Gli enti locali su citati infatti, costituirono nel lontano 2002 la società consortile “Distripark Taranto s.c.a.r.l.”: ogni ente detiene una quota del 25% del capitale sociale (che all’epoca fu stimato in 500.000 euro). L’importanza pubblica e strategica del distripark, venne riconosciuta dalla delibera CIPE n.155/2000 che finanziò l’avvio dell’insediamento della piattaforma logistica di Taranto. Nel gennaio 2002 furono assegnati alla Provincia di Taranto oltre 12 milioni di euro: finanziamenti utilizzati per pagare ai proprietari i terreni su cui far sorgere la struttura. Orbene: motivo dell’incontro odierno, una strana “verifica della conformità dei contenuti progettuali del distripark rispetto ai nuovi indirizzi comunitari”.
L’Unione Europea, infatti, attraverso una nuova direttiva ha stabilito che non sarà più possibile finanziare la costruzione e l’infrastrutturazione di nuovi porti e interporti con fondi comunitari. Bene: ma cosa c’entrano i fondi della comunità europea con il distripark di Taranto? Semplicemente, nulla: e adesso spiegheremo il perché. Siamo infatti costretti, ancora una volta, a riannodare i fili di una vicenda, l’ennesima, a tutto danno del territorio ionico, che denunciamo nel più completo silenzio da oltre un anno e con ancora più forza dallo scorso agosto. Quando scoprimmo l’iniziativa della Regione Puglia che chiese dal Ministero dello Sviluppo economico di definanziare il progetto del distripark, previsto nella parte retrostante del porto di Taranto ed inserito nella delibera CIPE del 2011, in favore della realizzazione del Molo polisettoriale dello scalo ionico.
In pratica, si chiedeva lo spostamento dei famosi 35 milioni di euro destinati al distripark. I fondi in questione, secondo il programma della Regione, dovevano invece servire per la “Riconfigurazione della banchina del molo”; ovvero uno dei progetti previsti nel Protocollo d’intesa a favore del rilancio del porto di Taranto, sottoscritto il 20 giugno scorso dagli enti locali, l’Autorità portuale e tutti gli enti coinvolti. “La Regione Puglia propone il definanziamento dell’intervento Distripark Taranto, situato nella parte retrostante del porto di Taranto – si leggeva nell’ultima delibera CIPE del Ministero -, inserito all’interno della precedente delibera CIPE n.62 del 03/08/2011 per un valore pari a 35 milioni di euro, con il reimpiego delle risorse così liberate per il finanziamento dell’intervento Riconfigurazione della banchina del Molo Polisettoriale del porto di Taranto.
Intervento già previsto nell’ambito del Protocollo di intesa sul Porto di Taranto sottoscritto il 20 giugno tra gli altri da MIT, MATTM, Regione Puglia, Provincia di Taranto, Comune di Taranto e Autorità portuale di Taranto”. La Regione motivò tale proposta “con la strategicità dell’opera da realizzare, funzionale e complementare con le altre opere previste nel succitato protocollo, ravvisando pertanto l’opportunità di finanziare l’infrastruttura della parte antistante del porto, piuttosto che di quella retrostante”. La richiesta venne accolta, tant’è che nel verbale dell’accordo sottoscritto a Roma, alla voce della riqualificazione del Molo Polisettoriale, ritrovammo proprio i 35 milioni previsti per il distripark. Sempre lo scorso agosto, il giorno dopo la denuncia, l’assessore regionale ai Trasporti Guglielmo Minervini parlò di un provvedimento di carattere “tecnico e temporaneo” richiesto dalla Regione.
Lo stesso assessore ammise peraltro di non essere a conoscenza della scelta fatta dall’ente territoriale nell’immediatezza di reperire i fondi prima della firma dell’accordo dello scorso 20 giugno. “E’ stata la soluzione trovata dalla ripartizione Sviluppo – dichiarò Minervini – che aveva la necessità si spostare quei 35 milioni di euro per consentire la firma dell’accordo. Tutto è stato compiuto però, con la specifica intesa che, in vista dell’arrivo dei fondi FAS, quelle risorse sarebbero tornate nella disponibilità del Distripark”. “Successivamente – concluse Minervini – sposteremo altro denaro sul Distripark. Non appena saremo in grado di chiudere l’accordo per il Programma quadro che riguarda tutte le infrastrutture pugliesi”. Entro pochi giorni, fu assicurato, la Regione sarebbe stata in grado di “rimediare” a questo spostamento di denaro. Siamo al 28 dicembre e nulla è cambiato.
