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Ilva, oggi si esprime il gip?

TARANTO – Alle 5.50 di sabato mattina, l’Ilva ha fermato l’altoforno 1. Un intervento programmato dall’azienda ben prima del sequestro dell’area a caldo dello scorso 26 luglio, inserito come “novità” nel piano di risanamento da 400 milioni del 18 settembre che venne clamorosamente bocciato da custodi giudiziari, Procura e gip. In quell’occasione venne ricordato all’Ilva come non ci fosse più spazio per “proposte al ribasso circa gli interventi da svolgere e le somme da stanziare. I beni in gioco, salute, vita e ambiente ma anche il diritto a un lavoro dignitoso e non dannoso per la salute, non ammettono mercanteggiamenti”.

Ciò nonostante, parte di quanto previsto in quel “Piano di investimenti immediati” presentato il 18 settembre scorso, venne ritenuto idoneo dalla commissione IPPC incaricata dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini di “riscrivere” le prescrizioni dell’AIA concessa all’Ilva il 4 agosto del 2011, riconsegnata “ex novo” all’Ilva lo scorso 26 ottobre dal ministero dell’Ambiente. Ed infatti, nel week end, la fermata dell’AFO 1 e delle batterie 5 e 6 che alimentano i 90 forni dell’impianto, sono state spacciate dell’azienda e dalla stampa locale come un’operazione “in ottemperanza alle disposizioni dell’AIA”. La ristrutturazione dell’AFO 1 e delle batterie 5 e 6 dovrebbe durare 18 mesi per una spesa totale di 270 milioni.

Intanto, in queste ore l’Ilva è ancora alle prese con l’emergenza dovuta al mancato scarico delle materie prime per i parchi minerali: impasse che qualora non dovesse essere risolta, costringerà l’azienda ad interrompere le attività entro giovedì 13: almeno così ha dichiarato il presidente del Cda dell’Ilva, Bruno Ferrante. Lo stato di emergenza è scattato dopo gli ingenti danni provocati dal tornado abbattutosi su Taranto e sugli impianti Ilva presenti sui due sporgenti del porto in dotazione all’azienda, lo scorso 28 novembre. La prima delle otto gru adibite allo scarico del minerale, ha ripreso a funzionare venerdì sera attraverso l’ausilio di un radiocomando arrivato dalla Svezia. Una seconda gru è stato possibile farla ripartire sabato pomeriggio sempre attraverso il radiocomando, mentre una terza dovrebbe ripartire quest’oggi. Il ricorso ai radiocomandi da terra si è reso necessario perché le cabine delle gru sono state divelte dal tornado risultando inagibili.

Sulle altre gru, invece, l’azienda da giorni sta provando a convincere il personale a riprendere le attività: ma dopo l’incidente mortale causato dal tornado – vittima il gruista Francesco Zaccaria – i lavoratori hanno fatto sapere ad azienda e sindacati che risaliranno sulle gru soltanto dopo le precise garanzie di sicurezza ricevute dall’ARPA Puglia: prima di allora non sei ne parla. E nelle ultime ore, diverse fonti attendibili parlavano del possibile arrivo di unità lavorative dall’Olanda che avrebbero dato la loro disponibilità a risalire sulle gru, dopo che l’azienda ha dichiarato di aver fatto eseguire sulle gru diverse verifiche tecniche e strumentali, anche da società esterne, che non avrebbero segnalato alcun problema specifico sulle parti strutturali e sui dispositivi degli impianti.

Attraverso l’utilizzo del radiocomando, sono state scaricate poche migliaia di tonnellate di materie prime: ma con tre gru attive, l’Ilva conta di incrementare il rifornimento dei parchi, che al momento contengono poco più di 600mila tonnellate di minerali. L’azienda, invece, ha dichiarato di dover scaricare tra le 40 e le 50mila tonnellate di materie prime giornaliere per garantire la regolare marcia degli altiforni in attività, che dopo il fermo di AFO 1 sono scesi a tre, il 2, il 4 e il 5, essendo il 3 da tempo inattivo. Sono infatti una decina le navi presenti nella rada di Mar Grande che attendono di scaricare il minerale: tra le varie ipotesi avanzate negli ultimi giorni, si è parlato anche di caricare il materiale su navi più piccole per poi effettuare lo scarico presso il molo polisettoriale. C’è chi aveva invece ipotizzato di dirottare le navi al porto di Salerno e far arrivare a Taranto su gomma il minerale.

Intanto sono giorni di grande tensione anche sul fronte giudiziario. Oggi il gip del Tribunale Patrizia Todisco potrebbe depositare la decisione sull’istanza di dissequestro del prodotto finito e semilavorato (un milione e 700mila tonnellate di acciaio, valore 1 miliardo di euro) al quale sono stati apposti i sigilli il 26 novembre. La procura ha dato parere negativo, sostenendo che la produzione è stata realizzata con gli impianti sotto sequestro senza facoltà d’uso e quindi “contra legem”. Di conseguenza, per i Pm non si può invocare il decreto legge del governo per tornare in possesso di quei beni, perché il provvedimento è entrato in vigore il 3 dicembre e non avendo la legge effetto retroattivo, solo dal 4 dicembre la produzione è legittima.

Sulle aree Ilva restano bloccati dai sigilli giudiziari semilavorati, coils e lamiere (già venduti) destinati ai siti Ilva di Genova e di Novi Ligure, che senza questi prodotti rischiano di fermarsi a Natale. Sempre oggi, il gip potrebbe anche decidere di non esprimersi sul dissequestro impugnando il decreto legge sollevando l’eccezione di incostituzionalità, mentre la Procura potrebbe fare ricorso sollevando il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato. In attesa di conoscere le sorti del vice presidente di Riva Fire, Fabio Riva, che da giovedì a disposizione delle autorità inglesi, ma di fatto ricercato dal 26 novembre, per il quale potrebbe a breve scattare il mandato di arresto europeo.

Gianmario Leone (TarantoOggi del 10-12-2012)

 

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