TARANTO – L’incontro convocato nella giornata di ieri dalla Provincia per discutere, insieme a sindacati ed azienda, della cassa integrazione in deroga chiesta dall’Ilva lo scorso 13 dicembre per 1428 lavoratori impiegati nell’area a freddo del siderurgico tarantino, sulla quale non è stato trovato un accordo, si è conclusa con un nulla di fatto. Anzi, non si è nemmeno svolta. La convocazione non era piaciuta alla Fiom Cgil, che aveva chiesto di spostare l’incontro perché, come affermato dal segretario provinciale Donato Stefanelli, “non si può convocare il giorno prima un incontro di tale importanza in un momento in cui siamo impegnati su tantissimi fronti per le tante vertenze presenti sul territorio”.

Per questo, venuta meno la Fiom, in un primo momento si è deciso di aggiornare le parti al 31 dicembre. Ma nel tardo pomeriggio, l’Ilva ha inviato una comunicazione alla Provincia annunciando lo slittamento dell’incontro. Del resto, una volta che la legge 207 sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, l’Ilva rientrerà in possesso dei prodotti finiti e semi lavorati sequestrati lo scorso 26 novembre: evento che dovrebbe di fatto far rientrare la richiesta di cassa integrazione avanzata dall’azienda prima dell’approvazione del decreto. Ciò detto, l’assessore provinciale al Lavoro Luciano De Gregorio, è stato molto chiaro ieri: i soldi per la cassa integrazione in deroga, non ci sono.

Calcoli alla mano, avrebbe voluto dire disporre di una cifra vicina ad 1.200.000 euro. Sarebbe stato molto meglio, ha spiegato l’assessore rifacendosi anche all’indirizzo arrivato dalla Regione Puglia, chiedere la cassa integrazione ordinaria o quella straordinaria: la procedura è stata comunque avviata, ma per un semplice atto formale, nulla più. Se ne riparlerà nell’anno che sta per arrivare, forse. Intanto, i sindacati hanno assicurato che proprio nella giornata di ieri sono arrivate tramite bonifico tutte le tredicesime sui conti dei lavoratori dell’Ilva. Il ritardo sarebbe stato dovuto da un disguido nato in seno alla Banca Centrale di cui si serve il gruppo Riva per l’erogazione degli stipendi. Ma i lavoratori non sono del tutto convinti: diverse voci infatti danno quasi per certo che la stessa cosa avverrà il prossimo 12 gennaio, quando è atteso lo stipendio del mese di dicembre.

In molti, da dentro la fabbrica dell’acciaio, lanciano messaggi poco rassicuranti: ovvero di un lento disimpegno del gruppo Riva nella gestione dello stabilimento. Il nodo da sciogliere, del resto, è sempre lo stesso e di ben altra caratura: la presentazione da parte dell’Ilva del piano industriale. Che ai sindacati metalmeccanici è stato promesso entro gennaio. Da quel piano infatti, prescinde tutto il resto. Ovvero il futuro dell’Ilva e il reale impegno della famiglia Riva a portare a termine tutti gli investimenti previsti per il risanamento degli impianti. I sindacati e la politica ci credono. Sono convinti che la famiglia Riva non possa più sfuggire ai suoi obblighi: cosa li renda così certi, non è dato sapere, visto che a fronte di un concreto disimpegno, nessuno potrebbe impedire al gruppo di farsi da parte.

Del resto, nonostante la legge ‘salva-Ilva’, proprio la nuova iniziativa della Procura di Taranto potrebbe facilitare il tutto. Il gruppo Riva, infatti, avrebbe buon gioco nel sostenere e richiedere il rinvio dei finanziamenti e quindi la pianificazione del piano finanziario, in attesa di conoscere la decisione della Corte Costituzione sul ricorso dei magistrati tarantini. Perché infatti pianificare investimenti per miliardi di euro per i prossimi 3-4 anni, quando tra qualche mese l’area a caldo potrebbe tornare nuovamente sotto sequestro? E’ chiaro a tutti che una posizione del genere, altro non sarebbe che l’ennesima scusa adottata dall’azienda per sottrarsi alle sue responsabilità. Ed accelerare quel disimpegno di cui parliamo da tempo. Anche perché i Riva sanno molto bene che non conviene, da nessun punto di vista, investire miliardi di utili per il risanamento di una fabbrica vetusta che nei prossimi anni non riuscirà comunque a reggere la competizione con i paesi emergenti. E’ solo questione di tempo, niente di più.

G. Leone (TarantoOggi, 29-12-2012)

 

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