciò che viene chiesto alle istituzioni, dal Comune alla Regione, è di pianificare una campagna di marketing e comunicazione per rilanciare l’immagine del prodotto e le quotazioni di una categoria fiaccata da eventi negativi causati da altri. «I presupposti per far bene ci sono – spiega Carriero – stiamo avendo ordini importanti sia dall’Italia che dall’estero, in particolare dalla Spagna, ma bisogna spingere ancora di più sulla promozione del prodotto per recuperare il terreno perduto».
Sullo sfondo rimangono gli interrogativi di sempre: cosa accadrà quando finiranno i due anni “concessi” dalla Marina Militare per l’utilizzo delle aree in mar Grande? Quando sarà possibile il ritorno in un primo seno di mar Piccolo finalmente bonificato? I tempi della politica coincideranno con le esigenze di chi scalpita per tornare nello specchio di mare che offriva le cozze più buone e apprezzate? Incognite che pesano sulle spalle dei mitilicoltori come su quelle di un’intera città.
Forte è anche il bisogno di ottenere verità e giustizia. «L’estate scorsa la Procura di Taranto ha chiesto ad Arpa Puglia di esaminare le diossine e il pcb presenti nei mitili allevati nel primo seno per verificare se hanno lo stesso profilo dei veleni emessi dall’Ilva. Un passo importante per poi inchiodare l’azienda alle sue responsabilità. Allo stato attuale non abbiamo avuto ancora nessuna risposta. Per noi si tratta di una questione di vitale importanza: chi ha distrutto il nostro mare mettendo in ginocchio centinaia di lavoratori (e relative famiglie) dovrà risarcirci fino all’ultimo centesimo».
Alessandra Congedo
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