Peraltro in precedenza, esattamente il 26 luglio scorso, fu lo stesso Minervini a richiedere ancora una volta lo sblocco dei fondi FAS per la Regione Puglia, dove “sono ricompresi investimenti in opere che abbiamo faticosamente programmato, tra cui i 35 milioni per la realizzazione del distripark nell’area retro portuale di Taranto”. La verità, come abbiamo più volte documentato, è ben diversa dalla realtà raccontata. Fu lo stesso presidente della Provincia, Gianni Florido, ad ammettere poco dopo che il 20 giugno a Roma gli enti locali furono “costretti” a dire sì al definanziamento del distripark proposto dalla Regione, altrimenti l’accordo per il rilancio del porto di Taranto sarebbe saltato. Questo perché l’eventuale decollo del progetto, sarebbe devastante per i progetti dei porti di Bari (che guarda caso ha già l’interporto) e Brindisi (che negli ultimi mesi ha dichiarato di voler diventare anch’egli un porto hub). Con la presenza del distripark, lo scalo ionico potrebbe davvero diventare realmente la porta del Mediterraneo: l’area è allocata a monte dei terminal portuali e integrata con un sistema di trasporto intermodale, dove viene reso possibile dare valore aggiunto alle semplici operazioni di carico e scarico dei container.
Le merci scaricate dai container, attraverso operazioni di confezionamento, etichettatura, assemblaggio, controllo di qualità e imballaggio, vengono preparate per la spedizione al cliente finale. Le merci possono così essere adattate alle richieste dell’utente e ai requisiti del paese di destinazione. All’interno di un distripark ci sono magazzini, servizi gestionali, servizi informativi e telematici ma anche capannoni dove possono essere svolte attività manifatturiere per trasformare semilavorati, di provenienza internazionale o nazionale, in prodotti finiti da avviare nei mercati esteri. L’insediamento di un distripark in un’area retro portuale, quindi, costituisce un elemento chiave per creare intorno a un porto un indotto che generi occupazione e sviluppo. Nel porto di Taranto, guarda caso proprio a ridosso del Molo polisettoriale, venne individuata l’area adeguata.
L’obiettivo della Regione, è dunque riuscito in pieno: lo scorso 17 dicembre è stato infatti pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il bando per le opere di “riqualificazione del Molo polisettoriale di Taranto – Ammodernamento della banchina di ormeggio”. Ma se è vero, come è vero, che i 35 milioni del distripark di Taranto erano previsti nella delibera del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) che ha il compito di assegnare le risorse FAS (lo strumento di finanziamento del governo italiano per le aree sottoutilizzate del paese), cosa c’entrano adesso i nuovi indirizzi comunitari? E’ infatti la legge finanziaria (oggi chiamata legge di stabilità) a stabilire le risorse FAS, non l’Unione Europea. Vuoi vedere che adesso per giustificare la mancata realizzazione del distripark del porto di Taranto, i nostri eroi daranno la colpa alla nuova direttiva europea? Staremo a vedere.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 28-12-12)
I dati pubblicati sul sito dell’Autorità portuale
Intanto, sul sito dell’Autorità portuale di Taranto, sono stati pubblicati i dati sul secondo trimestre in merito alle merci movimentate nel porto di Taranto. E come ampiamente prevedibile, imperversa in ogni comparto il segno negativo. Per quanto riguarda il totale delle rinfuse (liquide e solide) si é registrato un -7,2% rispetto al 2011; per quanto attiene invece le merci varie in container, é riportato un -21,5%; mentre il traffico totale dei containers (TEU) è risultato inferiore del 58,8%, pari a -108.769 container. Segni negativi anche per quanto concerne gli sbarchi totali (-59,8%) e gli imbarchi (-57,8%). In negativo anche i dati sulle navi arrivate (-16,7%) e per quelle partite (-16,0%), per un totale negativo del 16,4%.
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