«Ciò che invece colpisce leggendo quanto contenuto nelle pagine dell’ordinanza – ha proseguito – è la presunzione di totale impunità dei Riva. Presunzione ahimè ben fondata: per anni l’Ilva ha avvelenato l’area di Taranto e la salute dei tarantini potendo contare sulla distrazione più o meno innocente di governi, amministratori locali e della stessa magistratura. E’ un bene che questa impunità oggi sia giunta al capolinea, anche se l’attuale, tardivo intervento trova margini strettissimi per salvare il lavoro degli operai dell’Ilva risanando radicalmente i processi produttivi. Il governo Monti deve compiere tutti i passi possibili per raggiungere entrambi questi obiettivi».
Fin qui le parole di Della Seta, un politico (in passato dirigente di Legambiente) nato a Roma. Lui, che tarantino non è, voleva rendere più stringente la normativa sul benzo(a)pirene. Qual era invece l’atteggiamento dei parlamentari tarantini, che più di chiunque altro avrebbero dovuto muoversi per preservare il territorio più inquinato d’Italia? Leggiamo cosa scrive il gip nell’ordinanza partendo da un episodio: «Nella giornata di domenica 26 settembre 2010 veniva pubblicato sui quotidiani un intervento del senatore Roberto Della Seta, capogruppo del Pd in commissione Ambiente, il quale commentava negativamente il fatto che con il decreto legislativo n. 155 approvato il 13.08.2010, il Governo avesse inteso prorogare (sino all’ 1.01.2013) l’entrata in vigore del valore-limite di concentrazione del benzoapirene nell’aria (1 nanogrammo al metro cubo), proroga che veniva definita dal parlamentare “un dono all’Ilva di Taranto”».
Si legge, inoltre, che “nei giorni successivi Archinà, evidentemente preoccupato per gli eventuali sviluppi della questione sollevata dal senatore Della Seta, si attivava prontamente contattando i suoi referenti politici centrali, ossia l’onorevole Pietro Franzoso, (all’epoca dei fatti, ndr) membro con funzioni di segretario della commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e, successivamente, l’onorevole Ludovico Vico”. Secondo quanto scrive il gip, “Archinà non mancava di suggerire ai vertici dell’Ilva mosse strategiche finalizzate a contrastare efficacemente l’iniziativa del senatore Della Seta, tra le quali quella dell’invio di una lettera al segretario del Partito Democratico (On. Bersani)“.
Nello stesso periodo il senatore Della Seta era andato per la sua strada presentando una interrogazione parlamentare che chiedeva al ministro dell’Ambiente di ripristinare la precedente normativa che fissava all’1 gennaio 1999 l’entrata in vigore del limite di 1 nanogrammo al metro cubo per le emissioni di benzoapirene. “Recependo i suggerimenti di Archinà – si legge nel provvedimento del gip – Emilio Riva, presidente del gruppo Riva Fire avrebbe inviato una lettera a sua firma all’on. Bersani“. Inoltre, Archinà avrebbe contattato l’on. Vico per metterlo al corrente della lettera soffermandosi sull’atteggiamento assunto da Della Seta in merito ad una modifica tesa a rendere più stringente la normativa sulle emissioni del pericoloso inquinante.
“Ora, a questo punto – avrebbe detto l’on. Vico – lì alla Camera dobbiamo fargli uscire il sangue”, aggiungendo poco dopo “a Della Seta… perché lui deve capire… no, che non deve rompere le palle no…”. In un’altra conversazione, l’on. Vico avrebbe rassicurato Archinà sulla risoluzione proposta dall’on. Bratti (anche’egli del Pd) che chiedeva al Governo di adottare un’iniziativa tesa a rendere immediatamente vincolante il valore obiettivo del benzoapirene contenuto nel decreto legislativo n. 155 del 2010. Ad Achinà che gli domandava che esito avrebbe avuto la risoluzione, la risposta dell’on. Vico sarebbe stata questa: “Non passerà”.
Alessandra Congedo
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