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«Due casi di tumore in più all’anno? Una minchiata» – L’inquietante frase pronunciata da Fabio Riva

TARANTO – «Due casi di tumore in più all’anno? Una minchiata». E’ su questa frase pronunciata da Fabio Riva mentre dialoga con l’avvocato Perli, contenuta in una intercettazione telefonica, che si è soffermato il procuratore capo Franco Sebastio durante l’affollata conferenza stampa tenuta ieri mattina nella sede del comando provinciale della Guardia di Finanza. Quell’affermazione è solo un esempio di quanto inquietante sia il quadro finora emerso dalle indagini riguardanti l’Ilva. Il procuratore non ha fatto nomi ed ha preferito glissare sui nuovi scenari che stanno per aprirsi. E’ facile intuire, però, che l’inchiesta, già molto ampia e complessa, si allargherà riservando altri colpi di scena.

«Nell’elenco delle persone da indagare ci sono anche soggetti ancora da identificare – ha spiegato Sebastio – sono previste, quindi, ulteriori e approfondite indagini che potrebbero portare all’individuazione di altre ipotesi di reato». Sul possibile coinvolgimento di altri politici, oltre al già arrestato ex assessore provinciale all’Ambiente, Michele Conserva, il procuratore non si è sbilanciato. Massimo riserbo anche sulle motivazioni che hanno portato ad emettere un avviso di garanzia nei confronti del presidente dell’Ilva Bruno Ferrante.

«Il nostro obiettivo – ha aggiunto Sebastio – è quello di arrivare ad una conclusione definitiva delle indagini nei tempi tecnici più rapidi possibili». Su un punto, in particolare, ha voluto focalizzare l’attenzione il procuratore: «Questa non è un’indagine puramente tecnica, c’è qualcosa di più: alla base ci sono dei principi di civiltà che devono essere ribaditi una volta per tutte. Accogliendo in pieno la tesi sempre portata avanti da me e dal mio ufficio, il gip Todisco scrive: “la salute e la vita umana sono beni primari dell’individuo, la cui salvaguardia va assicurata in tutti i modi possibili. Non ci possono essere situazioni di inesigibilità tecnica ed economica quando è in gioco il diritto alla vita».

Chiaro il riferimento alla Carta costituzionale che definisce il diritto alla vita  come l’unico incomprimibile, “davanti al quale tutti gli altri diritti devono cedere il passo, compreso il diritto al lavoro, altrimenti si arriverebbe all’assurdo giuridico di operare delle comparazioni tra il numero dei decessi accettabili e il numero dei posti di lavoro assicurati”. Le indagini hanno fatto emergere alcuni particolari agghiaccianti. E’ stato proprio il procuratore Sebastio a svelare il contenuto di una intercettazione. Uno dei soggetti coinvolti avrebbe detto all’altro: “due casi di tumore in più all’anno? Una minchiata”. Una dichiarazione in aperto contrasto con la posizione assunta dalla Procura che considera “sacra anche la vita di una sola persona”. «Si stanno fronteggiando due principi diversi – ha aggiunto Sebastio – non sono norme penali, tecnicamente non ci dovrebbero interessare. Però noi siamo anche esseri umani. Facciamo parte di una società civile e democratica».

Un ulteriore capitolo è quello relativo al sequestro dei beni prodotti dallo stabilimento. Sebastio ha citato l’art. 321 del codice di procedura penale, norma “che prevede in una prima parte il sequestro preventivo per evitare che il reato venga portato a ulteriori conseguenze e in una seconda parte che si possa sottoporre a sequestro preventivo tutto ciò che può essere oggetto di confisca”. In base all’articolo 240 del codice penale “può essere oggetto di confisca – ha proseguito il procuratore – tutto ciò che costituisce prezzo, prodotto o profitto di un reato”. Il gip, quindi, “ha ritenuto che tutto ciò che viene prodotto da questo stabilimento, a seguito di un’attività produttiva che, allo stato, sembra essere penalmente illecita, costituisce prezzo, prodotto o profitto del reato”. Sebastio ha specificato che questo provvedimento riguarda anche i materiali che sono attualmente depositati. «E’ chiaro che se in seguito si continuerà a produrre altri beni – ha evidenziato – il fatto verrà segnalato per chiedere un ulteriore provvedimento di sequestro. I custodi continueranno ad essere gli stessi già in servizio».

