Distripark (Taranto), il bluff è servito

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TARANTO – “Avvio dell’elaborazione della progettazione preliminare e impegno a reperire i fondi necessari alla realizzazione del distripark, l’area logistica collegata al porto di Taranto, andranno avanti di pari passo”. Sono queste le “brillanti” conclusioni della riunione svolta ieri mattina a Bari nella sede dell’assessorato alle infrastrutture a cui ha preso parte il “gota” della politica tarantina: il presidente della provincia di Taranto Giovanni Florido ed il sindaco Ippazio Stefàno, accompagnati dal presidente della Camera di Commercio Luigi Sportelli e dal presidente dell’Autorità Portuale Sergio Prete. “

Gli enti – ha spiegato al termine dell’incontro l’assessore regionale al ramo Guglielmo Minervini – si sono impegnati ad avanzare con il progetto preliminare, condizione essenziale per accedere a qualsiasi finanziamento. Noi per realizzarlo seguiremo due strade: reperire nelle economie della vecchia programmazione le risorse disponibili a procedere anche subito per stralci e individuare nella nuova programmazione nazionale ed europea gli altri fondi necessari alla realizzazione dell’opera che per noi resta di assoluta priorità”.

Eccolo qui il “colpo gobbo” di cui parlavamo ieri e che si è palesato in tutta la sua drammaticità nella riunione barese. Ancora una volta dunque, le istituzioni giocano con il futuro di questo territorio, recitando la parte di chi è invece al lavoro per salvaguardarlo. Orbene, oggi (ieri per chi legge, ndr) 28 dicembre, veniamo a sapere che la Regione Puglia si metterà alla ricerca dei fondi necessari per la realizzazione del distripark. Risorse da reperire in non meglio precisate “economie della vecchia programmazione le risorse disponibili”: probabilmente non si tratta dei fondi FAS (lo strumento di finanziamento del governo italiano per le aree sottoutilizzate del paese) che nella delibera CIPE (il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica che il compito di assegnare le risorse FAS) n.62 del 03/08/2011 prevedevano la destinazione di ben 35 milioni di euro alla realizzazione del distripark nel porto di Taranto.

Il 26 luglio scorso, fu lo stesso Minervini a richiedere lo sblocco dei fondi FAS per la Regione Puglia, dove lui stesso ricordava “sono ricompresi investimenti in opere che abbiamo faticosamente programmato, tra cui i 35 milioni per la realizzazione del distripark nell’area retro portuale di Taranto”. Eppure, fu la stessa Regione Puglia a chiedere soltanto un mese prima al Ministero dello Sviluppo economico di definanziare il progetto in favore della “Riconfigurazione della banchina del molo polistettoriale”: ovvero uno dei progetti previsti nel Protocollo d’intesa a favore del rilancio del porto di Taranto, sottoscritto il 20 giugno scorso a Roma dagli enti locali, l’Autorità portuale e tutti gli enti coinvolti (MIT, MATTM, Regione Puglia, Provincia di Taranto, Comune di Taranto e Autorità portuale di Taranto).

La Regione motivò tale proposta “per la strategicità dell’opera da realizzare, funzionale e complementare con le altre opere previste nel succitato protocollo, ravvisando pertanto l’opportunità di finanziare l’infrastruttura della parte antistante del porto, piuttosto che di quella retrostante”. La richiesta venne accolta, tant’è che nel verbale dell’accordo sottoscritto a Roma, alla voce “riqualificazione del Molo Polisettoriale”, ritrovammo proprio i 35 milioni previsti inizialmente per il distripark. A fine agosto però, l’assessore regionale ai Trasporti Guglielmo Minervini provò a mettere una pezza a colori sulla vicenda, parlando di un provvedimento di carattere “tecnico e temporaneo” richiesto dalla Regione.

Lo stesso Minervini ammise peraltro di non essere a conoscenza della scelta fatta dall’ente territoriale nell’immediatezza di reperire i fondi prima della firma dell’accordo dello scorso 20 giugno. “E’ stata la soluzione trovata dalla ripartizione Sviluppo – dichiarò – che aveva la necessità si spostare quei 35 milioni di euro per consentire la firma dell’accordo. Tutto è stato compiuto però, con la specifica intesa che, in vista dell’arrivo dei fondi FAS, quelle risorse sarebbero tornate nella disponibilità del distripark”. “Successivamente – concluse Minervini – sposteremo altro denaro sul distripark. Non appena saremo in grado di chiudere l’accordo per il Programma quadro che riguarda tutte le infrastrutture pugliesi”. Entro pochi giorni, fu assicurato, la Regione sarebbe stata in grado di “rimediare” a questo spostamento di denaro.

