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Ilva, ieri il funerale di una città devastata

TARANTO – Una città usata e abusata. Il simbolo sta in quei pezzi di economia morti. Arance, formaggi, cozze. Giacciono in una bara al fianco di una tuta da operaio sporca e maleodorante. Il corteo funebre dei “liberi e pensanti” commemora la scomparsa di un territorio devastato e, al tempo stesso, preannuncia la rinascita in cui tutti i tarantini sono invitati per sabato prossimo. Per chi ci vuole credere ancora, almeno.

Per risorgere bisogna cadere a terra e il funerale organizzato dal comitato dell’apecar porta il feretro sotto Palazzo di Città. In quella bara c’è il gregge abbattuto dell’allevatore Vincenzo Fornaro, ci sono le tonnellate di mitili bruciate di Luciano Carriero, ci sono le decantate alternative che non possono rinascere. Sono funerali di una città, non certamente di Stato. Qui non ci sono grandi personalità da commemorare. Sono esequie private di un territorio mentre lo Stato ha già “decretato” la propria omelia.

Un’omelia che prevede anche una possibile “delocalizzazione di alcune strutture abitative che sono più esposte ai rischi della contaminazione ambientale”. Certamente, arance, mitili e pecore sono già state deportate. Prende la parola uno dei portavoce del comitato. «Hanno ucciso la nostra terra e le nostre menti. Hanno voluto far credere che fossimo noi il problema. Qui i primi a essere penalizzati sono proprio i lavoratori. Le vittime di un sistema che ha generato profitti per pochi mentre la città lentamente muore».

Una forma di protesta simbolica e provocatoria per ricordare quei mestieri e quei prodotti che qui sono stati cancellati dalla grande industria. Una processione che non fermerà chi ha già deciso, sicuramente. Ma questo fa parte della storia di questa città. Ed è un’altra storia. Come detto, però, sabato ce ne sarà un’altra. Una manifestazione diversa con contenuti altrettanto differenti. Si celebrerà la Taranto Libera. Più che una celebrazione, un auspicio. Un auspicio condito, magari, da molte più persone rispetto a ieri. Una cartolina più corposa da recapitare a chi firma, fa e disfa. E a proposito, una “cartolina da Taranto” era depositata nella bara. Un disegno, più che altro. Con fumi e ciminiere che nascondono i due mari.

«Questa è una provocazione – ha proseguito uno dei portavoce del comitato – invitiamo tutti i cittadini a scendere in piazza il giorno 15 per protestare contro un decreto legge “salva Ilva” firmato in fretta e furia da Napolitano, col compiacimento dei sindacati tutti, che ci attribuisce lo status di “sito di interesse strategico” per continuare la produzione e inscenando una finta bonifica. Perché è giusto sacrificare una città per salvare una nazione? Oggi più che mai è fondamentale incontrarsi nelle piazze e nelle strade di Taranto, a fianco dei cittadini e dei lavoratori che non vogliono cedere a questo ricatto, per rivendicare, insieme alla chiusura dell’Ilva, un reddito universale, incondizionato e slegato dal lavoro».

Per il giorno 15 è prevista la partecipazione di delegazioni da altre parti d’Italia. Da Bari, da Lecce ma anche da diverse città del Nord. Resta da capire la risposta di Taranto e dei tarantini. Quella proveniente dalle stanze romane, invece, già si conosce.

Alessio Pignatelli

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