I legali del siderurgico, dopo aver incassato l’ennesimo diniego, non si arrendono e procedono con il ricorso al tribunale del Riesame in cui chiedono il dissequestro dell’acciaio prodotto nei quattro mesi in cui l’azienda, pur non avendo facoltà d’uso degli impianti per produrre, non ha mai interrotto la sua attività. L’udienza dinanzi alla prima sezione penale è fissata per il 6 dicembre, stesso giorno in cui, secondo le previsioni di Ferrante, l’Ilva di Genova rischia la chiusura qualora Taranto interrompa ogni attività produttiva. E sempre il 6 dicembre, stando ad alcune indiscrezioni che trapelano dal tribunale, la Procura di Taranto potrebbe presentare alla Corte Costituzionale il ricorso avverso il decreto legge presentato ieri dal Consiglio dei Ministri.
Sempre ieri, intanto, è arrivato il parere negativo della Procura della Repubblica di Taranto alla richiesta di revoca degli arresti per Girolamo Archinà, l’ex responsabile delle pubbliche relazioni dell’Ilva, detenuto nel carcere di Taranto da lunedì mattina nell’ambito dell’inchiesta “Environment sold out”, condotta dalla Guardia di finanza del capoluogo ionico, sulle presunte pressioni esercitate dalla società per ottenere autorizzazioni ambientali favorevoli e controlli più morbidi.
Ora toccherà al gip Todisco, che ha disposto la misura, decidere sulla richiesta. I legali di Archinà, accusato anche di corruzione in atti giudiziari, hanno chiesto il subordine gli arresti domiciliari. L’ex pr, mercoledì pomeriggio è stato sentito per oltre quattro ore nel carcere di Taranto dal gip Todisco alla presenza dei suoi avvocati e dei magistrati ed ha respinto ogni accusa, in particolare quella di aver consegnato dei fogli il 26 marzo del 2010 all’ex consulente tecnico d’ufficio della Procura di Taranto, il professor Lorenzo Liberti, in un’area di servizio sull’autostrada. L’interrogatorio di garanzia di Liberti, agli arresti domiciliari nell’ambito della stessa inchiesta, si svolgerà questa mattina a Bari.
Intanto l’azienda ha preso alcuni provvedimenti il tornado che mercoledì ha investito il siderurgico. Proprio ieri sera infatti, l’Ilva ha annunciato ai sindacati metalmeccanici Fiom, Fim e Uilm, il ricorso alla cassa integrazione per 1.031 lavoratori sino al 3 dicembre prossimo in conseguenza dei danni agli impianti provocati dal tornado. I reparti interessati dal provvedimento sono le acciaierie 1 e 2, i pontili a mare, la gestione rottami ferrosi più altri impianti minori. Il numero maggiore di addetti è concentrato all’acciaieria 2 dove operano 550 unità.
In queste aree infatti, si sta effettuando da giorni una verifica delle condizioni di sicurezza e di agibilità visto che il tornado ha sollevato le coperture dei capannoni e messo a rischio le stesse strutture. Il 3 dicembre le parti si reincontreranno per fare il punto della situazione ma i sindacati non escludono che già il 3 dicembre alcuni di questi impianti possano ripartire concludendo i lavori di ripristino e di messa in sicurezza. Contestualmente si è proceduto ad integrare il corrispettivo economico previsto dal trattamento di CIGO nella misura utile a garantire la copertura totale del minimo contrattuale: vale a dire l’azienda garantirà un’ulteriore somma economica in aggiunta, fino a concorrenza di quanto previsto dalla retribuzione tabellare singola di ogni lavoratore.
Gianmario Leone (Il Manifesto)
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