Federico Valerio: «Per salvare l’Ilva, Clini deporta i tarantini»

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TARANTO – Ha suscitato grande clamore l’ultima “sparata” del ministro dell’Ambiente Corrado Clini su una possibile evacuazione del quartiere “Tamburi”, quello che più di tutti patisce gli effetti dell’inquinamento prodotto dall’Ilva. Abbiamo chiesto al professor Federico Valerio, chimico ambientale e perito dell’accusa nel procedimento che portò alla chiusura della cokeria Ilva di Genova, di esprimere la sua opinione. La riportiamo integralmente. 

 

Il quartiere di Tamburi, ai confini dell’Acciaieria Ilva di Taranto. Il segnaposto è a 1300 metri dalla cokeria, in alto a sinistra.

Ai primi di agosto di quest’anno, a commento della situazione tarantina scrivevo:

“Temo di fare una facile profezia: prevarranno gli interessi industriali e il governo dei tecnici troverà qualche accorgimento tecnico (deroga, innalzamento dei limiti) per continuare a produrre, inquinando. E in questo caso, l’unica bonifica sensata dovrebbe essere di trasferire tutti i 18.000 abitanti a rischio in una “New Tamburi” ad alcuni chilometri di distanza sopravento all’area industriale, ipotesi nient’affatto fantascientifica, visti i tempi: immaginate quanto tutto questo, inciderà sulla crescita del PIL.”

Oggi, ho la conferma di avere capacità divinatorie: il governo, con grande fretta, ha licenziato una nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), per le acciaierie di Taranto, con l’obiettivo dichiarato di  rendere giuridicamente nulle le richieste del GIP di chiusura degli impianti inquinanti. Invece, non avevo previsto che, dopo qualche giorno dall’approvazione dell’AIA e dagli applausi liberatori delle maestranze ILVA di Genova e dei sindacati, il ministro Clini  avrebbe fatto sua, la mia “proposta” di una deportazione forzata dell’intera popolazione del quartiere Tamburi.

Mi verrebbe spontaneo dire ” Finalmente l’ha capita!”. Per “capirlo” basta cercare, su Google Map, con la visione satellitare:  via Masaccio, Taranto. Il programma vi porterà poco fuori da Taranto, nel centro del Quartiere Tamburi, quartiere residenziale autorizzato e costruito in quel posto, nel 1956, qualche anno prima dell’acciaieria.

Non vi sarà difficile individuare l’area industriale, verso le ore 11, in alto a sinistra della mappa. Oltre la Statale, vedrete un grande rettangolo rossiccio, sono i depositi dell’ossido di ferro; più in su vedrete un altro grande rettangolo nero, sono i depositi di carbone, tutti all’aperto. Lungo i confini del deposito di carbone, vedrete un edificio lungo e stretto (circa 300 metri x 10), anche lui nero come il carbone: è la cokeria, dove il carbone viene trasformato in carbon coke.

La cokeria è il reparto più inquinante, quello che non smette mai di funzionare, 24 ore su 24,  e che,  in continuazione perde dai suoi portelloni (alcune centinaia) potenti cancerogeni, quali il benzene e il benzo(a)pirene che si liberano dal carbone che, dentro i forni della cokeria, è riscaldato, senza aria, a circa 1000 gradi. Se ora date un’occhiata alla scala della mappa, in basso a sinistra, potete constatare che via Masaccio, il centro di Tamburi, dista circa 1.300 metri dalla cokeria.

Tutti gli studi sull’inquinamento delle cokerie, compresi i miei, fatti a Genova, concordano che sottovento ad una cokeria, anche la più moderna, la meglio gestita, fino a due chilometri di distanza, non si riesce a rispettare lo standard di qualità dell’aria per il benzo(a)pirene che, in tutt’Europa, è  pari a un nanogrammo (miliardesimo di grammo) per metro cubo d’aria.

A questo punto restano da capire i motivi che hanno mosso Clini a fare questa proposta che, di fatto è un’ammissione pubblica di aver pesantemente sottovalutato il problema in tutti questi mesi, in cui il ministro si è rigirato in tutti i modi “la frittata” pur di far continuare la produzione delle acciaierie: “Tamburi è stata costruita dopo le acciaieria”, “l’inquinamento è diminuito”, “l’azienda sta investendo nel risanamento, la mortalità dei tarantini è dovuta ad altre cause, non può essere la magistratura a decidere le scelte industriali di un paese”.

Ora provo di nuovo a fare il “veggente”. Ieri il governo Monti ha chiuso e con lui si è chiusa l’esperienza di Clini come ministro dell’Ambiente.  Prima di chiudere definitivamente, il parlamento deve approvare il decreto associato all’AIA e non è affatto detto che tutti i parlamentari voteranno a favore.  Il Gip di Taranto ha solidi motivi per chiedere l’incostituzionalità della norma inserita nell’Aia  che annulla il sequestro degli impianti ma, ancor di più, è evidente che i Riva non hanno nessuna intenzione di sborsare i miliardi necessari per bonificare l’acciaieria.

Insomma, per permettere a Riva di continuare a gestire ancora per qualche anno, impianti obsoleti e inevitabilmente inquinanti, per non avere uno scontro frontale con la magistratura, scontro peraltro perdente, molto meglio deportare 18.000 tarantini in altri lidi. Potrebbe essere l’ultimo regalo di Monti al paese, per farne crescere il Pil.

Prof. Federico Valerio (Genova)

 

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