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Ilva, Riva e i movimenti off shore

TARANTO – Fabio Riva, primogenito del patron del siderurgico Ilva Emilio Riva, ricercato da fine novembre dall’autorità giudiziaria italiana e sul cui capo pende un mandato di cattura internazionale, si é dimesso dalla presidenza di Stahlbeteiligungen, la storica cassaforte lussemburghese della famiglia Riva e da Siderlux, altra holding costituita di recente a cui fa capo il 25% di Ilva Spa.

In base ad alcuni documenti consultati da ‘Radiocor’, agenzia stampa del Sole24Ore leader nell’informazione economico-finanziaria che riporta la notizia, il Cda della holding il 13 dicembre scorso ha accettato le dimissioni di Fabio Riva, nominando in sua sostituzione lo sconosciuto Mauro Pozzi, domiciliato in Spagna a Siviglia. Al vice presidente della Riva Fire, l’incarico era stato rinnovato nello scorso giugno ed esteso sino al 2018. Analoga decisione per Siderlux.

La holding é stata costituita a fine novembre, scindendo la Stahlbeteiligungen, con l’apporto della quota nella Ilva Spa. L’operazione ha comportato una riduzione di capitale della Stahl da 140 milioni a 59,6 milioni di euro. I restanti 81,3 milioni sono invece andati a costituire il capitale sociale di Siderlux, interamente sottoscritto dalla Riva Fire. In base a quanto certificato nel bilancio 2011 alla Stahl, oltre alla quota Ilva, facevano capo diversi asset in Germania, Belgio, Canada, Spagna, Francia, per un totale di 4,8 miliardi di euro. Lo scorso agosto invece, il gruppo Riva aveva proceduto ad una serie di fusioni, con l’assorbimento di “Ilva International Sa” da parte di “Italia Ilva Commerciale”, mentre Stahlbeteiligungen aveva assorbito l’altra lussemburghese Parfinex.

Il famoso gioco della scatole cinesi su cui da tempo proviamo a fare luce. Dunque, mentre in Italia il governo si appresta ad approvare il decreto legge ‘salva-Ilva’, nel Granducato continuano imperterriti i movimenti della galassia societaria della famiglia Riva, con l’unico scopo di mettere al riparo il tesoro di famiglia. I cui segreti il buon Fabio conosce molto, ma molto bene. Non è un caso del resto, se la Guardia di Finanza ha individuato proprio in Lussemburgo e nelle isole del Canale della Manica (Jersey e Guernsey) le due piazze finanziarie off-shore su cui sarebbero stati depositati la maggior parte delle risorse economiche trasferite all’estero dal gruppo Riva. Nelle partecipazioni della holding Fire c’è anche il controllo indiretto del 49% del veicolo societario con cui la famiglia Riva controlla il 10,6% di Alitalia (acquistato nel 2008).

Ma trovare il tesoro di famiglia, come detto, non sarà semplice: perché i Riva posseggono anche un’altra holding estera, data dal gruppo in perdita per 52 milioni di franchi svizzeri (equivalenti a 43 milioni di euro). Ci sono la lussemburghese “Utia”, società di cui è amministratore delegato Adriano Riva (fratello di Emilio), che partecipa del 39% nella cassaforte italiana (la Fire) e a sua volta controllata dalla “Monomarch holding”, società di diritto olandese. Oltre a quelle su citate. Inoltre, non bisogna dimenticare come nell’assemblea della holding capogruppo Riva Fire, riunitasi mercoledì 17 ottobre, venne deliberata la scissione parziale e proporzionale della società a favore della controllata Riva Forni Elettrici.

In particolare, fu conferito il ramo di azienda relativo alla produzione e commercializzazione di prodotti lunghi, cioè le partecipazioni Riva Acciaio, Stahlbeteiligungen Holding, Riva Energia, Muzzana Trasporti e Parsider. Operazione non da poco visto che sotto la Riva Forni Elettrici passeranno riserve per 310,6 milioni, di cui 210,6 milioni serviranno come dotazione patrimoniale della controllata. Con la separazione dei prodotti piani da quelli lunghi si è voluto completare la riorganizzazione societaria del gruppo Riva Fire che nel corso del 2012, con diverse operazioni straordinarie, ha permesso l’accorciamento della catena di controllo e l’eliminazione degli intrecci partecipativi tra le controllate attive nel settore dei prodotti lunghi e quelle operanti nel settore piani.

Ciò detto, Fabio Riva, vice presidente e consigliere di Riva Fire, continua ad essere latitante. Sulla sua testa pende un ordine di custodia cautelare con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, emissione di sostanze nocive, avvelenamento da diossina di sostanze alimentari, omissione di cautele in materia di sicurezza sul lavoro e corruzione. La settimana scorsa, la Procura di Taranto ha chiesto al gip il mandato di arresto europeo, dopo che lo stesso Fabio Riva tramite un telex inviato da Londra, informava la Procura di trovarsi in Inghilterra al momento dell’emissione del provvedimento restrittivo, dichiarando di volersi mettere a disposizione delle autorità britanniche. Ma a tutt’oggi, nessuno sa dove si trovi. Ciò che è certo è che la famiglia Riva è più attiva che mai nella difesa dei suoi interessi. E del suo impero.

G. Leone (TarantoOggi del 19-12-12)

 

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