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Riva, tra Brasile e Cassa Depositi

TARANTO – Mentre si prova a creare inutilmente confusione sulle perizie che hanno portato al sequestro degli impianti dell’area a caldo, il gruppo Riva continua a lavorare strategicamente nell’ombra per il futuro immediato e non. E noi, seppur con i nostri piccoli mezzi, continuiamo a seguire le poche tracce che l’azienda lascia nel suo cammino all’interno del mondo economico siderurgico e dell’alta finanza mondiale. Secondo quanto si apprende da alcune indiscrezioni infatti, il gruppo Riva si starebbe muovendo su due diverse direttrici per affrontare e provare ad uscire indenne dall’ingarbugliata matassa che si è creata negli ultimi mesi attorno al gruppo ed al più grande siderurgico d’Europa.

Dal punto di vista prettamente societario, si starebbe pensando ad un’apertura per far entrare nella compagine azionaria, con una quota di minoranza, il principale fornitore brasiliano di minerale ferroso al mondo. Si tratta della Vale S.A. (fino al 2007 denominata Companhia Vale do Rio Doce, in portoghese “Compagnia della valle del Rio Doce”, comunemente abbreviato in CVRD), il gruppo minerario brasiliano che opera nella produzione di minerale di ferro di cui è il maggior produttore ed il maggior esportatore al mondo. Costituita dal governo brasiliano per mantenere in mano pubblica il controllo delle risorse minerarie e per rifornire le aziende siderurgiche statali, negli ultimi anni è stata privatizzata e si è espansa in modo significativo anche all’estero.

Alle storiche miniere del Minas Gerais si sono aggiunte dagli anni ’70 quelle della provincia di Carajàs, nello stato del Parà, dove si trovano le più grandi riserve di ferro del mondo; la zona di Carajàs è collegata per ferrovia al terminal portuale di Ponta da Madeira, stato di Maranhao. Nell’impianto situato nel porto di Tubarão, la società trasforma il minerale in “pellets” utilizzabili dall’industria siderurgica, in parte in proprio ed in parte in joint-venture con imprese siderurgiche che usufruiscono delle forniture: in una di queste la CVRD è in società proprio con l’Ilva.

L’operazione economica, qualora andasse in porto, costituirebbe certamente un vantaggio strategico per entrambe le società: l’una si assicurerebbe le forniture di materia prima a prezzi di favore, l’altra canalizzerebbe una parte della propria produzione, che attualmente risulta in eccesso rispetto alla domanda a causa della frenata delle acciaierie brasiliane. Del resto il gruppo Riva, qualora dovesse perdere la produzione del siderurgico tarantino, possiede diversi stabilimenti sparsi per il mondo: Belgio, Canada, Francia, Germania, Grecia, Spagna e Tunisia. Non moriranno certamente di stenti, dunque.

Ma il gruppo si sta muovendo anche in Italia per provare ad evitare la fermata e lo spegnimento degli impianti dell’Ilva di Taranto. In via del tutto ipotetica infatti, la società sarebbe anche disposta a mettere sul piatto i 3,5 miliardi di euro necessari per i lavori di risanamento richiesti dall’AIA, ad un patto però: che siano spalmati su più esercizi. Una cifra del genere, comunque, non sarebbe disponibile nell’immediato, a meno che non si verifichi di corposo aiuto da parte della Cassa Depositi e Prestiti. La CDP S.p.A. è una società per azioni finanziaria italiana, partecipata per il 70% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e per il 30% da diverse fondazioni bancarie. È stata costituita nell’attuale forma giuridica di società per azioni il 12 dicembre 2003, in applicazione del D.L. 30 settembre 2003 N. 269. L’attività della società si articola in due distinti rami di azienda.

Il primo, denominato “gestione separata”, gestisce il finanziamento degli investimenti statali e di altri enti pubblici, quali regioni, altri enti locali e comunque strutture afferenti allo Stato, utilizzando quale fonte principale di provvista la raccolta del risparmio postale. Il secondo, denominato “gestione ordinaria”, si occupa del finanziamento di opere, di impianti, di reti e di dotazioni destinati alla fornitura di servizi pubblici e alle bonifiche. Per far fronte a questa attività la Cassa depositi e prestiti provvede attraverso l’assunzione di finanziamenti e l’emissione di titoli, in particolare obbligazioni.

Contrariamente al risparmio postale, questo tipo di raccolta di fondi non è garantito da parte dello Stato. L’attività della società è sottoposta al controllo di una apposita Commissione parlamentare di vigilanza. Anche in questo caso però, gli investimenti saranno subordinati al dissequestro delle aree a caldo. Punto sul quale la società pare avrebbe anche l’appoggio del governo cosa che non esclude se la situazione precipitasse, come diciamo sin dal primo momento, un intervento anche in sede legislativa: vedi ricorso alla Corte Costituzionale. Dunque, al di là dell’attività produttiva ancora in corso, per il gruppo Riva e il patron Emilio, è proprio il caso di dire eppur si muove. Ancora.

G. Leone  (TarantoOggi del 21 novembre 2012)

 

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