Processo Enel e costituzione parte civile, i chiarimenti di Legambiente
Legambiente, con riferimento a quanto accaduto nel corso del procedimento penale contro i dirigenti Enel di Brindisi nell’udienza del 7 gennaio, ritiene necessario specificare alla cittadinanza, di cui è portatrice dell’interesse collettivo, che è stata fornita una informazione parziale e non esaustiva della vicenda citata.
In sede di udienza i legali degli imputati, dopo aver avuto concesso un termine di almeno 15 giorni per visionare e studiare gli atti presentati dalle parti civili, deducevano per l’estromissione di tutte le richieste avanzate, anche per quelle del Comune di Brindisi e della stessa Provincia. Depositavano, inoltre, documentazione nuova rispetto al contenuto del fascicolo del processo a sostegno delle loro argomentazioni che allo stato non era stata conosciuta e dunque valutabile dalle parti civili intervenute.
Gli stessi difensori argomentavano circa cinque ore, ben preparati sulle questioni proposte dai soggetti intervenuti dopo “l’irrituale” lasso di tempo concesso a difesa, tagliando a zero su tutte le richieste risarcitorie avanzate. Al termine del lungo monologo di parte, tutte le parti civili chiedevano al giudicante di poter contro dedurre con riconoscimento di un termine congruo, ma questi concedeva, su proposta del Pubblico Ministero Dott. Giuseppe De Nozza, solo venti minuti in corso di udienza. Questo limitato spazio temporale non permetteva di preparare una difesa idonea e paritaria a quella dispiegata dai difensori degli imputati con serie difficoltà di argomentazione sugli atti nuovi presentati a difesa.
Seppur, dunque, con grande difficoltà la difesa della Legambiente contestava quanto eccepito e richiesto dai dirigenti dell’Enel. In particolare, ribadiva che la richiesta risarcitoria veniva avanzata come rivendica per la lesione del bene statutariamente perseguito dall’Ente attraverso le notevoli attività compiute sul territorio dai propri soci, nonché per la lesione del diritto soggetivizzato alla personalità associativa, ecc. Inoltre, sempre la difesa dell’associazione, specificava che la presenza nel processo doveva permettersi anche alla luce delle condotte esplicitate e contestate nell’imputazione dal procedente, come previsto codicisticamente, e non unicamente con riferimento a quanto indicato come articoli del codice penale scelti dal P.M. a qualificazione del capo di imputazione.
Infatti nel decreto di citazione a giudizio, li dove si contestano formalmente reati quali il getto pericoloso di cose previsto ex art. 674 c.p. e il danneggiamento di cose mobili o immobili previsto ex art. 635 c.p., si descrivono condotte violative del principio di precauzione previsto ex art. 301 comma 1° del Testo Unico Ambientale per la rilevata contaminazione dei terreni così come risulta negli atti di indagine e dalle perizie dei consulenti del Pubblico Ministero.
Al riguardo, sebbene ritenuto irrituale dalle difese degli imputati, la stessa Legambiente nel suo atto di costituzione di parte civile ha chiaramente evidenziato quanto sopra specificato e preannunciato una formale richiesta al P.M. di adeguamento del capo di imputazione alle reali condotte contestate agli imputati, così come ben descritte dal Pubblico Ministero nel suo atto di citazione diretta a giudizio e come risultanti delle indagini e dalle perizie espletate.
Legambiente, alla luce di quanto accertato dalle indagini svolte ritiene, infatti, che l’attività di trasporto, movimentazione e stoccaggio del carbone dal molo portuale di Costa Morena alla centrale Enel di Cerano, ha prodotto negli anni “danni”, “insudiciamenti” ed “imbrattamenti” e, come conseguenza di tali condotte, modifiche dello stato composizionale ai terreni, alla falda ed alle colture ivi presenti, tanto da aver creato un “danno ambientale”. Circa le richieste di estromissione del Comune di Brindisi e della Provincia l’associazione ritiene ingiustificate ed infondate le argomentazioni avanzate dalle difese dei dirigenti dell’ Enel. Che questi Enti possano rivendicare, sino al 2006, il ristoro per il danno ambientale patito dal territorio nessuno potrà contestarlo e comunque questi nei loro atti hanno ben chiesto il riconoscimento di tutte le altre tipologie di danno subite come conseguenza delle condotte degli imputati.
Nessun atto, sia amministrativo come un accordo di programma del 2007 in cui Enel non era parte firmataria che privatistico come una transazione per il danno ambientale del 2010- avente ad oggetto l’inquinamento prodotto sui terreni in cui insiste l’impianto, il carbonile ed il nastro trasportatore ovvero unicamente sulla proprietà Enel e non sul territorio circostante – avvenuta questa unicamente tra ministero ed Enel, potrebbe giustificare l’esclusione di Comune e Provincia dal processo come asserito da quei difensori. Rimaniamo fiduciosi, in attesa della decisione del giudicante prevista per l’udienza del 14 gennaio prossimo, circa l’ammissione della Legambiente quale parte civile nel processo a difesa degli interessi collettivi perseguiti dall’associazione.
Comunicato stampa di Legambiente Puglia