Dopo mesi di silenzio, Minervini torna oggi a promettere una poco credibile ed improvvisata caccia al tesoro, chiamando tutti all’azione per trovare i fondi necessari alla realizzazione dell’opera. Ma la verità su come andarono realmente le cose a Roma quel 20 giugno, la rese nota il presidente della Provincia, Gianni Florido, quando lo scorso settembre dichiarò come gli enti locali (Comune, Provincia e Autorità Portuale) furono “costretti” ad accettare il definanziamento del distripark proposto dalla Regione, pena la cancellazione dell’accordo per il rilancio del porto di Taranto. Una minaccia politica bella e buona, peraltro mai smentita da nessun componente della Regione Puglia. Che le nostre istituzioni avrebbero dovuto denunciare con forza e rendere pubblica. Se ciò non è stato fatto, è per un motivo ben preciso: perché dal 2002 ad oggi, ovvero quando fu costituita la società consortile “Distripark Taranto s.c.a.r.l.”, nulla è stato fatto.

Nel gennaio 2002 infatti, furono assegnati alla Provincia di Taranto oltre 12 milioni di euro: finanziamenti utilizzati per pagare ai proprietari i terreni su cui far sorgere la struttura. Dopo di ciò, è seguito il nulla più assoluto. La prova provata è che, ancora oggi, non è stata elaborata nemmeno la progettazione preliminare per la realizzazione del distripark. Che qualora realizzato insieme agli altri progetti in essere per il rilancio del porto di Taranto (partendo dalla banchina del molo polisettoriale per finire alla piastra logistica), renderebbe lo scalo ionico una struttura realmente all’avanguardia, che cancellerebbe in un sol colpo gli scali commerciali di Bari e Brindisi, diventando quella “porta del Mediterraneo” ad oggi solamente sognata ed usata come semplice spot per le varie campagne elettorali.

Stante così le cose invece, ammesso e non concesso che nei prossimi 2-3 anni si riuscissero a realizzare una parte dei progetti in cantiere e che l’interesse delle compagnie cinesi si materializzasse davvero, Taranto potrebbe aspirare a diventare non di più che un porto “hub”. Ovvero un terminale di traffico oceanico che non necessita di collegamenti diretti con il sistema terrestre perché opera il trasbordo (transhipment o traffico mare-mare) dalle navi portacontainer madre alle navette feeder (in gergo portuale navi portacontainer di piccola stazza) dirette verso le varie destinazioni locali: in pratica, ciò che il porto di Taranto é già oggi, con qualche rinforzo in più. Ma che non servirebbe a rivitalizzare l’economia del nostro territorio.

Cosa ben diversa, lo ripetiamo ancora una volta, significherebbe la realizzazione del distripark: l’area è allocata a monte dei terminal portuali e integrata con un sistema di trasporto intermodale, dove viene reso possibile dare valore aggiunto alle semplici operazioni di carico e scarico dei container. Le merci scaricate dai container, attraverso operazioni di confezionamento, etichettatura, assemblaggio, controllo di qualità e imballaggio, vengono preparate per la spedizione al cliente finale. Le merci possono così essere adattate alle richieste dell’utente e ai requisiti del paese di destinazione. All’interno di un distripark ci sono magazzini, servizi gestionali, servizi informativi e telematici ma anche capannoni dove possono essere svolte attività manifatturiere per trasformare semilavorati, di provenienza internazionale o nazionale, in prodotti finiti da avviare nei mercati esteri. L’insediamento di un distripark in un’area retro portuale, quindi, costituisce un elemento chiave per creare intorno a un porto un indotto che generi occupazione e sviluppo reali.

Nel porto di Taranto, guarda caso proprio a ridosso del Molo polisettoriale, venne individuata dieci anni fa l’area adeguata. Nella riunione di ieri, è stato anche detto che un contributo importante dovrà arrivare dai privati che saranno poi chiamati a realizzare i capannoni e gestire la struttura mentre la parte pubblica potrà assicurare la realizzazione delle reti di interconnessione. Ma quale privato vorrà anche solo abbozzare un progetto quando non si sa se saranno mai trovati i fondi per la realizzazione di un’opera dove realizzare quel progetto? Lo ripetiamo oramai da anni: dal porto passa una direttrice fondamentale per lo sviluppo economico di questo territorio, realmente alternativo alla grande industria. Passando per l’aeroporto di Grottaglie, attraverso la rivitalizzazione del settore agroalimentare e della mitilicoltura, per finire con una reale valorizzazione della storia millenaria di questa città che passa dalla Città Vecchia e conduce ai reperti del MarTà, alla bellezza del Castello Aragonese, per finire nei sotterranei degli apogei e delle tombe a camera. E’ questo il nostro futuro. E ce lo stanno scippando ancora una volta. Con il nostro silenzio assenso di sempre.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 29-12-2012)

 

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