Il procuratore ha sottolineato che le indagini riguardano reati di pericolo e non di danno. Una differenza non da poco. «Il reato di pericolo esiste – ha spiegato –  quando si riesce a dimostrare che una certa attività crea una situazione di concreto pericolo per l’incolumità di un numero indeterminato di persone. Questo reato sussisterebbe anche se non ci fosse alcuna persona che si è ammalata o è morta. L’indagine medico-legale ed epidemiologica non è stata disposta per identificare eventuali persone morte, ma per dimostrare che il pericolo è concreto e non puramente teorico o virtuale».

IL SINDACO E IL REFERENDUM SULL’ILVA – Ci sono dei passaggi nell’ordinanza che svelano il tipo di rapporto che si era instaurato tra i dirigenti Ilva e i rappresentanti istituzionali locali. A proposito dell’atteggiamento del primo cittadino di Taranto in merito al referendum sulla chiusura totale o parziale dell’Ilva, proposto dal comitato Taranto Futura, si legge: ”La seconda conversazione intercorsa il 29 luglio 2010 tra l’Archinà e il sindaco di Taranto Ezio Stefàno rivela (unitamente ad altre in cui si dirà nel prosieguo) come anche con il sindaco della città l’indagato intrattenesse utili rapporti confidenziali, al punto da spingersi a chiedere di fissare, per il referendum in questione (sulla chiusura parziale o totale dell’Ilva, ndr), una data “la più lontana possibile”, ricevendo in merito dallo Stefàno rassicurazioni immediate”.

I RAPPORTI CON STAMPA E TV – «Anche nel mese di ottobre 2010 – si legge nell’ordinanza – si registravano eventi di rilievo sul fronte dei rapporti tra Archinà e Assennato (direttore generale di Arpa Puglia, ndr) e su quello dei rapporti che Archinà intratteneva con la carta stampata e che gli consentivano di manipolare letteralmente la maggior parte dell’informazione locale che, con sistematicità, risultava accondiscendente, alle indicazioni e ai suggerimenti di Archinà”.

Nelle pagine del provvedimento emerge un rapporto privilegiato con i responsabili di due testate locali. Si citano sia il direttore di Taranto Sera, Michele Mascellaro, sia colui che all’epoca dei fatti era caposervizio per la redazione di Taranto del Nuovo Quotidiano di Puglia, Pierangelo Putzolu. Quest’ultimo giornale, in particolare, il 24 agosto del 2010, ha pubblicato, nella rubrica “Punto di Vista”, un articolo dal titolo “L’allarme berillio e i fondi pubblici per la bonifica”, a firma di un certo Angelo Battista, definito esperto ambientale, che secondo quanto scrive il gip non esisterebbe, ma sarebbe solo un’invenzione di Archinà.

L’articolo era teso a ridimensionare l’allarme berillio nel quartiere Tamburi. La analisi della caratterizzazione del suolo effettuate in alcune aree del quartiere, validate dal dipartimento tarantino di Arpa Puglia, avevano evidenziato una presenza di berillio superiore ai limiti tabellari di legge. Tale esito aveva spinto il sindaco Stefàno ad emettere un’apposita ordinanza con carattere d’urgenza che vietava alla cittadinanza, ed in particolare ai bambini, di frequentare le aree contaminate da berillio al fine di evitare rischi per la salute.

In un altro passaggio dell’ordinanza, inoltre, si cita un’annotazione della polizia giudiziaria che tira in ballo l’emittente televisiva “Studio 100”:  “Si ritiene che il contratto pubblicitario rappresenti solo un escamotage per mascherare la dazione di denaro da parte dell’Ilva al gruppo di Cardamone per ottenere una linea editoriale favorevole”.

Alessandra Congedo

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