Ilva-sindacati, guerra “fredda”
TARANTO – Da ieri per 500 lavoratori dell’area a freddo dell’Ilva di Taranto, sono iniziate le ferie forzate. Il fermo dei lavoratori proseguirà nelle giornate di mercoledì e giovedì. Il reparto treno lamiere era già in fermata, da ieri si è aggiunto il reparto rivestimenti tubificio. A metà settimana dovrebbe fermarsi il tubificio 2. Le ferie forzate riguardano quasi 2000 operai (1940 per l’esattezza) per i quali lo scorso 6 novembre l’azienda ha annunciato l’avvio della procedura della cassa integrazione guadagni ordinaria. Nello specifico gli impianti coinvolti sono Tubificio Longitudinale (Tul 1 e 2), Rivestimenti (Riv), Treno Nastri 1 (Tna), Treno Lamiere (Tla), Officine centrali di manutenzione, Servizi ed una parte della Laminazione a freddo (Laf). La motivazione adottata dall’azienda è la crisi di mercato e la mancanza di ordinativi che perdura dall’inizio dell’anno.
Ma i sindacati metalmeccanici, sino ad ora, hanno mostrato l’intenzione di non firmare alcun accordo con l’azienda, perché sino ad ora la crisi di mercato era stata fronteggiata attraverso il ricorso alle ferie e la ricollocazione degli esuberi in altre aree dello stabilimento. La cassa per i 1940 lavoratori chiesta dall’Ilva, verrebbe però raggiunta soltanto se si fermassero tutti gli impianti a freddo, compresa la quota parte di manutenzione e servizi: il treno nastri 1, ad esempio, continuerà a lavorare fino alla fine dell’anno, ma nonostante ciò è indicato tra quelli che andranno in cassa. Stessa cosa per il LAF che dovrebbe continuare a lavorare senza interruzioni. Soltanto nel caso in cui dovessero mancare ulteriori ordini, si aggiungerebbero questi ultimi due reparti: ed a quel punto si toccherebbe la quota di 1940.
Quindi o l’Ilva ha già previsto che non arriveranno altri ordini (anche se lo stesso Ferrante nell’ultima riunione con i sindacati preannunciò la possibilità di due nuovi ordini per il tubificio), o la mossa della cassa integrazione altro non è che un messaggio poco elegante, l’ennesimo, nei confronti degli operai e della città. Qualunque sia la verità, l’accordo con i sindacati sulla cassa integrazione non c’è e difficilmente sarà trovato nell’incontro convocato per oggi, visto che la FIM Cisl ieri ha annunciato la sua assenza al tavolo. I sindacati metalmeccanici infatti, sostengono che il mercato non ha subito variazioni tali da richiedere il ricorso alla cassa. Inoltre, all’orizzonte c’è il problema dei lavoratori impiegati presso l’altoforno 1 e di quelli impiegati nelle cokerie collegate all’impianto.
Da fine novembre infatti, dovrebbero partire le operazioni di spegnimento dell’AFO 1 per l’eventuale risanamento dello stesso: ma a differenza di quanto avvenuto per gli operai dell’area a freddo, per i lavoratori dell’AFO 1 l’azienda non avrebbe previsto alcun ricorso alla cassa. In tutto parliamo di 953 unità che dovrebbero essere ricollocate all’interno dell’azienda, come previsto già nell’ordinanza di sequestro preventivo degli impianti dell’area a caldo del GIP Patrizia Todisco, confermata anche dal tribunale del Riesame e dai provvedimenti dei custodi giudiziari.
Gianmario Leone (TarantoOggi del 20-11-2013)