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Ilva, i parchi senza i minerali

TARANTO – I problemi dell’Ilva, nonostante il decreto legge che il governo gli ha cucito addosso, sono tutt’altro che risolti. L’azienda infatti, proprio in queste ore potrebbe annunciare nuove ripercussioni sull’attività produttiva dello stabilimento siderurgico, a causa dell’oramai ridottissimo livello di scorte di materie prime all’interno dei parchi. A renderlo noto è stata la stessa azienda ai sindacati nel corso dell’incontro sulla cassa integrazione dei lavoratori dell’area a freddo.

La mancanza di materie prime è dovuta, tanto solo per cominciare, al fatto che l’azienda in tutti questi mesi ha portato avanti l’attività produttiva, pur non avendone alcuna facoltà. Rischiando, dopo il no di ieri della Procura sul dissequestro della produzione degli ultimi 4 mesi, di essersi data la classica “zappa sui piedi”. A ciò si deve ovviamente aggiungere il divieto allo scarico oltre le 15mila tonnellate imposto dai custodi giudiziari nelle scorse settimane e i danni subiti dalle gru di carico e scarico usate dall’Ilva, dopo il tornado di mercoledì. La disponibilità di minerali può garantire l’attività dello stabilimento per altri cinque, sei giorni al massimo.

Inoltre, la situazione è resa ancora più complicata dall’indisponibilità delle gru del quarto sporgente perché sotto sequestro dopo la morte del gruista Francesco Zaccaria, senza sottovalutare il fatto che gli impianti sono danneggiati ed hanno comunque bisogno di ripristino. Per questo ci sono sette navi ferme in rada ed impossibilitate all’attracco, mentre un’altra é bloccata proprio al IV. In aumento, ovviamente, gli oneri delle controstallie, ovvero i costi che l’Ilva paga per la sosta prolungata delle navi. Secondo l’azienda si è già toccata quota 7 milioni di dollari e le cifre sono destinare ad aumentare. Intanto, quest’oggi saranno fermate le batterie coke 3-4-5-6 perché devono essere sottoposte a rifacimento in base a quanto previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale, mentre l’altoforno 1 sarà fermato, anch’esso per rifacimento, da sabato 8 dicembre.

Peccato che tali iniziative erano state già previste dall’azienda mesi prima della nuova AIA: dunque non si tratta di una vera e propria applicazione delle prescrizioni del ministero dell’Ambiente. Queste fermate determineranno un esubero iniziale di circa 100 lavoratori che però l’Ilva riassorbirà all’interno dello stabilimento (come peraltro previsto dall’ordinanza del gip Todisco dello scorso 26 luglio oltre che dai provvedimenti dei custodi giudiziari). Il numero degli esuberi, fa sapere l’azienda, è comunque destinato ad aumentare, se e quando si fermeranno gli impianti per i lavori previsti dall’AIA. Per quanto riguarda invece la cassa integrazione nell’area a freddo, dovuta alla presunta mancanza di ordini di lavoro, come già annunciato lunedì, l’Ilva ha inviato 800 lettere ad altrettanti lavoratori. Gli impianti interessati sono Treno lamiere, Tubificio longitudinale 2, Rivestimenti, parte del Laminatoio a freddo e i magazzini generali.

Degli 800, in 200 sono già in cassa mentre i restanti 600 sono in ferie forzate. Riaprono invece la finitura nastri, il treno nastri uno e il tubificio uno. Il treno nastri due, invece, ripartirà tra domani e dopodomani. Di conseguenza in fabbrica torneranno quattromila lavoratori, che erano finiti in ferie forzate. Nell’incontro di ieri, i sindacati hanno ribadito che, prima di andare in cassa integrazione, i lavoratori dovranno comunque consumare le ferie a loro disposizione. Ribadendo ancora una volta all’azienda che non firmeranno alcun accordo sin quando l’Ilva non presenterà un prospetto dettagliato dei lavori che dovranno essere fatti per applicare le prescrizioni dell’AIA: prospetto relativo a tempi e impiego del personale in eccedenza. Anche perché, cosa che non è sfuggita né ai sindacati né agli operai (ma forse al governo sì), l’azienda non ha ancora presentato alcun piano industriale: il che non è certo un bel segnale per il prossimo futuro.

La cassa che l’Ilva ha chiesto per crisi di mercato, non dovrebbe coinvolgere oltre le 2mila unità dell’area a freddo. Sempre nell’incontro di ieri, l’Ilva ha confermato ai sindacati che la cassa integrazione attivata per i danni del tornado proseguirà sino alla fine del mese. Al momento sono 455 le unità colpite dal provvedimento, sulle 1031 inizialmente collocate in cassa. L’Ilva ha infine confermato che ai lavoratori che non hanno la disponibilità di ferie da smaltire, saranno retribuite le giornate in cui sono stati inattivi per la decisione aziendale, una vera e propria rappresaglia sulla pelle dei lavoratori, di fermare sia tutta l’area a freddo dopo il sequestro del 26 novembre della produzione dei prodotti piani e semilavorati, sia gli impianti e le aree colpite mercoledì scorso dal tornado abbattutosi sul siderurgico.

G. Leone (TarantoOggi del 6-12-2012)

 

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